FIREFLY: A LATINA SI È ACCESA UN’IDEA (A LED)

Un sistema di illuminazione, una campagna di crowdfunding, un progetto per energia pulita, sicurezza in strada e sostegno sociale. Tutto questo è Firefly

di Simone Chiarella

Latina. Un designer e un fisico. Ciclisti. Due anni fa cominciano a sperimentare le potenzialità di sistemi di illuminazione senza batterie e realizzati per lo più partendo dal recupero di rottami da scantinato. Dopo aver sperimentato varie soluzioni (magneti ricavati da vecchi hard disk, pannelli solari autocostruiti, eccetera) arrivano ad un sistema che integra dinamo e led ad alta efficienza.
Lo scorso 11 gennaio è una data importante per Dario Polito e Stefano Campagnaro. È il giorno in cui prende il via la campagna di crowdfunding (il finanziamento di iniziative di utenti privati) sulla piattaforma virtuale italiana Eppela (www.eppela.com), in cui i due giovani pontini cercano di raccogliere fondi per realizzare Firefly, un innovativo sistema di illuminazione per le biciclette che coniuga la praticità della dinamo alla potenza del led. fireflyUn’idea economica, efficace e sostenibile. Le classiche dinamo e le vecchie lampadine ad incandescenza, infatti, non riescono a fornire un’adeguata illuminazione a nessuna tipologia di ciclista, mettendone in pericolo la sicurezza in strada: non sono ottimali né per chi vive la bicicletta come uno stile di vita, ma neanche per chi la utilizza per le serali passeggiate estive. D’altro canto, utilizzare una luce a batterie implica non solo un dispendio economico, ma anche un impatto ambientale non indifferente.
Da qui nasce Firefly, un dispositivo che unisce la funzionalità e la sicurezza garantita dell’illuminazione a led con il rispetto dei valori di eco sostenibilità. Le sue dimensioni lo rendono universalmente compatibile con qualsiasi modello di portalampada tradizionale. Si avvita come una semplice lampadina ed è pronto all’uso. Inoltre, la sua “discrezione”, lo mette al riparo da furti o danneggiamenti. Il tutto rende la bicicletta un mezzo di trasporto più sicuro in strada, in cui una corretta illuminazione può fare davvero la differenza, che si tratti del “ciclista” abituale o saltuario; ma soprattutto per chi non ha la possibilità di usare nessun altro mezzo per poter lavorare. A Latina e nei comuni ad essa confinanti è presente una numerosa comunità Sikh, che da anni lavora nelle campagne e si sposta esclusivamente in bicicletta prima dell’alba e dopo il tramonto, ore in cui la luce scarseggia, ore in cui in molti diventano “invisibili” perdendo anche la vita. Ogni anno si contano almeno 20 casi di Sikh travolti dagli automobilisti. Per questo Dario e Stefano hanno deciso di inserire una ricompensa per donare un’adeguata illuminazione alla comunità. Sostenendoli con un’apposita offerta, si farà in modo che un bracciante riceva il kit completo di illuminazione. Non si preoccuperanno solo di recapitare Firefly, ma anche di installarla e di recuperare, dove manca, la dinamo e tutto quello che serve per il suo funzionamento. Sostenendo questo progetto si ha la possibilità di donare Firefly ai membri della comunità Sikh di Latina, per dar loro una giusta e sicura visibilità. Tutto ciò è, oltre che utile, anche facile. Basta registrarsi sul sito, scegliere con quale somma finanziarlo e ottenere in cambio delle ricompense, per realizzare una piccola luce che potrà illuminare tante strade.

Abbiamo parlato del progetto con Dario Polito.

Su cosa si basa Firefly?
«Il nostro progetto si basa essenzialmente sul riutilizzo delle vecchie biciclette. Di sistemi a led e dinamo ne esistono tanti. Sono, però, assai costosi. Questo sistema, un oggetto piccolissimo che utilizza una tecnologia plug and play, sarebbe in grado di trasformare la vecchia bici in una bici con un impianto al led. Il led rappresenta una svolta, poiché ha una altissima efficienza luminosa. Con meno fatica, quindi, si fa più luce e si possono raggiungere fino a 20mila ore di autonomia, in condizioni ottimali. Il led, inoltre, garantisce una luce costante, indipendentemente dal fatto che si pedali di più. E non c’è bisogno di batterie».

