LEGGE DI STABILITÀ: IL 2 PER MILLE ALLE ASSOCIAZIONI CULTURALI
Una buona notizia, ma c'è un problema: quali associazioni potranno entrare nell'elenco che dovrà essere costituito?
10 Febbraio 2016
Il 2 per mille per le associazioni culturali è una delle novità nella legge di stabilità del 2016 (una presentazione sintetica si trova qui), che potrebbe essere di interesse per le associazioni iscritte al registro regionale delle organizzazioni di volontariato.
L’art. 1 comma 985 dispone la costituzione di un apposito elenco, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri al fine di destinare il 2 per mille della imposta sul reddito delle persone fisiche a favore di un’associazione culturale. Si tratta di una disposizione che concentra l’attenzione dei contribuenti sul sostegno alle attività delle associazioni culturali. Il testo della legge finanziaria è sintetico e rimanda ad un successivo decreto in cui verranno stabiliti, entro 30 giorni, i «requisiti e i criteri per l’iscrizione delle associazioni nell’elenco nonché le cause e le modalità di revoca o di decadenza».
Come è noto in Italia non esistono elenchi o registri di associazioni culturali. La nostra legislazione prevede solo i registri regionali per le organizzazioni di volontariato ed i registri regionali e nazionale per le associazioni di promozione sociale.
Chi entrerà nell’elenco del 2 per mille?
La costituzione di un nuovo “apposito elenco nazionale” apre una prospettiva e pone dei quesiti da risolvere anche alla luce del fatto che la legislazione italiana ha già sperimentato un meccanismo simile previsto dall’art. 23, co. 46, del D.L. 98/2011 (L. 111/2011).
Il precedente potrebbe essere utilizzato incautamente dal Governo come traccia per definire i requisiti e i criteri per l’iscrizione delle associazioni nell’elenco delle associazioni come previsto dalla legge di stabilità 2016. La precedente norma del 2012 consente ai cittadini di destinare una quota pari al 5 per mille dell’IRPEF. Il Decreto attuativo ha definito le modalità per individuare i soggetti ammessi al riparto, che in sintesi hanno dettato criteri di accesso molto selettivi.
Questi criteri prevedono attività di valore complessivamente almeno pari a € 150.000,00 nei cinque anni precedenti svolgendo attività di tutela, di promozione o di valorizzazione di beni culturali o paesaggistici appartenenti a soggetti pubblici, ovvero aperti alla pubblica fruizione. Il risultato di questi criteri è una piccola lista di enti inseriti, che per il 2012 è stata di 13 organizzazioni, per il 2013 di 17, per il 2014 di 16 e per il 2015 di 19. Allo stato attuale l’effettiva erogazione di fondi risente di forti ritardi.
I fondi stanziati per quell’intervento erano di circa 2 milioni di euro all’anno, mentre l’attuale provvedimento parla di 100 milioni per il solo 2016. Il rischio è che si utilizzino i criteri già definiti per il 5 per 1000, concepito per le attività di tutela dei beni culturali, per affrontare la nuova misura destinata, invece, alle associazioni culturali.
Non si tratta più solo di sostenere attività di tutela, di promozione o di valorizzazione di beni culturali o paesaggistici realizzati da grandi organismi, ma di sostenere tutte le attività realizzate da associazioni culturali che andrebbero individuate, semmai, secondo le indicazioni dell’insieme delle convenzioni Unesco, con una particolare attenzione alla Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale ed alla Convenzione UNESCO per la protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali.
Valorizzare la natura non economica delle attività
Un criterio molto definito e chiaro è, ad esempio, l’iscrizione ai registri regionali e questo includerebbe sia le associazioni di volontariato che le associazioni di promozione sociale. Resterebbe da definire, solo se si volesse incautamente allargare la platea e differenziarla rispetto ai requisiti del 5 per mille, quali requisiti debbano avere le organizzazioni, che non sono iscritte a questi registri, ma che sono a tutti gli effetti associazioni culturali. Questa opzione aprirebbe a grandi difficoltà e discrezionalità con il rischio di escludere organismi di piccole e medie dimensioni e/o potrebbe includere organizzazioni che non sono affatto associazioni.
In pratica se il 2 per mille deve diventare un vero volano per il sostegno alle attività delle associazioni culturali dovrebbe basarsi sulla natura non economica delle attività delle organizzazioni e somigliare il più possibile al 5 per mille, permettendo ai contribuenti di individuare la singola associazione, sulla quale ricade la propria scelta, attraverso il codice fiscale.