CARITAS DI RIETI: RICORDI E BILANCI DI UN ANNO DI TERREMOTO
La fatica di ricominciare ad ogni scossa, il valore delle relazioni, la necessità di adattarsi ai bisogni che cambiano. Intervista con don Fabrizio Borrello
04 Agosto 2017
«Dal 24 agosto la Caritas è una presenza fissa ad Amatrice, siamo presenti almeno 6 giorni la settimana. La prossimità alle persone è stato ed è il nostro scopo», dice Don Fabrizio Borrello, Direttore della Caritas Diocesana di Rieti.
AVANTI LENTAMENTE. A distanza di un anno dalla prima forte scossa di terremoto, la ricostruzione procede, ma a rilento. «La conformazione geografica di Amatrice e di Accumoli sono particolari, i comuni sono composti da molte frazioni, sono realtà piccole e molto frastagliate: Amatrice è composta dal centro più 69 frazioni, Accumoli ha un centro e 11 frazioni. Ogni movimento, ogni realtà sono più complesse perché ci troviamo in luoghi di montagna. Anche la realizzazione delle casette provvisorie da assegnare alle famiglie procede a rilento per questo motivo. In questo momento stanno distribuendo le casette provvisorie, ad Amatrice ne hanno distribuite circa 200, ne mancano ancora 400, molte famiglie vivono ancora in roulotte, nei container o in altre soluzioni abitative nei dintorni, oppure sono ospiti di amici».
Qualche settimana fa ad Accumoli sono state consegnate le casette del comune alle prime famiglie, adesso stanno costruendo altre strutture nelle piccole frazioni circostanti. Si conta, entro la metà di agosto, di far ritornare tutti ad Accumoli. Sono tornate 11 famiglie finora, torneranno altre 400 -500 persone.
«Gli abitanti di Accumoli sono ospitati soprattutto negli alberghi della costa adriatica. Alcuni gruppi di volontari, in gran parte provenienti dalla Puglia, fanno assistenza a queste persone. Noi della Caritas all’inizio abbiamo ospitato le persone nei container, ma non abbiamo potuto continuare perché perderebbero il posto in graduatoria delle soluzioni economiche messe in atto dal Governo”.
L’assegnazione delle soluzioni abitative in un anno di terremoto ha dovuto fare i conti anche con le continue forti scosse: 24 agosto, 26 e 30 ottobre, 18 gennaio. «Ogni volta ci si è dovuti fermare e ricominciare daccapo, per valutare i danni ulteriori alle abitazioni. Case che dopo la prima o la seconda scossa erano state classificate abitabili, dopo la seconda o la terza non lo erano più. Questi fatti hanno ritardato la possibilità di mettere le abitazioni a disposizione di tutti. Inoltre, l’inverno scorso abbiamo avuto un metro e mezzo di neve».
LE VIE DI COMUNICAZIONE. Il grande handicap di questo territorio, in questo momento, sono le vie di comunicazione interne. «Per arrivare al centro di Amatrice, che dista 500 metri in linea d’aria, si impiegano 20 minuti da Torrita, perché bisogna passare in una via di montagna, che prima era una mulattiera. Il ritardo nel ripristino delle vie di comunicazione è la causa del ritardo di tanti lavori». La strada principale passava in mezzo ad Amatrice, ma poiché il centro del comune è zona rossa non è percorribile.
«In questo periodo si sta lavorando il più possibile. Stiamo a circa 1000 metri di altitudine, in alcune sere qui fanno 9 gradi e siamo in piena estate, se non ci si sbriga con i lavori di ricostruzione tra qualche mese ricominceremo con i grossi problemi legati all’autunno e all’inverno; con l’arrivo delle prime piogge arriveranno le temperature rigide che comporteranno una grossa complicazione di tutti gli interventi, compresi quelli nella campagna e con gli animali».
Quanto alle macerie le stanno togliendo, «ma sono tonnellate e tonnellate. È un lavoro delicato e complesso, di ogni casa che viene abbattuta bisogna chiamare i proprietari, che cercano di recuperare in questa fase i preziosi, i ricordi e gli effetti personali”, spiega Don Fabrizio Borrello.
UN’ESTATE SPOPOLATA. In questo periodo i paesi si stanno ripopolando. «Quest’inverno nel territorio di Amatrice erano presenti circa 1000 persone, adesso siamo raddoppiati. Ma d’estate, negli anni scorsi, in questa zona erano presenti anche 40.000 abitanti, che tornavano durante le ferie nelle loro seconde case o turisti che decidevano di passare qui parte delle proprie vacanze. Per questo ci sono state così tante vittime a causa del terremoto…».
PRIMO AIUTO: L’ASCOLTO. «In un anno di terremoto il nostro impegno è cambiato. L’azione che abbiamo fatto sin dall’inizio è stata quella di concentrarci nei centri cittadini e nelle varie frazioni per mappare il territorio, individuando le famiglie e le aziende ed esprimendo la nostra prossimità, portando generi alimentari e tutto ciò di cui avevano bisogno, oltre a registrare i danni che avevano subìto e a delineare gli interventi da effettuare. Abbiamo organizzato due centri di ascolto e di distribuzione, uno ad Amatrice centro e l’altro a Santa Giusta, una frazione di Amatrice. Le persone sono venute ad esprimere le problematiche, a prendere alimenti, vestiti e beni di prima necessità e a fare richieste», racconta Don Borrello.
