ROMA. ALL’AURELIO IL SOCIAL PARTY, DAL 20 AL 24 GIUGNO
Organizzato dalla rete di cittadinanza attiva Aurelio in Comune, si svolge alla Fattorietta. Per incontrasi e raccontare il territorio
20 Giugno 2018
Si chiama Social Party – Una festa per fare rete, e va in scena dal 20 al 24 giugno alla Fattorietta, in vicolo del Gelsomino 68 (una laterale di Via Gregorio VII), a due passi dalla cupola di San Pietro, nel 13° Municipio di Roma. Ma è una festa molto particolare: social va inteso soprattutto nel senso di “sociale”, cioè legato a tematiche del mondo della solidarietà, della partecipazione, della cura del territorio.
Social Party è infatti la festa di Aurelio in Comune, la rete per il contagio civico nata nel 2015 con l’obiettivo di promuovere una politica basata sulla partecipazione delle persone ai processi decisionali, sulla riconversione ecologica, sul contrasto alle discriminazioni. Il territorio in cui è attiva è il Municipio Roma 13, per capirci i quartieri Aurelio, Boccea, Monte Spaccato, Casalotti. «È una rete nata alla fine del 2015 da una serie di insofferenze del territorio rispetto al contesto generale dei quartieri, alla loro amministrazione», spiega Matteo Manenti di Aurelio in Comune. «È una rete che ha cominciato subito a ragionare sulle buone pratiche di cittadinanza e amministrative, e a sviluppare un meccanismo di rete con tutte le soggettività che condividevano un percorso, a prescindere dalla ragione sociale o da quella statutaria».
DAL COLLETTIVO AL CONNETTIVO. Aurelio in Comune è stata da subito molto attiva sul territorio. «Abbiamo organizzato raccolte di firme, campagne di sensibilizzazione, sostenuto proposte», racconta Matteo Manenti. «Abbiamo anche fatto un esperimento di lista civica alle scorse amministrative, dopo il quale abbiamo continuato a fare il nostro percorso, le nostre campagne sul territorio rispetto ai temi dei nostri quartieri».
Ci piace il fatto che si definisca una rete di “contagio civico”, come se la cittadinanza attiva e l’impegno per i diritti siano qualcosa che, una volta messi in circolo, non si fermino più, e contagino gli altri con l’entusiasmo e la partecipazione. «Il contagio civico secondo noi è questo: passare da un meccanismo di organizzazione come siamo abituati a conoscerla – dalle associazioni ai comitati di quartiere – a un discorso di connettività: noi diciamo sempre “dal collettivo al connettivo”, cercare di sviluppare il più possibile sinergie tra realtà che esistono sullo stesso territorio, cercando di darsi vicendevolmente forza per gli obiettivi che ci si propone».
LA POLITICA DEL FARE. È una nuova idea di politica, quella che si può definire la politica del fare, che non guarda alle ideologie e alla politica partitica (ma ai valori sì, quelli fondanti della Costituzione repubblicana ed antifascista, la libertà, l’uguaglianza e la solidarietà mutualistica). Guarda al bene comune del territorio e dei cittadini, alle istanze concrete. «Abbiamo formulato delle proposte, su cui stiamo raccogliendo le firme, rispetto alla gestione pubblica e partecipata degli spazi culturali del nostro Municipio», spiega Manenti. «Abbiamo portato avanti una campagna a favore dei richiedenti asilo del Centro di Accoglienza di via Aurelia, attraverso il ristorante Gustamundo, facendo delle cene in cui i ragazzi richiedenti asilo lavoravano, pagati, e imparavano il mestiere di cuochi e camerieri. E con il ricavato abbiamo finanziato dei laboratori di Legambiente nel Parco del Pineto, che è particolarmente segnato da alcune situazioni di abbandono». «Portiamo avanti la campagna Slot Mob, quella per cui si sostengono le attività commerciali che rinunciano alle slot machine» continua. «Ci siamo battuti per la rimozione del famoso manifesto pro vita che stava a Gregorio VII, perché era particolarmente offensivo nei confronti delle donne».
DALLA PROTESTA ALLA PRATICA. Sono tutte cose che hanno in comune un agire con buon senso. «L’idea è quella di passare dalla protesta non solo alla proposta, ma proprio alla pratica» ragiona Matteo Manenti. «Non dire solo quello che dovrebbe fare un’amministrazione, ma, nei limiti del possibile, realizzarlo per dimostrare che è fattibile. Altrimenti si entra nel meccanismo della campagna elettorale permanente per cui si dice: “perché non avete fatto quello?”. L’idea è quella di farle le cose, e questo apre la strada a chi vuole fare cose analoghe, e imprese che sulla carta appaiono irrealizzabili, con il famoso meccanismo di rete, mettendo in comune sinergie, professionalità e capacità, può essere realizzato. Il fatto di avere portato dei bambini delle elementari a fare dei laboratori grazie al contributo dei richiedenti asilo, al di là degli slogan, migliora la percezione sui richiedenti asilo nel territorio. E permette di restituire vita a un parco che, nelle cronache, viene definito come pericoloso».
