AFFIDO FAMILIARE, OCCORRE RIPORTARLO AL CENTRO DELLE POLITICHE
A 40 anni dalla legge sull'affido il sostegno alle famiglie resta disomogeneo e l’investimento delle istituzioni discontinuo e lacunoso. Tra le proposte del Coordinamento Care una banca dati nazionale e il prolungamento dell’affido amministrativo
13 Dicembre 2023
L’affido familiare è un importante dispositivo di tutela e protezione per bambini e ragazzi che vivono momenti, anche lunghi, di crisi delle proprie famiglie d’origine. A 40 anni dalla legge n. 184/83, in Italia esistono molte realtà associative che a livello territoriale informano, orientano e accompagnano le famiglie affidatarie. Ma il sostegno alle famiglie è disomogeneo e l’investimento sull’affido da parte delle istituzioni discontinuo e lacunoso. Come garantire il buon esito dei progetti di affido? Il convegno Parliamo di affido. Le risorse delle famiglie, i bisogni di bambin@ e ragazz@, che si è tenuto a Roma nei giorni scorsi, è stato l’occasione, all’interno del progetto Inviolabili, selezionato dall’impresa Sociale Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, di parlare di affido con istituzioni, associazioni e famiglie affidatarie.
Funari: «L’affido è una risorsa su cui la politica deve interrogarsi di più»
«La legge n. 184/83, alla luce dei suoi 40 anni, in alcuni aspetti, dovrebbe essere aggiornata», ha detto Barbara Funari, Assessora alle Politiche sociali e alla Salute di Roma Capitale. «L’affido è un aspetto fondamentale per aiutare a crescere e la crescita è un tema su cui, nella nostra città, noi come adulti dovremmo interrogarci quotidianamente e, come istituzioni, dovremmo fare di più. Siamo un Paese di vecchi, i giovani sono pochi: credo che abbiamo tutte le forze e la responsabilità di aiutarli a crescere. Questo riguarda i servizi sociali, la rete legata alle case famiglie che accolgono, vediamo crescere i numeri delle richieste e sentiamo l’esigenza di lavorare di più insieme per promuovere l’affido, per parlare con le famiglie, per valorizzare la storia di tante famiglie che hanno aiutato a crescere molti ragazzi», ha continuato Funari. «A Roma, e in tutti i territori, l’affido è una risorsa su cui anche la politica deve interrogarsi di più, deve avere più consapevolezza di quanto possa essere decisivo per il futuro di tante giovani generazioni e di tante associazioni che, anche nella mia città, vivono forse in troppa solitudine questi temi, abbiamo delle esperienze di eccellenza su cui vogliamo e dobbiamo investire. Abbiamo riaperto i corsi per l’affido a Roma, abbiamo rimesso in piedi un tavolo, vogliamo lavorare con i municipi per una promozione territoriale. Vorremmo far capire di più alle famiglie affidatarie che svolgono un ruolo sociale importante nella società. L’affidamento familiare va accompagnato, dobbiamo stare accanto alle famiglie con competenza, è dal giorno dopo l’affido che si inizia a mettersi accanto, ad una famiglia in più che aggiunge e non toglie».
Il progetto Inviolabili coinvolge 400 tra bambini e ragazzi
«Quest’iniziativa nazionale del progetto Inviolabili, alla fine di un percorso importante, fa una riflessione che serve a tutti noi sull’affido familiare, sulle diverse forme di presa in carico dei genitori e dei bimbi in età precoce, tra 0 e 6 anni. La partecipazione del partenariato al bando “Ricucire i sogni” ha portato a un ventaglio di esperienze molto significative, centrato su quattro aree del Paese: Bologna, Bari, Napoli e Roma», ha affermato Marco Rossi-Doria, presidente Impresa Sociale Con i bambini. “Ricucire i sogni” è il quinto bando promosso da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, un’iniziativa a favore di bambini e adolescenti vittime di maltrattamento volta alla loro protezione e cura, alla prevenzione e al contrasto di ogni forma di violenza verso i minori di 18 anni. «È un lavoro importante, a cui guardiamo con grande attenzione. Con i bambini non dà solo soldi, ma cerca di trovare le ragioni e i modelli da portare al decisore pubblico per quanto riguarda le criticità che riguardano la povertà educativa minorile», ha continuato Rossi-Doria. «Il progetto Inviolabili è un cantiere importante, sono coinvolti 400 tra bambini e ragazzi, con decine di famiglie affidatarie accompagnate, con modelli di formazione e modelli di rilevamento dei segnali di violenza che servono per formare genitori e operatori in campo. Inoltre, sono stati attivati laboratori sia per il sostegno alla genitorialità sia per il potenziamento delle abilità e delle competenze precocemente costruite da bambini molto piccoli, per tutto ciò che riguarda il linguaggio e il movimento. L’Italia deve diventare, anche per chi è più colpito da questa fragilità così diffusa, più capace che in passato ad affrontare il campo dell’affido a 360 gradi con la prevenzione, con la cura e con la semplice promozione delle capacità di espressione dei bambini che si ripercuotono nel successo scolastico, nell’equilibrio ritrovato, nel benessere generale». Inviolabili è un progetto nato per prevenire le spirali di violenza che compromettono l’infanzia di tanti bambini, creando le condizioni per una vita adulta fortemente segnata dal trauma. Un obiettivo che richiede un’azione simultanea su due livelli: l’ascolto attento dei bambini, rafforzando una comunità di adulti in grado di comprendere i segnali di maltrattamento, e poi l’affiancamento dei i genitori affinché siano in grado di prendersi cura del proprio figlio, rispettandone il benessere psico-fisico. Questa scelta di campo nasce dall’esperienza dei tre partner promotori del progetto (Pianoterra, Mama Happy e Antropos) ai quali si sono uniti altri 13 enti, pubblici e privati, con i quali è stato possibile un confronto tecnico e metodologico sul tema.