LE ATTIVITÀ COMMERCIALI E IL RUOLO DEI VOLONTARI. Ad Amatrice, terminato il servizio della mensa comunale, il 29 luglio è stata inaugurata l’Area food, disegnata dall’architetto Stefano Boeri e dal Consorzio Innova FVG, in cui hanno trovato nuova sede otto storici ristoranti del luogo: un nuovo punto di riferimento per la comunità locale e il simbolo della rinascita anche economica della zona. Entro fine agosto è prevista l’apertura del supermercato e del centro commerciale ad Amatrice, sempre entro fine mese dovrebbe essere consegnato dalla Regione anche il centro commerciale per Accumoli, lungo la Salaria.
«Noi come Caritas continuiamo a distribuire pane ed altri beni alle persone che ne hanno bisogno, ma presto la gente potrà procurarsi tutto da sola e quindi alleggeriremo questo aspetto del nostro lavoro. Continueremo ad essere presenti anche attraverso i nostri volontari che stiamo ospitando quest’estate in un centro apposito sulla Salaria, a Torrita, per essere vicini alle famiglie e alle aziende. La necessità non è solo del pane, ma c’è molto bisogno di vicinanza, di contatti umani: il pane e gli altri beni sono una scusa per avvicinare le persone, farle parlare e sfogare».
Il centro Caritas di Torrita ospita gruppi di volontariato di tutta Italia, che si alternano e sono presenti una settimana ciascuno, da sabato a sabato. «Sono di vario tipo: dai gruppi parrocchiali alle persone provenienti da comunità di recupero, che hanno terminato il loro percorso e scelgono di fare quest’esperienza. I volontari lavorano su tre livelli: un campo per bambini ad Amatrice con Save the Children, un altro campo per bambini nella zona di Berbona, ma la maggior parte di loro è distribuita sul territorio», va ad aiutare le famiglie soprattutto nelle zone agricole.
«Qualcuno va a raccogliere la legna, ad aggiustare una staccionata, ad aiutare con gli animali. Il pretesto è il lavoro, ma ci avviciniamo alle persone per dare un segno di vicinanza, ascolto e sostegno. Inoltre, una volta alla settimana, si svolge una festa aperta a tutti, chi vuole può cenare e stare insieme. Dal feedback dei gruppi di volontariato ci stiamo rendendo conto che stiamo facendo un lavoro molto utile: la gente si apre, racconta ed esorcizza le proprie paure. Abbiamo avuto due episodi di scosse a luglio ed è stata l’occasione, per i volontari presenti, di vedere come ad ogni scossa emotivamente le persone vengano molto colpite. Questo è un aspetto che fa riflettere chi sta qui a portare il proprio servizio».
LE CONSULENZE ALLE AZIENDE. La Caritas sta per aprire un punto di ascolto di consulenza alle aziende, mettendo a disposizione dei fondi per far ripartire l’economia di queste terre. «Abbiamo già dato dei contributi a molte aziende, vorremmo continuare su questa linea in modo tale da continuare lo sviluppo dell’agricoltura e dell’allevamento, che sono state le spine dorsali di questi territori e vorremmo che continuassero ad esserlo».
IL CASTELLO DI CARTE. «Io sono ad Amatrice dal 24 agosto notte, in un anno sono tante le emozioni e le esperienze che potrei raccontare. Quando si sta dentro queste situazioni, non ci si rende nemmeno conto che si sta vivendo qualcosa di eccezionale. Il servizio della Caritas si normalizza dove c’è più bisogno. Se devo dire qual è stata l’esperienza più intensa, sono stati i primi giorni vicini ai defunti e ai loro familiari. La prima fase, dal punto di vista emotivo, è stata quella più coinvolgente, la più dolorosa e la più profonda: abbiamo cominciato ad avvicinare i parenti delle persone morte, a benedire i feretri assemblati nelle tende, a preparare i funerali. I periodi successivi sono stati intensi perché, dopo ogni forte scossa, abbiamo dovuto rimodulare ogni volta e rimotivare le persone, ripartire daccapo con i bisogni primari, dopo ogni forte scossa si ripartiva da zero. Ogni volta era come se un castello di carte appena ultimato crollasse di nuovo».
Poi è arrivata la forte scossa del 30 ottobre… «Dopo quella scossa abbiamo dovuto cominciare a pensare dove far dormire le persone, che fino a quel momento erano sistemate in tenda o in roulotte: iniziava l’inverno, molte case erano diventate inagibili. Abbiamo dato più di 50 container alle persone, abbiamo aiutato le persone a rimanere e a continuare a fare quel poco che stavano facendo, anche con gli animali», continua il Direttore della Caritas Diocesana di Rieti.
«Un grosso problema in questo anno di terremoto è stata la scossa del 18 gennaio, avvenuta in un metro e mezzo di neve, con persone bloccate nei container, con porte bloccate e finestre coperte a metà dalla neve. La gente telefonava a noi per avvisare la protezione civile».
Ma il sostegno e il supporto non sono stati solo materiali. «Abbiamo chiesto a molte comunità religiose, sia cappuccini sia frati minori, di venire in mezzo alle persone e noi stessi come sacerdoti abbiamo portato avanti un sostegno spirituale».
Il 24 agosto sarà una giornata in ricordo delle vittime, in attesa delle 3,36 si svolgerà una veglia di preghiera e la mattina una celebrazione eucaristica ad Amatrice.