ASILI NIDO: PRESTO SARÀ UN SERVIZIO UNIVERSALE. MA SI RIPARTE?
Con la nuova legge della Regione Lazio non sono più un servizio di assistenza sociale, ma parte integrante dell’educazione dei bambini.
25 Luglio 2020
Mancano poco meno di due mesi all’inizio delle scuole, e poco più di uno a quella che dovrebbe essere la data di apertura degli asili nido, un momento quanto mai atteso dalle famiglie, che in questi mesi si sono districate con difficoltà tra il lavoro e lo stare con i propri figli. Siamo ancora in un clima di grande incertezza, ma intanto arrivano delle buone notizie per quanto riguarda gli asili nido. La scorsa settimana è stata approvata dalla Regione Lazio una legge che promette di cambiare radicalmente il modo di educare i bambini nella fascia da 0 a 6 anni. La Regione Lazio è la prima ad approvare il Decreto Legislativo 65/2017, che vede nascere un sistema integrato da 0 fino a 6 anni: l’asilo nido, in questo modo, non è più un servizio di assistenza sociale, ma parte integrante dell’educazione dei bambini, di cui faranno parte anche i micro-nidi e le tagesmutter. Questa nuova concezione dovrebbe arrivare all’obiettivo di azzerare le rette, a oggi molto gravose per le famiglie, e arrivare a soddisfare maggiormente la domanda. Nella legge si parla anche di educazione all’aperto. In tutta questa situazione c’è però un’ombra: non si è ancora sicuri, a oggi, che i servizi 0-3 anni possano partire il 1 settembre.
Il sistema educativo 0-6 anni
Ne abbiamo parlato con Antonia Labonia, del Gruppo Nazionale Nidi Infanzia, che da qualche anno è la nostra preziosa consulente in materia. E ci ha spiegato tutta la storia dall’inizio. «Tutto nasce da una legge nazionale, legata a quella della Buona Scuola, la Legge 107», ci spiega. «In un articolo sancisce che il sistema integrato 0-6 anni, nido e scuola dell’infanzia, è il primo gradino dell’educazione e dell’istruzione. È qualcosa di rivoluzionario: la scuola dell’infanzia, il 3-6, già stava nel percorso dell’istruzione, mentre il nido, lo 0-3, ancora no, ha sempre fatto riferimento ai servizi sociali. La Legge 107, però, dava soltanto un principio nell’articolo. Successivamente è stato approvato il Decreto Legislativo 65, dove venivano elencati tutti i requisiti di quello che è il sistema educativo 0-6 anni, che ribadisce che è il primo gradino dell’educazione e dell’istruzione e dà una serie di indicazioni sulle tipologie dei servizi 0-3 e per la scuola dell’infanzia, mettendo in evidenza l’importanza che il personale abbia un titolo di studio di laurea per lo 0-3, cosa che finora non era prevista, che è importante la formazione in servizio in continuità tra lo 0-3 e il 3-6, perché il progetto educativo deve essere unico tra i due segmenti, e mette in risalto l’importanza di un coordinamento pedagogico territoriale, che tenga insieme tutti i servizi 0-6, indipendentemente dal gestore, pubblico, privato convenzionato, statale, paritario o provato». Tutti coloro che esercitano un servizio sul segmento 0-6 anni, dunque, ora rientrano in un coordinamento pedagogico territoriale. È un decreto nazionale che va declinato sulle leggi di ogni singola regione.
Una nuova legge dopo quella del 1980
In molte regioni d’Italia ci sono delle leggi recenti, alcune regioni si sono adeguate con delibere di giunta o di consiglio comunale, alcune regioni non hanno ancora fatto nulla.
«Per quanto riguarda la Regione Lazio è in vigore una legge del 1980, che si è tentato varie volte di rinnovare», spiega Antonia Labonia. «È una legge che non rispettava più la realtà dei servizi: in 40 anni sono cambiate molte cose. La Regione si è presa l’impegno di fare una nuova legge, tenendo conto della normativa nazionale, normando i servizi 0-3 come di sua competenza, ma in un’ottica 0-6, prendendosi l’impegno della continuità con la scuola dell’infanzia e del coordinamento pedagogico che riguarda tutto il settore». La legge regionale non è ancora pubblica, ma è stata licenziata la scorsa settimana, firmata da Eleonora Mattia, Presidente della Commissione Istruzione della Regione Lazio.
Verso l’universalità del servizio
Si tratta di una legge davvero importante, ambiziosa, perché si vuole arrivare a un’universalità del servizio, soprattutto per la fascia 0-3. «Oggi sulla scuola dell’infanzia, 3-6, copriamo il 90% dell’utenza potenziale, mentre per i nidi, 0-3, nel Lazio siamo intorno al 20-22%», spiega Antonia Labonia. «Il primo obiettivo è ampliare l’offerta, raggiungere il 33% che era il target europeo che avremmo dovuto già raggiungere da diversi anni, e cercare di superarlo. E soprattutto portare gli asili nido in quei piccoli comuni dove non ci sono». Si può capire come sia importante alzare questi numeri, che sono davvero bassi, e ci dicono che tre famiglie su quattro non hanno un appoggio per i loro bambini.
«Le ricerche hanno dimostrato», aggiunge Labonia, «che bambini che frequentano asili nido di buona qualità hanno delle chance in più nel loro percorso di vita. E sappiamo che nel nostro Paese c’è una percentuale di povertà educativa, non solo economica, che purtroppo con la pandemia si è aggravata», riflette Antonia Labonia. «Offrire dei servizi educativi di qualità alle famiglie è un’opportunità per recuperare il gap a livello di discriminazioni, disuguaglianza, povertà educativa. Significa dare la possibilità alle donne di avere un luogo sicuro dove lasciare il bambino e continuare l’attività lavorativa».
