ASILI NIDO: NON COPRONO NEANCHE IL 30% DELLA RICHIESTA

I nidi coprono una percentuale troppo bassa delle richieste a livello nazionale. Il tema rilanciato dal Gruppo nazionale Nidi e Infanzia. Labonia: «Cerchiamo di dialogare con tutte le forze di governo. Grandi proclami, ma di azioni non ne vediamo»

di Maurizio Ermisino

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Si fa sempre un gran parlare di famiglia, specialmente tra le forze politiche, specialmente quando ci si avvicina alle elezioni. Si fa anche un gran parlare di pari opportunità e di lavoro al femminile, anche dopo che un film come C’è ancora domani di Paola Cortellesi è entrato nella cultura popolare e ha lanciato vari dibattiti. In concreto, però, si fa ancora poco. Un sostegno fondamentale per le famiglie, infatti è lo sviluppo degli asili nido, un servizio fondamentale perché i genitori possano lavorare, e un percorso importante per la socializzazione e l’istruzione dei bambini. E, se è vero che, a livello legislativo qualche passo avanti è stato fatto in Italia negli ultimi dieci anni nel segmento di istruzione da 0 a 6 anni, è anche vero che proprio i servizi dedicati alla fascia 0-3, cioè gli asili nido, sono ancora indietro rispetto al bisogno delle famiglie italiane. Lo dicono i numeri, come vedremo. E ce lo dice Antonia Labonia, presidente del Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia, associazione che promuove la cultura dell’infanzia e difende il diritto all’educazione dei bambini nella fascia 0-6 anni, cioè nido e scuola dell’infanzia, e la qualità dei servizi educativi.

Gruppo nazionale Nidi e Infanzia
Antonia Labonia, presidente del Gruppo nazionale Nidi e Infanzia. «La scuola dell’infanzia copre il 90% della richiesta nazionale, per i nidi non è così. A oggi siamo al 26,9%, con punte in alcune regioni dal 40% al 50%, in altre del 10%»

Il segmento 0-6 anni è fondamentale per l’educazione dei bambini

Nel 2015, con la riforma della Buona Scuola, è stato istituito il Sistema Integrato di Educazione e Istruzione dalla nascita fino a 6 anni. «È stato riconosciuto come fondamentale ma non obbligatorio il segmento 0 – 6 anni come momento importante per l’educazione di tutti i bambini» ci spiega Antonia Labonia. Nel 2017 è stato emesso un decreto legislativo attuativo, il n. 65 del 13 aprile 2017, che è andato a declinare il concetto espresso nella legge. «Ha dato una serie di indicazioni a livello nazionale sui servizi riconosciuti come indispensabili e fondamentali per i bambini della fascia 0-6 anni, quindi nido, micronido, servizi integrativi alla famiglia, spazi gioco per l’infanzia, sezioni primavera» ci spiega Antonia Labonia. «Ha indicato tutte le tipologie e ha dato alcune indicazioni di carattere generale. Ad esempio, il titolo di studio di laurea necessario per gli operatori dello 0-3, quando per il 3-6 era già presente; la nascita dei coordinamenti pedagogici territoriali come nodo strategico della governance degli enti locali.  La cosa importante è che è stato riconosciuto il carattere educativo del segmento 0-3 anni, che diventa un unico segmento 0-6, la cui titolarità è tutta del ministero dell’Istruzione. Prima la titolarità del segmento 0-3 era suddivisa tra le politiche sociali, il Ministero del Lavoro e il Dipartimento della famiglia».

Gruppo nazionale Nidi e Infanzia
«Ogni Regione ha una sua normativa, e alcune non si sono adeguate alla nuova normativa nazionale. Il Lazio è stata la prima a produrre una nuova legge sullo 0-3 adeguandosi alla legislazione nazionale. Poi ci sono sati Piemonte, Umbria, Calabria e Puglia»

I nidi coprono solo il 26,9% della richiesta a livello nazionale

Ma l’atteso impatto concreto sulla vita delle famiglie non si è del tutto realizzato. «Mentre la scuola dell’infanzia comunque copre il 90% della richiesta a livello nazionale, per i nidi non è così» ci spiega la presidente del Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia «A oggi abbiamo circa il 26,9% per cento di copertura a livello nazionale, con delle punte in alcune regioni dal 40% al 50%, mentre in altre la copertura è intorno al 10%. Si tratta di percentuali ben al di sotto di quelle che erano le indicazioni europee per il 2010, data entro la quale dovevano raggiungere il 33%: una data prorogata al 2020 e nuovamente al 2030. Ma nel dicembre del 2022 una è arrivata una nuova comunicazione europea che dice che entro il 2030 dobbiamo raggiungere il 45% di copertura. Siamo ancora lontani da questo».