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Per sostenere il progetto www.eppela.com

Come è nata l’idea di Firefly?
«All’inizio, io e Stefano abbiamo costruito questa lampadina per noi. Usciamo spesso la sera in bici e Latina è abbastanza pericolosa, soprattutto nelle strade provinciali. Ci serviva, quindi, una luce potente. Ce la siamo costruita. Sono spuntati, poi, i fab lab, in cui la Regione mette a disposizione gratuitamente dei laboratori con il banco di elettronica, la stampante 3D e la fresa. In questi fab lab abbiamo cominciato a sviluppare un prototipo e, parlandone con amici e conoscenti, ci siamo fatti coraggio e abbiamo creduto che si trattasse di una buona idea. Inoltre, conoscendo i problemi della nostra zona, quanto a ciclabilità, abbiamo provato a portare avanti un progetto che avesse sia un fascino di design che di utilità, in grado di dare un valore aggiunto al territorio».

A che punto siete?
«In questo momento, ci stiamo dando da fare per dare visibilità al progetto. Puntiamo, quindi, ad avere risonanza sui mass media per vedere se si crea una massa critica intorno a questa idea. Cerchiamo, naturalmente, dei donatori che possano permetterci i raggiungere il budget (4mila euro) per mandare in produzione il progetto e per donare una parte della produzione alla comunità Sikh di Sabaudia, Latina e San Felice Circeo. Prima della chiusura della campagna sulla piattaforma virtuale, faremo degli incontri con la comunità Sikh per illustrare il progetto e per ascoltare le loro impressioni e, al termine della campagna, con il prodotto alla mano, installeremo fisicamente Firefly sulle loro bici, ovviamente a titolo gratuito».

E i soldi per fare tutto ciò?
«C’è una ricompensa speciale, che ammonta a 20 euro. Si tratta di un budget separato, che verrà destinato alla comunità Sikh. Una parte di questo budget sarà utilizzato per acquistare il prodotto e con il rimanente compreremo le dinamo ed altri materiali anche per rimettere un po’ a posto le loro bici. Quindi, chiediamo di donare fondamentalmente per la comunità Sikh».

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Ogni anno, nella zona di Latina, almeno 20 Sikh vengono travolti dagli automobilisti

Perché si dovrebbe credere nella vostra iniziativa?
«Si dovrebbe donare prima di tutto se si pensa che sia un progetto valido e poi se si è interessati all’oggetto. Nel crowdfunding c’è una sorta di prevendita poiché, non sapendo se questo prodotto andrà mai sul mercato, facendo una donazione si potrà avere il proprio Firefly da mettere sulla bici. Altra importante motivazione è quella sociale: permettere di illuminare le bici della comunità Sikh. Vorrei ricordare che parliamo di cifre irrisorie, che vanno dai 5 ai 20 euro. Ci sarebbero ricompense più alte se ci fosse un altro soggetto intenzionato ad interloquire con noi, come un’azienda o un’associazione. Dobbiamo ancora capire se il progetto sarà solo un’occasione per poter supportare altre comunità, che hanno gli stessi svantaggi della comunità Sikh di Latina. In altri Paesi in via di sviluppo un sistema del genere potrebbe essere molto utile. In Africa, ad esempio, la bicicletta è molto usata e lì ci sono problemi di ciclabilità molto più grossi di quelli che si hanno a Latina. Una parte del budget servirà, inoltre, per lanciare altri progetti. Quando abbiamo cominciato a progettare Firefly eravamo due disoccupati, non avevamo un grande budget a disposizione e abbiamo creato questo oggetto piccolissimo. Ci piacerebbe poter dare un esito concreto anche a tante altre idee e progetti che hanno a che fare con la bicicletta, in termini di energia pulita ed impatto sociale sul territorio”.

Cosa vi augurate?
«Ci auguriamo che la campagna vada bene e di riuscire ad andare avanti con questo progetto e a fare in modo che ne possa usufruire il maggior numero possibile di persone. Ci auguriamo che questo costituisca un punto di partenza per tante altre buone idee in grado di far riflettere. A volte un oggetto ha anche la capacità di portare le persone a delle conclusioni importanti. Ad esempio, alla consapevolezza che, solo pedalando, si possa produrre energia. Oppure che, comprando un prodotto, si possa dare un piccolo aiuto ai più svantaggiati. Si tratta di un modello economico e di sviluppo alternativo».

Avete incontrato qualche ostacolo?
“Un po’ di superficialità. Partire dalla lettura di un progetto valido fino ad arrivare alla elargizione di un contributo richiede molta strada. C’è molto menefreghismo. Però, stiamo anche incontrando molte persone che ci aiutano e che si sono appassionate al progetto”.

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