Un finanziamento importante
La legge, insomma, c’è. I Comuni si dovranno adeguare alle normative per favorire l’apertura dei nidi. «La regione ha messo in campo finanziamenti: 10 milioni di euro il primo anno, 16 il secondo e 20 il terzo anno, che si vanno ad aggiungere ai finanziamenti nazionali», spiega Antonia Labonia. «I fondi saranno utilizzati per l’apertura delle nuove strutture. Ci sono tre filoni di spesa. Quello dell’incremento delle strutture, con l’abbattimento delle rette per le famiglie. L’obiettivo, ambizioso, sarebbe quello di rendere gratuito il servizio 0-3 nel tempo. «L’altro canale di spesa è la formazione del personale in servizio: le legge prevede che gli operatori in titolo di laurea triennale specifica. Il terzo capitolo prevede un coordinamento pedagogico territoriale: non solo un coordinatore pedagogico per la struttura, ma anche un organismo territoriale più ampio, che mette insieme tutto quello che è presente sul territorio e che sappia leggere bisogni e necessità di quel territorio, omogeneizzare gli interventi e dare le risposte più adeguate promuovere la cultura dell’infanzia, l’accesso ai servizi da parte delle famiglie».
Nella legge si parla anche dei servizi integrativi a sostegno della genitorialità. «C’è chi può aver bisogno non del nido, ma invece di frequentare centri gioco, spazi bambini e genitori, dove il bambino, pur stando insieme agli altri, ha la presenza di un genitore accanto, che ha modo di confrontarsi con altri genitori e con esperti dell’educazione che possano sostenerlo», spiega Antonia Labonia. «Si parla anche del nido domiciliare, la possibilità di un’educatrice di accogliere i bambini nel proprio domicilio. La novità è che questo servizio deve essere collegato a un organismo del Terzo Settore, in modo che l’educatrice non sia sola, ma che sia coordinata, aiutata per le sostituzioni e così via».
L’educazione all’aperto
Una delle novità che è stata accolta con più favore è l’attenzione della legge per l’educazione all’aperto, un aspetto importante, ancor di più oggi che, a causa del distanziamento sociale, oltre che uno stile di vita sembra anche questione di sicurezza. «Sicuramente è un aspetto innovativo della legge, che nasce sulla spinta della situazione pandemica», riflette Antonia Labonia. «Ma l’idea di sfruttare gli spazi all’aperto nasce anche dalle esperienze che nel nostro Paese sono delle realtà da anni. Parliamo sia di asili nido, sia di scuole dell’infanzia, completamente gestiti all’aperto: la scuola nel bosco, gli agrinido, il nido e la scuola in natura, dove lo spazio esterno non è il parco dove si va a giocare, ma è uno spazio educativo di conoscenza, un modo di sperimentazione, di ricerca, di studio quotidiano. La legge ha voluto tener conto di questo: c’è un articolo dedicato alla possibilità di fare sperimentazioni sui servizi in natura, scuole nel bosco, nidi e materne all’interno aziende agricole e fattorie. Su questo si è molto dibattuto, anche rispetto alla possibilità di apertura post Covid-19. Ma si è parlato anche del senso educativo della natura, di un nuovo approccio pedagogico alla vita, quasi filosofico: uscire in giardino non come attività ricreativa, ma per utilizzare quello che la natura ci offre per trovare spunti di crescita. Si tratta di costruire una nuova cultura ecologica, del vivere in maniera sinergica il rapporto tra uomo e natura».
Ma a settembre si riparte?
Ma, in tutta questa situazione c’è anche un neo. A oggi non c’è certezza su quando riapriranno gli asili nido nella regione. La notizia di ieri (24 luglio) è che a Roma riapriranno il 14 settembre, ma con molti interrogativi. «Non abbiamo ancora chiarezza su quello che avverrà a settembre. È stata costituita una task force del Comune di Roma con medici, epidemiologi, pediatri, psicologi, pedagogisti che hanno redatto un documento sulla possibile riapertura a settembre, concordando sia con la parte sanitaria che pedagogica la possibilità di riaprire i servizi. È un documento ancora riservato. L’ipotesi che a livello nazionale ha più credito è quella delle famose bolle, piccoli gruppi stabili di bambini, con la stessa educatrice stabile, che non incontra altri gruppi di bambini, in modo che qualora ci fosse un contagio questo sia limitato».
Questa ipotesi prevede un lavoro di preparazione da parte del gestore del servizio, in questo caso Comune di Roma, per organizzare gli spazi e il pensiero educativo pedagogico. «Un altro aspetto è l’eventuale manutenzione delle strutture interne e degli spazi esterni, che spesso non sono in condizione di accogliere bambini. Siccome siamo alla fine di luglio c’è una grande preoccupazione: non si capisce come sia possibile essere pronti per i primi di settembre». In altre parti d’Italia, alcuni Comuni hanno fatto piccole sperimentazioni, con gruppi di bambini del nido e scuole dell’infanzia. «Sarebbe stata una possibilità anche per la città di Roma, per capire cosa sarebbe potuto succedere a settembre» ci spiega Antonia Labonia. «Come gestire le bolle, i gruppi di bambini, come fare il triage tutte le mattine, sarebbe stata una prova per capire quali sarebbero state le criticità. A Roma non è stata fatta questa scelta. Le graduatorie invece sono state sbloccate qualche giorno fa».
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