ROMA. PSICOANALISI E SOCIETÀ: TRENT’ANNI DI LABORATORI TERAPEUTICI POPOLARI

I Laboratori Psicoanalitici, riuniti nell'Associazione Laboratori Psicoanalisi e Società, nascono nel 1990. Oggi offrono supporto terapeutico a costi accessibili in sei zone della Capitale

di Lucia Aversano

Sono trascorsi trentuno anni dall’apertura del primo Laboratorio di psicoanalisi, uno spazio di cura con costi accessibili ai pazienti di tutte le fasce sociali. L’idea di una comunità terapeutica popolare, aperta a una platea che non fosse solo quella delle élite benestanti, fu di Paolo Perrotti, psicanalista, che nel 1991 decise di creare uno spazio, a san Lorenzo, che permettesse l’accesso alle cure psicoanalitiche anche ai ceti meno abbienti.
Lo scorso 9 aprile l’Alpes, associazione Laboratori psicoanalitici e società, istituita a seguito della nascita dei successivi spazi psicoanalitici, ha celebrato i suoi 30 anni – festeggiati in ritardo di un anno per via della pandemia – con un convegno dal titolo Laboratori psicoanalitici: 30 anni di un’idea.

laboratori psicoanalitici
Sono 65 gli analisti che operano nei laboratori a San Lorenzo, Prati, Piramide, San Giovanni, Tiburtino e Centocelle. Da Alpes

Il laboratorio come luogo di cura e di studio

La storia dei laboratori psicoanalitici, che oggi a Roma contano un totale di ben sei laboratori, sparsi per tutta la città, inizia però molto prima del ‘91.  Era, infatti, il 1972, in pieno periodo di contestazione giovanile e fermento politico, quando Paolo Perrotti, insieme a Cesare Musatti e Adriano Ossicini, dà vita allo Spazio Psicoanalitico, un’associazione frequentata anche da artisti e filosofi, per rispondere alle critiche che indicavano la psicoanalisi come una pratica per ceti alti, e distante dai problemi sociali e politici.  «Per Perrotti», ha raccontato durante il convegno Mauro Carta, presidente del laboratorio di San Lorenzo, «il valore delle cose non necessariamente era dato dal loro costo, e questo valeva anche per un trattamento di psicoterapia; e sentiva fortemente quanto la psicoanalisi scontasse il pregiudizio, a volte anche confermato dai fatti, che fosse una terapia per benestanti e borghesi.» Lo spazio nasce, anche, per rispondere a chi, soprattutto negli anni ‘70, vedeva la psicoanalisi come una disciplina incentrata sull’individuo, poco attenta ai problemi della società.  «Perrotti ci ripeteva sempre che lo psicoanalista si deve impegnare nel sociale, non solo per la sua buona salute psichica, ma per meglio comprendere il paziente». Perché la malattia mentale è intrinsecamente sociale e la cura dell’individuo è direttamente collegata alla società. La scelta di chiamare lo spazio “laboratorio” è dovuta alla sua caratteristica legata al lavoro, alla ricerca  clinica e alla diffusione del pensiero psicoanalitico volto a creare un rapporto più stretto tra psicoanalisi e realtà sociale urbana.

Società e malattia mentale

Il primo laboratorio nasce a San Lorenzo, e la scelta del luogo è tutt’altro che causale. San Lorenzo è infatti un quartiere storico, popolare, dove ha sede il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Roma Sapienza. Il posto giusto dove far nascere un centro che proponeva terapie a costi accessibili e intercettare studenti, e neolaureati, di psicologia, tant’è che lo Spazio è anche scuola di formazione per analisti e specializzandi. «Lo spazio ha rappresentato la possibilità e la libertà di portare la psicoanalisi fuori dai contesti istituzionali e dalle sue rigidità. Per noi era, ed è tutt’oggi», ha continuato Mauro Carta, «importante favorire lo scambio tra il bisogno sociale di comprendere il mondo, e al contempo contenere quel disagio psichico che poi viviamo tutti costantemente. Se pensiamo ai due anni di pandemia che abbiamo trascorso, e ai fantasmi di guerra che si stanno agitando proprio ora che sembrava potessimo tornare a rivivere, ecco, ho sempre sentito che la psicoanalisi potesse essere un valido aiuto non solo per la clinica ma in generale per poter pensare a tutti questi fenomeni senza esserne soverchiati». 

L’identikit dei pazienti

 Durante il convegno sono stati presentati anche i dati relativi all’attività dei laboratori negli anni 2015-2021. «La psicoanalisi non poggia sui numeri»,  ha esordito Rosaria Lodovichi del Laboratorio di San Lorenzo,  «ma abbiamo pensato comunque di indagare, perché dati e numeri ci introducono verso nuove conoscenze e ci portano a nuove riflessioni». Durante gli anni di riferimento hanno transitato, in totale, 129 terapeuti. Al momento sono 65 gli analisti che operano all’interno dei 6 laboratori situati, oltre che a San Lorenzo, anche nei quartieri Prati, Piramide, San Giovanni, Tiburtino e Centocelle. Le richieste di primi colloqui sono state in tutto 956, e di queste 740 sono state convertite in un percorso terapeutico: «la percentuale delle terapie avviate», ha sottolineato la dottoressa Lodovichi, «è passata dal 50% nel 2015, al 78% nel 2021, un aumento dovuto probabilmente a una più ampia informazione, anche mediatica, delle persone che si avvicinano ai laboratori e a una maggiore capacità dei laboratori stessi di rispondere in maniera più adeguata alle richieste che pervengono». Altro dato rilevato dalla ricerca è quello che riguarda l’identikit di chi richiede un percorso terapeutico: l’utenza femminile rappresenta il 62% delle richieste totali, ma è stata evidenziata un’inversione di tendenza dopo i 42 anni per l’utenza maschile che, tra i 54 e i 57, supera le richieste femminili. La fascia d’età prevalente è quella dei 23-38 per le donne e 25-42 per gli uomini, ma negli ultimi anni si registra un aumento di richieste da parte dei giovani dai 20 ai 30 anni. Per quanto concerne la situazione occupazionale dell’utenza, la maggior parte è composta da studenti e lavoratori dipendenti o liberi professionisti e tra questi: il 44% ha un’attività lavorativa stabile, il 14% è precaria, il 9% è disoccupata. Al momento della richiesta il 70% è in possesso di laurea o diploma di scuola media superiore, e al 25 ottobre 2021, erano in corso 362 analisi. Infine, dai dati è emerso che il passaparola rappresenta il mezzo principale che porta il paziente a rivolgersi ai laboratori.

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