ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO: COSÌ FA CRESCERE
L'esperienza dell'associazione Televita a Roma. I giovani acquisiscono nuove competenze: relazionali, organizzative, informatiche e così via
07 Novembre 2017
Mentre si studia si può imparare (anche) a lavorare? Se in Paesi come la Germania ciò avviene da diversi anni, l’Italia è ancora in attesa di risposta. L’ alternanza scuola-lavoro, introdotta con la legge 107 del 2015 nota come “La buona scuola”, obbliga infatti tutti gli studenti dell’ultimo triennio delle superiori (licei inclusi) a svolgere delle ore formative in imprese, aziende e istituzioni ma anche associazioni di volontariato ed enti culturali.
LA PROTESTA CONTRO LE AZIENDE. I buoni presupposti ci sono tutti, se non fosse che diverse grandi aziende – a detta degli alunni – sembrano aver scambiato un’esperienza formativa con l’assunzione di manodopera a costo zero.
A partire dal 13 ottobre molti studenti italiani hanno organizzato cortei di protesta per ribadire che da questo triennio di sfruttamento, mascherato da tirocinio, non si apprende nulla, ma anzi si sottrae tempo allo studio e alla preparazione di base. Ferma la risposta della ministra Fedeli, che recentemente ha sottolineato come nelle intenzioni della riforma non c’è alcun periodo di apprendistato, bensì l’acquisizione di nuove competenze da spendere, in futuro, sul mercato del lavoro.
C’è da domandarsi se questo stesso mercato, precario di costituzione, abbia fatto di necessità virtù.
IL PROGETTO DI TELEVITA. C’è però anche chi l’ alternanza scuola-lavoro l’ha messa bene in pratica, partendo dal volontariato. L’associazione Televita opera da diversi anni a Roma, occupandosi delle persone anziane sole e spesso senza parenti che possano supportarle; prima la creazione di una centrale di tele-soccorso per le emergenze, qualche anno dopo la tele-compagnia per risolvere pratiche burocratiche o semplicemente chiacchierare, poi l’intuizione di affidare dei laboratori a quegli anziani, che sono ancora autonomi e in grado di mettere a disposizione capacità e saperi. Un valore sociale per il quartiere – e non solo – dove protagonisti sono oggi oltre 120 volontari (di cui il 90% pensionati) e 200 destinatari coinvolti in laboratori di filatelia, taglio e cucito, visite guidate e coro.
Un impero di “teste bianche” che cinque anni fa ha deciso di mettersi a disposizione anche dei più giovani. «Qualche anno fa ci è stato proposto di ospitare nel nostro centro dei ragazzi messi alla prova dal Ministero della Giustizia», racconta Sergio Cametti, presidente dell’associazione. «Questi giovani sono rimasti entusiasti dell’esperienza così, tre anni fa, abbiamo deciso di investire sulla alternanza scuola-lavoro, firmando un protocollo d’intesa con alcune scuole. Non solo coinvolgiamo questi studenti nelle nostre attività, ma cerchiamo anche di tirar fuori le loro qualità mettendole a servizio dei più anziani».
LE COMPETENZE. In concreto, cosa fanno gli studenti? «Tutto parte dagli accordi stabiliti con gli istituti, ad esempio il Pacinotti ci ha chiesto di investire su competenze tecnico-informatiche, ecco perché molti ragazzi fanno esperienza all’interno della centrale di tele-soccorso o nell’aggiornamento del sito internet o invio newsletter. Mentre un altro istituto, come il Carducci, ci ha chiesto di puntare più su competenze relazionali, ed è per questo che interi laboratori pomeridiani li affidiamo agli stessi ragazzi, spingendoli ad essere responsabili e creativi. Ed è bello poter vedere come alcuni dei nostri tirocinanti, terminata l’esperienza in associazione, sono stati assunti da una fondazione per il loro fruttuoso impegno dimostrato».
L’aspetto intergenerazionale è la chiave del sistema e se da una parte ci sono studenti soddisfatti di aver imparato anche solo a gestire un gruppo, dall’altro lato ci sono nonni e nonne che riescono a sfatare lo stereotipo dei giovani visti come bamboccioni e smartphone-dipendenti. «Il fatto che non si rapportino con un’azienda ma con dei volontari come noi», continua Sergio, «è esemplare per loro. Non potremmo mai sfruttarli ma chiediamo loro del tempo per dedicarsi agli anziani apprendendo un metodo. C’è chi si occupa della gestione del banco alimentare per i più bisognosi del quartiere o chi ci aiuta ad organizzare convegni locali o eventi regionali. Spesso dico ai ragazzi che il volontariato è retribuito dalla soddisfazione che hai nel fare determinate cose. Il riscontro è positivo».
UN PATRIMONIO DA TRASMETTERE. Che tra le buone pratiche della alternanza scuola-lavoro ci sia un’esperienza di volontariato non è un caso. L’associazione Televita, insieme a quella delle tante altre realtà che silenziosamente soddisfano bisogni e creano nuove opportunità nei territori, dimostra di avere in mano un patrimonio che va trasmesso. Oltre che rappresentare una delle competenze vincenti per il lavoro di domani.