AGROMAFIE: QUASI CINQUE MILIARDI SFRUTTANDO I LAVORATORI
Il quarto Rapporto Agromafie e Caporalato fa luce sul business del lavoro irregolare in agricoltura. Lazio quinta regione per arresti e denunce
14 Luglio 2018
«Dalla produzione alla trasformazione fino alla commercializzazione: l’intera filiera del lavoro agricolo è coinvolta nel business del lavoro irregolare e del caporalato», dice Ivana Galli, segretaria generale Flai Cgil nazionale. Nel quarto Rapporto Agromafie e caporalato – Osservatorio Placido Rizzotto Flai Cgil, si analizzano i numeri, la composizione e la condizione dei lavoratori migranti nell’agricoltura italiana.
I MILIARDI. «La piaga del caporalato è un danno per l’intera collettività, con un giro d’affari di 4,8 miliardi di euro, un danno di 1,8 miliardi per lo Stato per evasione contributiva. È necessario rafforzare gli strumenti di prevenzione», spiega Roberto Iovino, dell’Osservatorio Placido Rizzotto, Flai Cgil nazionale. L’economia non osservata si stima in 208 miliardi di euro; il lavoro irregolare vale 77 miliardi, il 37,3% e incide per il 15,5% sul valore aggiunto del settore agricolo.
«Dall’agricoltura si deve ripartire in termini di sviluppo e occupazione. Un settore così importante, in cui lavorano 1 milione 100mila persone, non possiamo permetterci di lasciarla nelle mani del caporalato e dello sfruttamento», continua Galli. «Siamo partiti nel 2012 e, lavorando sul primo Rapporto su Agromafie e capolarato, che presentiamo ogni due anni, abbiamo voluto mappare cosa succedeva nelle campagne. Abbiamo impiegato molto tempo per far capire che il lavoro agroalimentare fa business sfruttando il lavoro».
Molto è cambiato negli ultimi vent’anni. «Prima il settore in cui si faceva business era l’edilizia, man mano i fenomeni criminosi di sfruttamento si sono spostati nel settore dell’agroalimentare, che è diventato competitivo, perché i prodotti italiani si esportano in tutto il mondo. La grande distribuzione ha fatto ingresso nell’agroalimentare. Il nostro Rapporto non è solo una denuncia ma una proposta: vogliamo che ci sia legalità. Chi lavora deve essere pagato secondo il contratto e deve essere tutelato dalla legge 199». Si tratta della legge varata nel 2016 contro lo sfruttamento e l’intermediazione illecita di manodopera.
I LAVORATORI. Sono 400.000-430.000 i lavoratori agricoli esposti al rischio di un ingaggio irregolare e sotto caporale; di questi, più di 132.000 sono in condizione di forte vulnerabilità sociale e grave sofferenza occupazionale. Questi dati confermano uno scenario simile ai precedenti Rapporti sulle agromafie. Più di 300.000 lavoratori agricoli, quasi il 30% del totale, lavorano meno di 50 giornate l’anno: è presumibile che in questo bacino si nasconda molto lavoro irregolare. Il tasso di irregolarità dei rapporti di lavoro in agricoltura è pari al 39%.
«Bisogna presentare la legge a tutela degli imprenditori e tutelare chi denuncia. I salari in questo settore non superano i 25 euro al giorno, 4 lavoratori su 20 sono senza contratto, un caporale prende 10-15 euro per persona trasportata, la condizione delle donne è di fortissima disparità: circa 25% di differenza salariale rispetto agli uomini», dice Iovino. «L’economia legale e illegale nel mercato finiscono per confondersi, si registra l’affacciarsi di nuove mafie come modo di fare mafia. Le mafie diventano agenzie di servizi illegali per le imprese. Il termine “caporalato” è quasi anacronistico, le nuove hanno capacità di partnership internazionali, nel Nord Italia hanno un sistema sempre più strutturato, con appalti, lavori di somministrazione, cooperative spurie».
IL COLLOCAMENTO E I TRASPORTI. Per combattere le agromafie e il caporalato «È necessario riorganizzare tutto il sistema, dobbiamo ricreare una filiera del lavoro legale. Serve una piattaforma che aiuti. Bisogna lavorare anche nell’assistenza ai trasporti, con l’acquisto di van e biciclette», afferma Iolanda Rolli, Commissario Straordinario di Governo. «Noi di Flai Cgil ci troviamo in difficoltà per far capire che è un problema dirimente che il collocamento pubblico e il trasporto siano fondamentali per combattere il lavoro irregolare e il caporalato», commenta Ivana Galli.
Andrea Polichetti, Commissario Straordinario di Governo per l’area del Comune di San Ferdinando, fa alcune proposte: «Manca un ruolo di coordinamento, con l’attivazione di iniziative di contrasto al lavoro sommerso, con assistenza ai lavoratori stranieri immigrati. Mi piacerebbe lavorare sulla tracciabilità del lavoro agricolo da remoto: i centri per l’impiego fanno fatica ad incrociare la domanda e l’offerta, con un contratto si potrebbe anche agganciare la possibilità di ottenere un alloggio. Inoltre, vorrei attivare una cabina di regia del lavoro agricolo di qualità».
I MIGRANTI. Su circa un milione di lavoratori agricoli, i migranti si confermano una risorsa fondamentale. Secondo i dati INPS, nel 2017 sono state registrate con contratto regolare 286.940 persone, circa il 28% del totale, di cui 151.706 comunitari (53%) e 135.234 provenienti da paesi non UE (47%). Secondo il Crea i lavoratori stranieri in agricoltura (tra regolari e irregolari) sarebbero 405.000, di cui il 16,5% ha un rapporto di lavoro informale (67.000 unità) e il 38,7% ha una retribuzione non sindacale (157.000 unità).
«Nella piana di Gioia Tauro lottiamo contro lo sfruttamento», racconta Gaye Khadim, un giovane sindacalista di strada di Flai Cgil. «Le condizioni di lavoro non sono buone, i ragazzi lavorano 8-10 ore al giorno, guadagnano anche 1 euro a cassetta di arancia e 0,75 centesimi per una di mandarini, dormono nelle baraccopoli. Si meriterebbero di vivere bene, contribuiscono a far andare bene l’economia del Paese e sarebbe giusto che le condizioni di vita siano buone».
Dal 2008 al 2015, la percentuale degli occupati in agricoltura con nazionalità non italiana è quasi triplicata, passando dal 6,3% circa del primo periodo al 15,8% del 2015. Spicca per la crescita il Lazio, dove sono più che triplicati, passando dal 10,3% al 38,4%.
La distribuzione territoriale degli arresti e denunce per caporalato vede in testa la Sicilia con il 15%, a seguire la Toscana con l’11%, Puglia ed Emilia Romagna con il 10% e quinto il Lazio, con l’8%.
Ma «Nel Rapporto sono presenti cinque inchieste, che hanno riguardato nello stesso modo italiani e stranieri e che coinvolgono più il Centro Nord che il Sud. Agromafie e caporalato non sono un problema che riguarda solo gli stranieri e non è una questione solo del Sud”, dice Emilio Santoro, Direttore Centro Interuniversitario L’Altro Diritto.