Ad Aurelio in Comune si addice bene uno slogan come “Si può fare”, come lo “Yes, we can” di Obama. «L’idea è quella un po’ vecchia della carovana» ci risponde Matteo. «Si cerca di partire verso un orizzonte, di aggregare più compagni di strada possibile lungo il tragitto, cercando di concordare insieme a loro qual è la meta. L’idea è quella di puntare molto sulla pratica, sulla prassi, senza delegare ad altri la possibilità di realizzarla». Tra le realtà che mette in rete Aurelio in Comune ci sono Legambiente e l’associazione Dario Simonetti.
PENSARE GLOBALE, AGIRE LOCALE. Aurelio in Comune, come si capisce già dal nome, è una delle poche esperienze romane di questo tipo che nasce in uno specifico territorio, intrecciando la propria visione della società con le vertenze che attraversano i quartieri che lo compongono. «Molti di noi appartengono a quella generazione che è stata a Genova, e avevamo quel mantra che recitava “pensare globale e agire locale”: puoi mantenere un livello di contatto e di relazione con le persone se agisci su un livello che è molto circostanziato» ragiona Manenti.
«E facendo questo tipo di iniziativa in realtà riesci anche a parlare di temi che non riguardano il quartiere: noi stiamo sostenendo la questione curda». «Vogliamo cercare di sviluppare, a livello locale, di comunità territoriale, un modello che sia veramente inclusivo, partecipato per quanto riguarda le decisioni che vengono prese dai cittadini, e che sia quanto più aperto da ogni punto di vista, da quello dell’inclusione sociale, delle opportunità che possono esserci per le persone, soprattutto per i ragazzi che ci sono sul nostro territorio» continua. «Mantenere un approccio esclusivamente localistico può sembrare riduttivo, ma è la grande sfida che si vive dal nostro punto di vista».
IL RAPPORTO CON PARTITI E ISTITUZIONI. Aurelio in comune, per sua stessa definizione, è una soggettività un po’ ibrida. «I partiti politici e le forze strutturate sono ridotte a essere un comitato elettorale, per cui si attivano soltanto in occasione delle elezioni» riflette Manenti. «E tutto quel lavoro che trent’anni fa facevano è demandato completamente alle associazioni. Queste due realtà sono due rette parallele, che si incontrano quando ci sono dei bisogni reciproci: i partiti hanno bisogno di voti, le associazioni hanno bisogno di altro. Volevamo rompere questo meccanismo, per cui abbiamo sempre detto che essere una forza politica per noi è una definizione a 360 gradi: per noi è fare la politica impegnandoci tutte le cose che facciamo».
E qual è la percezione da parte delle istituzioni? «È negativa, veniamo visti come qualcosa di alternativo all’amministrazione», risponde Matteo. «Anche se questo non vuol dire che non ci siano rapporti».
DA ALINSKI A BARCELLONA. Un’esperienza come Aurelio in Comune nasce da modelli ben precisi. «Un modello a cui ci ispiriamo è Saul Alinsky, un sindacalista americano che negli anni Cinquanta fu uno dei principali organizzatori comunità afroamericane», spiega Manenti. «Era quello che ha partorito la teoria del community organizing e che, indirettamente, è stato anche il maestro di Obama e della Clinton. La sua idea risponde a un modello di organizzazione della società che non è più postfordista. I modelli di organizzazione, dalle associazioni, ai patiti, ai comitati di quartiere sono tradizionalmente piramidali, con presidente, segretario, direttivo e assemblea degli iscritti. In una società in cui i tempi di lavoro e di vita delle persone che fanno parte dello stesso gruppo non si conciliano più gli uni con gli altri, si punta sul community organizing: metti in relazione il parroco, il comitato di quartiere, il centro anziani, dove c’è la memoria storica. E organizzi la comunità secondo le loro richieste. Per noi questo è il modello di organizzazione che va costruito nei quartieri».
Un altro riferimento è recente, e viene da Barcellona. «Barcelona En Comù è la forma di organizzazione sociale e politica di riferimento, un movimento che dal basso riesce a essere un catalizzatore di energie. La spinta per la nascita di Aurelio in Comune è stata la vittoria elettorale di Ada Colao a Barcellona».
IL SOCIAL PARTY. La festa che va in scena dal 20 al 24 giugno alla Fattorietta, in vicolo del Gelsomino 68 (zona Gregorio VII, San Pietro) è un modo per raccontare il percorso di questi anni. E iniziarne di nuovi. La Fattorietta, uno spazio aperto che fa molti progetti con disabili e con richiedenti asilo, ed è uno spazio aperto per i bambini del quartiere. «Social Party, l’idea di Aurelio in Comune, è di realizzare alcuni giorni di aggregazione nel quartiere, dove normalmente non ci sono occasioni di questo tipo», spiega Manenti. «È sviluppata su appuntamenti a 360 gradi: attività per famiglie con bambini, laboratori, possibilità di interagire con gli animali. Ci saranno alcune presentazioni di libri, tra cui “Federico”, di Fabio Anselmo, l’avvocato di Federico Aldrovandi e Stefano Cucchi, che sarà presente insieme a Ilaria Cucchi (giovedì 21 alle 19). Faremo un confronto sulla liberalizzazione del trasporto pubblico locale (mercoledì 20 alle 19), con Riccardo Maggi dei Radicali, e Riccardo Pagani, del comitato per il no. Sabato 23 ci sarà un appuntamento abituale per la Fattorietta, la Festa di San Giovanni, legata alla vecchia tradizione dei fuochi nella Notte di San Giovanni. Domenica 24 ci sarà un tributo a Fabrizio De Andrè».
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