Ricostruire fiducia attorno all’affido
«Il Coordinamento Care è composto da 40 realtà sparse in tutta Italia, associazioni di famiglie che fanno affido e che sono adottive. L’obiettivo del Coordinamento è l’advocacy, raccogliamo i bisogni delle famiglie e li portiamo nelle sedi istituzionali», ha affermato Monya Ferritti, presidente del Coordinamento Care. «C’è tanto bisogno di rimettere l’affido familiare al centro del dibattito pubblico, al centro delle politiche e dei confronti. Con questo incontro vogliamo ripristinare una parola chiave nell’affido: la fiducia intorno a quest’istituto che è fondamentale, fatto di bambini e di famiglie tanto diverse che non si incontrerebbero altrimenti», ha continuato Ferritti. «L’affido è un’esperienza di solidarietà, ma anche di giustizia civile perché restituisce ai bambini il diritto di avere un’infanzia, di crescere e di essere bentrattati. L’affido fa crescere non solo i bambini, ma tutti nella famiglia perché insegna a resistere, ad accogliere, a lasciar andare, ad avvicinarsi agli altri che non conosciamo, a separarsi, a stare nell’incertezza. Siamo sempre in difficoltà, soprattutto noi adulti, a stare nell’incertezza e nell’impotenza, l’affido ti dà questa consapevolezza, ma richiede impegno e ha bisogno di una rete forte. Siamo convinti che bisogna mettere al centro il discorso associativo ma anche politico. Le parole chiave riguardo all’affido che mi sento di dire oggi», ha concluso Ferritti, «sono solidarietà, impegno, legami, fiducia».
Qualificare l’affido familiare
Enrica Pavesi, referente Affido Coordinamento CARE, ha illustrato il documento Qualificare l’affido familiare, rivolto alle famiglie affidatarie, alle associazioni familiari, alle istituzioni. «Qualsiasi famiglia ha risorse che bisogna aiutare a tirar fuori, per un contesto di vita che metta al centro la cura dei legami e delle relazioni. La centralità, la qualità e la cura delle relazioni che un affido offre vengono prima di ogni risultato, da questa cura delle relazioni otteniamo veramente dei risultati», ha proseguito Pavesi. «Nel documento abbiamo cercato di dare le parole chiave di un documento di affido. Come partecipazione, intesa come collaborazione e ascolto di tutti i protagonisti del progetto di affido. O trasparenza, come ricerca di strumenti e parole più adatte per dire la verità ai bambini e ai ragazzi. Appropriatezza, per cui l’intervento è appropriato se è pensato per ogni specifica situazione. Bisogna, da questo punto di vista, ripristinare la fiducia tra famiglie, associazioni, operatori e Tribunali dei minori. Meno l’affido sarà considerato l’ultima spiaggia, maggiore sarà la possibilità di attuare interventi più leggeri, con famiglie più disponibili perché meno compromesse, e maggiori saranno la possibilità di rientro del minore in famiglia e di serenità di rapporti qualora il rientro non fosse possibile. Tra le proposte presenti nel documento, la banca dati degli affidi, che non esiste né a livello territoriale né nazionale, e il prolungamento dell’affido amministrativo fino a 26 anni».
I tempi dell’affido in Italia
«Gli affidamenti dei minori nella prima infanzia (0-3) hanno più probabilità di reinserimento riuscito in famiglia», ha spiegato Paola Ricchiardi, Università degli Studi di Torino «Le accoglienze tardive sono spesso associate a maggiori problemi dei minori, ad interventi più lunghi e spesso a un mancato rientro. Se i bambini arrivano nelle famiglie affidatarie prima dei 10 anni hanno più probabilità di avere una riuscita scolastica e una capacità di integrazione scolastica. Abbiamo condotto una ricerca su 323 famiglie affidatarie in Italia. È emerso che, non solo se il minore arriva prima all’affidamento familiare sono minori le difficoltà che presenta in ingresso, ma anche la famiglia di origine ha meno problemi se l’affido arriva prima». Gli interventi in Italia sono tempestivi? In media, si procede a un affido familiare dopo 7 anni, l’inserimento in struttura avviene in media dopo 9,7 anni. «La maggior parte degli affidi riguardano non bambini ma ragazzi. La tempestività degli interventi è anche fortemente legata alla stabilità dell’accoglienza nel caso in cui il minore non possa rientrare nella sua famiglia di origine. Quando si procede in emergenza, vuol dire spesso non poter calibrare bene il progetto di affido per trovare urgentemente una collocazione. In Italia sappiamo, in un anno, quanti bambini sono entrati in affido, quanti sono usciti e dove sono andati, ma non abbiamo i dati sul percorso di ognuno di loro, che sarebbero importanti», ha continuato Ricchiardi. «Sappiamo che in media gli affidi durano più di quattro anni, che il 50% dei bambini in affido arriva ad una famiglia dalla sua famiglia, il 26% da una struttura, il 20% dalle collocazioni che avrebbero dovuto essere stabili (parenti, famiglia affidataria). Su questo 20% bisogna lavorare molto, per evitare i cosiddetti “bambini resi”. Alcune interruzioni anticipate dell’affido sono dovute al fatto che non ci sono stati, forse, adeguati sostegno e formazione».