AFFIDAMENTO FAMILIARE. 40 ANNI DALLA LEGGE 184: A CHE PUNTO SIAMO?
L'affidamento familiare non è ancora pratica consolidata, penalizzato da una certa diffidenza culturale e scarso impegno di risorse. Il Tavolo nazionale Affido verso la Giornata nazionale dell’Affidamento familiare
09 Maggio 2023
Sono passati 40 anni dall’approvazione della legge 184 sull’affidamento familiare, avvenuta il 4 maggio 1983. Un anniversario tondo che il Tavolo nazionale affido, formato da 19 associazioni e reti, ha celebrato con un convegno il 4 maggio a Roma presso la Camera dei Deputati – 40 anni dalla legge 184. Verso la giornata nazionale dell’affidamento familiare – occasione per fare il punto su quanto si possa ancora migliorare e potenziare uno strumento prezioso per la tutela dei minori in difficoltà. Stando agli ultimi dati disponibili, che risalgono alla fine del 2019, i minori fuori famiglia non arrivano a quota 28 mila: 14.053 in comunità e 13.555 in affidamento familiare a singoli, famiglie e parenti (il 43%), pari all’1,4 per mille della popolazione minorile residente nel nostro Paese. Uno su 5 è di origine straniera, alcuni hanno disabilità gravi o gravissime, altri hanno malattie o problemi sanitari. Netta la prevalenza di ragazzi dai 15 ai 17 anni.
«Ormai molti dei bambini che accogliamo presentano problemi importanti derivanti da trascuratezza, da cure affettive ed educative inadeguate, da deprivazioni importanti; bambini con disabilità grave e gravissime che accogliamo direttamente dagli ospedali dove sono lasciati, ragazzi stranieri non accompagnati», ha annunciato Valter Martini, segretario del Tavolo nazionale affido, padre affidatario e membro della Comunità Papa Giovanni XXIII. Spiegando che il Tavolo è formato da «famiglie che si sono messe insieme per sostenersi, ma anche per diventare soggetti che collaborano con l’Ente pubblico per la promozione e la realizzazione dei progetti di affido, grazie anche alla presenza di operatori all’interno delle associazioni, preparati professionalmente».
Affidamento familiare: dopo 40 anni non è ancora pratica consolidata
«Abbiamo festeggiato il 40esimo compleanno della Legge 184/83 senza però avere il numero esatto degli invitati. Ebbene sì, mancavano proprio loro, i nostri bimbi, grandi e piccini, perché i dati dei ragazzi fuori famiglia sono rimasti aggiornati al 2019», ha commentato Karin Falconi, consulente genitoriale e responsabile del progetto AFFIDIamoci a sostegno della omo e monogenitorialità affidataria, oltre che vicepresidente dell’associazione M’aMa – Dalla parte dei Bambini per la tutela dei diritti dei minori (soprattutto con bisogni speciali) attraverso l’affido e l’adozione. «Dopo 40 anni l’affidamento familiare dovrebbe essere una pratica matura, stabile, consolidata, diffusa omogeneamente sull’intero territorio nazionale, ma così non è: ha attraversato (e risentito di) tutte le fasi di evoluzione e di involuzione del sistema di welfare del nostro Paese; essendo però spesso marginale rispetto alle agende politiche e alle priorità di molti operatori, è stato oltremodo penalizzato», ha osservato il sociologo Stefano Ricci, padre affidatario, esperto di politiche e servizi per l’infanzia e l’adolescenza. «Il rapporto sbilanciato tra gli affidi consensuali e gli affidi giudiziari (da 1 a 3 a 1 a 4) è, tra gli altri, il segno di una diffidenza culturale per l’accoglienza familiare da parte di tanti attori pubblici, uno scarso impegno, anche in termini di risorse (almeno finora) per il sostegno alle famiglie di origine e, quindi, per evitare l’allontanamento dei minorenni», ha sottolineato. «Anche dai pochi e freddi numeri, emergono alcune indicazioni sulle ragioni dello scarso “decollo” dell’affidamento familiare nel nostro Paese. Infatti dove amministratori, operatori, magistrati e volontari hanno creduto nell’affidamento familiare e hanno investito e lavorato per la realizzazione di questo intervento, i risultati ci sono stati».
L’affidamento familiare non è l’unica possibilità
Tuttavia, ha chiarito ancora Ricci, «l’affidamento familiare non è l’unica risposta possibile alla necessità di allontanare temporaneamente un minore dalla famiglia; a bisogni diversi deve corrispondere un ventaglio di risposte adeguate e appropriate: affidamenti, accoglienza residenziale. È un’opportunità di riunificazione familiare: ogni bambino può riconciliarsi con la propria storia. E presuppone un vero e profondo coinvolgimento affettivo: non si può certo sostenere che gli affidatari devono mantenere un “distacco emotivo” nei confronti del bambino affidato. Bisogna imparare a coesistere con i genitori d’origine nella realtà del bambino, a valorizzare le loro possibilità: chi può dire che a un bambino può far male essere aiutato da più persone? Fa male invece se fra chi lo ama esistono competizioni e rivalità; se, di fatto, si mette il bambino di fronte a una scelta (come capita purtroppo anche per diversi figli di coppie separate)».
«Abbiamo un desiderio: che il 4 maggio di ogni anno diventi la Giornata nazionale dell’affido familiare. Una giornata che riconosca e mostri le esperienze di accoglienza realizzate da migliaia di famiglie sparse in tutta Italia che con impegno, passione, fatica e affetto accolgono per un periodo più o meno lungo nelle loro case i bambini e i ragazzi. Esperienze positive che sono realizzate grazie e insieme ad amministratori regionali, comunali, operatori dei servizi socio-sanitari, magistrati, curatori speciali, che credono in questo istituto giuridico. Crediamo che sia necessario che in ogni Regione e anche in realtà più piccole si costituiscano Tavoli di lavoro permanenti tra Ente pubblico e privato. E lo diciamo per esperienza concreta», ha auspicato il segretario del Tavolo nazionale affido.