ALLEANZA CONTRO LA POVERTÀ: NECESSARIO UN PATTO CHE VADA OLTRE LE LEGISLATURE
Alleanza contro la povertà in Italia ha presentato al Senato il proprio Position paper su vecchie e nuove misure di contrasto alla povertà. Russo: «Il Reis resta ancora valido. Indispensabile un ritorno a una misura universalistica e non categoriale»
26 Settembre 2023
Dopo lo stop al Reddito di cittadinanza per circa 160mila famiglie italiane e l’introduzione dell’Assegno di inclusione, l’Alleanza contro la povertà in Italia ha presentato nei giorni scorsi al Senato il proprio Position paper sulle vecchie e le nuove misure di contrasto alla povertà, a partire da quelle passate per soffermarsi su quelle più recenti contenute nella legge 85/2023, con dati e proiezioni rispetto all’impatto delle misure stesse e alle previsioni per il prossimo futuro.
Nata alla fine del 2013, Alleanza contro la povertà raggruppa una trentina di organizzazioni sociali «che hanno deciso di contribuire in maniera collettiva alla costruzione di adeguate politiche pubbliche contro la povertà assoluta nel nostro Paese», spiega il portavoce Antonio Russo, vicepresidente delle Acli. Che osserva: «Nei 10 anni trascorsi dalla nascita dell’Alleanza, l’incidenza della povertà assoluta in Italia è cresciuta di quasi tre volte. Poco più di 2 milioni erano i poveri assoluti nel 2013, circa 6 milioni sono oggi, ben il 9,4% della popolazione: nel 2021, erano in condizione di povertà assoluta più di 1,9 milioni di famiglie (7,5% del totale), pari a circa 5,6 milioni di individui (9,4% come l’anno precedente)». Il disagio è stato più marcato per le famiglie con figli minori, «per le quali l’incidenza passa dall’8,1% delle famiglie con un solo figlio minore al 22,8% di quelle che ne hanno da tre in su. Valori elevati si registrano anche per le coppie con tre o più figli (20,0%) e per le famiglie di altra tipologia, dove spesso coabitano più nuclei familiari (16,3%). Ancora elevata la povertà assoluta tra gli stranieri, che sono oltre un 1,6 milioni, con una incidenza pari al 32,4%: oltre quattro volte superiore a quella degli italiani (7,2%)». Le famiglie in povertà assoluta «sono, nel 68,7% dei casi, famiglie di soli italiani (quasi 1 milione e 350mila) e per il restante 31,3% famiglie con stranieri (oltre 614 mila), pur rappresentando queste ultime solo il 9% del totale. Se questi sono i numeri, occorre un programma il più possibile condiviso, di breve medio e lungo termine, di lotta contro la povertà assoluta, capace anche di evitare che quella relativa frani verso il basso», rileva il portavoce dell’Alleanza, evidenziando che «le politiche di contrasto alla povertà abbisognano di una prospettiva temporale lunga, di un patto che vada oltre le legislature. Tra i vari modelli di volta in volta introdotti nel tempo, riteniamo che lo schema di Reddito d’inclusione sociale (Reis) resti ancora valido per le caratteristiche proprie e per l’ottimizzazione delle risorse umane, economiche e sociali di cui il Paese è dotato. Dobbiamo assolutamente contrastare il processo di strutturalizzazione e cronicizzazione della povertà nel nostro Paese».
Indispensabile una misura universalistica
Tuttavia le nuove misure introdotte dal governo non sembrano in grado di raggiungere lo scopo: «L’Alleanza ha contribuito in audizione a offrire un quadro di proposte che solo parzialmente hanno trovato spazio nella legge 85/2023. Nelle varie fasi di discussione, abbiamo dichiarato le nostre preoccupazione, supportati da uno studio dagli organismi interni e dagli approfondimenti di organismi istituzionali come l’Ufficio parlamentare di Bilancio. Il documento fa sintesi di suggerimenti che abbiamo dato già nei mesi passati. Indispensabile e pregiudiziale è per noi un ritorno a una misura universalistica e non categoriale». Con le nuove misure l’Alleanza prevede che «la platea dei beneficiari del vecchio Rdc si dimezzerà del 50% circa. Ciò anticipa un taglio importante tra i potenziali aventi diritto, che va posto in relazione a come il fenomeno della povertà si sta manifestando, aggravato da non poche contingenze sfavorevoli, ad esempio quelle inflattive, che agiscono più immediatamente sui redditi bassi. Lo stesso investimento previsto per le coperture delle nuove misure sarebbe, a regime, di non poco inferiore a quello della ultima annualità del Rdc. Sugli effetti immediatamente prodotti, e anche su quelli della riforma a regime, così come sulle prospettive di miglioramento, è costruita la piattaforma di 8 proposte, che riguardano prevalentemente l’Assegno di inclusione», conclude Russo.
Le proposte
Sono 8 le proposte formulate per modificare la legge 85/2023, argomenta Lorenzo Lusignoli, coordinatore del comitato tecnico di Alleanza che ha stilato la ricerca: la prima è quella di «reintrodurre la soglia reddituale di accesso differenziata per coloro che sono in locazione a 9.360 euro», misura che «comporterebbe un costo annuale aggiuntivo piuttosto contenuto, a fronte di un aumento della platea degli aventi diritto comunque significativo». Inoltre si richiede di «allentare il vincolo di residenza per gli stranieri da 5 a 2 anni» e «rivedere la scala di equivalenza: ogni maggiorenne senza carichi di cura abbia un peso pari allo 0,25 e che contestualmente il tetto massimo della scala di equivalenza possa eventualmente essere innalzato». Inoltre occorre «Indicizzare soglia reddituale e sostegno all’affitto» ogni anno, sulla base dell’inflazione registrata a fine anno a partire dal gennaio 2025. Ancora, bisognerebbe «vincolare la condizione di “occupabilità” all’analisi multidisciplinare dei bisogni e delle competenze, da effettuare ex-ante», oltre a «migliorare la cumulabilità reddito-lavoro». Servono «più risorse umane e finanziarie ai Comuni» perché riescano a «svolgere un vero e proprio ruolo di regia e a tal fine vanno rafforzati», con l’assunzione di nuove risorse umane. In conclusione, va garantita «la volontarietà della partecipazione ai Puc (Progetti di pubblica utilità), secondo una logica basata sulla conquista della consapevolezza di sé e capacitazione dei soggetti più fragili».