Il PNRR aiuta? Finanzia le strutture, ma non il personale

Per risolvere questa situazione in aiuto sarebbero dovuti arrivare in aiuto i finanziamenti del PNRR. Una linea di finanziamenti è stata individuata e indirizzata verso servizi educativi. «Se i finanziamenti andranno a buon fine potremmo arrivare intorno al 43% nel 2030» commenta Antonia Labonia. Ma, legate al PNRR, ci sono tutta una serie di problematiche relative all’attuazione. «Per quanto riguarda i nidi, il Ministero dell’Istruzione ha fatto un bando per l’assegnazione dei finanziamenti a cui i comuni potevano partecipare, ma portando una progettualità» spiega Antonia Labonia. «Da una parte con i comuni più virtuosi e con più esperienza sono riusciti a presentare dei bandi con i tempi e le modalità richieste; dall’altra, i comuni che hanno avuto più difficoltà e non hanno storia a livello di servizi educativi, soprattutto nel Sud del Paese, non hanno partecipato ai bandi e ora non hanno un nido. I fondi del PNRR che dovevano andare a limare la disparità tra i territori purtroppo non riusciranno a colmare questo divario». «Un altro problema del PNRR è che i finanziamenti permettono la costruzione di nuovi edifici o la ristrutturazione di edifici esistenti” continua. «Ma poi quegli edifici devi arredarli e ci deve essere il personale. Il PNRR non prevede finanziamenti per chi dovrà fare funzionare i servizi. Nella Legge di Bilancio del 2022 sono stati inseriti dei finanziamenti a questo scopo che però non sono stati rifinanziati. Il rischio è che anche laddove si riusciranno ad avere strutture nuove probabilmente non ci saranno da parte dei comuni sufficienti risorse per farle funzionare». Il rischio è di avere edifici nuovi, ma vuoti. O peggio ancora. «Il rischio è quello di avere strutture date in appalti sottocosto, cosa che già purtroppo avviene» avverte Antonia Labonia. «Il che significa non riuscire a garantire non soltanto la contrattualità dei lavoratori, ma anche non garantire la qualità».

Gruppo nazionale Nidi e Infanzia
«Riguardo il personale la contrattualità varia molto e lascia aperte questioni che stanno allontanando la forza lavoro da questo ambito»

Il problema del personale

Quello del personale è forse il problema maggiore per l’organizzazione dei nidi. Gli educatori qualificati ci sono, ma c’è un problema. «Le amministrazioni pubbliche non stanno procedendo ad assunzioni dirette, ma danno i servizi in gestione esterna a cooperative e associazioni» spiega Antonia Labonia. «Laddove ci sono contratti d’appalto al ribasso queste realtà, quando fanno contratti regolari ai lavoratori, lo fanno con una contrattualità economicamente più bassa. Così, pur avendo educatori e insegnanti laureati questi scelgono di fare altro, non la professione per cui hanno studiato. Per quanto riguarda la scuola dell’infanzia, la maggior parte se può preferisce la primaria, perché è più riconosciuta dal punto di vista sociale». Per quanto riguarda gli educatori degli asili nido il fatto è che ci sono molte disparità dipende. «Abbiamo una contrattualità che varia moltissimo» continua. «Da un contratto full time privato da 900 euro al mese ad un contratto full time del pubblico che ragiona sui 1400 euro al mese. E le condizioni di lavoro sono diverse: orari più corti o più lunghi, flessibilità maggiore o minore. Nel privato, generalmente, la formazione non è retribuita. È una serie di questioni che stanno allontanando la forza lavoro da questo ambito. La preoccupazione è che laddove si riescano ad aprire strutture, laddove si riesca a fare un appalto che non sia un appalto capestro, ci sia la difficoltà di avere personale qualificato».

Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia: la politica non sembra disposta al dialogo

L’associazione fa parte di varie reti, tra cui Alleanza per l’Infanzia, e continua a fare una serie appelli alla politica. «Cerchiamo di avere dialogo, diamo disponibilità a tutte le forze politiche governative, nazionali e locali» ci spiega Antonia Labonia. «La politica parla molto di famiglia, di nidi, di scuola per i piccoli ma in concreto di azioni non ne vediamo. In questo particolare momento ci sono difficoltà a parlare con le forze governative. Abbiamo fatto dei seminari in cui abbiamo invitato le forze politiche e, magari per altri impegni, non sono venute. Ma non è un momento in cui si riesce a porre le questioni in maniera solida per andare avanti: ci sono grandi proclami ma di azioni ne vediamo poche». C’è poi un alto problema: pur essendo quella per il segmento 0-3 una legge nazionale per tutti i requisiti attuativi fa riferimento a leggi regionali. «C’è una grande diversità nel Paese anche perché ogni regione ha una sua normativa, e alcune regioni non hanno adeguato la normativa preesistente alla nuova normativa nazionale» ci racconta la presidente. «Il Lazio è stata la prima regione che nel 2020 ha fatto una nuova legge sullo 0-3 tenendo presenta la nuova legge nazionale. Poi ci sono sati Piemonte, Umbria, Calabria e Puglia, dove siamo appena stati e abbiamo avuto un dialogo proficuo».

Immagini dalla pagina FB del Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia

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