L’EUROPA CHE ATTRAE GLI UOMINI E LI TRADISCE È ANDATA IN SCENA A ROMA
BoleroEuropa, interpretato da attori migranti e italiani, racconta le speranze, il dolore e le delusioni di chi affronta il viaggio verso l'Europa
11 Dicembre 2018
“Inshallah” è un’espressione del mondo arabo che significa “Se Dio Vuole”. A volte viene utilizzata per salutarsi, altre volte – e sono le circostanze in cui conta di più – per augurarsi buon viaggio. Perché chi lascia la propria terra ed è costretto a migrare con la speranza di un futuro migliore si affida anche e soprattutto al Padre Eterno.
L’EUROPA TRADITRICE. Per farsi coraggio a vicenda si sono detti “Inshallah” anche gli attori che hanno interpretato BoleroEuropa al Teatro Furio Camillo di Roma: Riccardo Cananiello, Mohamed Kamara, Boutros Popos e Dreken Traore Daouda. Da venerdì 7 a domenica 9 dicembre hanno messo in scena un’Europa che seduce e attrae gli uomini – proprio come facevano le danzatrici del bolero, la danza spagnola del XVIII secolo – e poi li respinge brutalmente mostrando la sua faccia razzista, intollerante e violenta. La danza originaria prevedeva una pedana, attorno alla quale si radunavano gli uomini che, progressivamente e con l’aumentare del ritmo della musica, si facevano avanti per cercare di possedere la danzatrice che vi ballava sopra. I registi Valerio Gatto Bonanni e Gianluca Riggi, ideatori del progetto Black Reality (officina di teatro Sociale), sono partiti proprio da queste premesse musicali e visive per proporre il loro messaggio: la condizione dei migranti (Mohamed, Boutros e Daouda) in un sistema di accoglienza che esclude ed emargina invece di accogliere. L’Europa interpretata da un magistrale Riccardo Cananiello è bella e affascinante all’apparenza, ma diventa traditrice e sadica.
BOLEROEUROPA. Durante lo spettacolo gli uomini cercano di salire sulla pedana, su cui campeggia un cartello con la scritta “Lampedusa”, ma vengono costantemente respinti. Una, due, tre, quattro, cinque volte. Il ballerino ha una maschera della commedia dell’arte e il naso lungo da bugiardo, si muove con leggiadria in un ritmo sensuale e incalzante; danza con i tre stranieri e quasi sembra invitarli a partecipare, ma appena loro si sentono accolti e si avvicinano ecco che arrivano calci, pugni e schiaffi. Non c’è spazio su questa terra. Il ballo diventa così una lotta per la sopravvivenza, finché i migranti, sfiniti e umiliati, cadono a terra, forse morti.
Il monologo finale di Boutros, egiziano copto in Italia dal 2016, è un pugno nello stomaco. L’uomo racconta le drammatiche tappe di un viaggio: la fuga in gran segreto («Non hai tempo neanche di salutare i tuoi genitori»), le sofferenze del deserto, il rischio di essere scoperti e catturati a ogni frontiera, le violenze subite dalle bande criminali («scappi via per la libertà e torni a essere schiavo») e poi il mare aperto… e il rischio di non vedere più una terra. «E se arrivi sano e salvo? Devi pure ringraziare» dice Boutros. Alla fine è Riccardo (l’Europa) ad abbandonarsi a sé stesso, mentre i migranti si rialzano, ritrovano la forza e lo sorreggono. Rispondono alla violenza con l’umanità. Un’immagine simbolica che restituisce all’immigrazione la sua dignità culturale e sociale.
“BoleroEuropa” è l’ultima creazione del teatro sociale di Black Reality, un progetto dell’associazione SemiVolanti che si pone l’obiettivo di smascherare i pregiudizi e di farlo «come un cavallo di Troia, intrufolandosi nei dibattiti che animano e dividono l’opinione pubblica finché non esce allo scoperto e spazza via le discriminazioni», come ci aveva raccontato Bonanni un anno fa.
I VIDEO. La mission è stata chiara fin dal primo spettacolo del 2012: un reality show che raccontava al pubblico le vicende di alcune persone alle prese con il permesso di soggiorno. Gli spettatori avevano la possibilità di votare ed eliminare i concorrenti (gli attori). Dopo il reality c’è stato “Bianchi si nasce, neri si muore” del 2014 (la provocazione fu far immergere degli italiani in una cultura diversa dalla loro), poi The black is the new black” (che raccontava la nuova odissea dei migranti spostati come pacchi da trasporto da un centro di accoglienza all’altro) fino ad arrivare ai “tutorial per Migranti”, dei mini video oubblicati su Youtube che spiegano, con il format dello sketch, come rispondere alle convinzioni dei razzisti.
L’INTEGRAZIONE È DIFFICILE. I ragazzi protagonisti dei laboratori teatrali provengono soprattutto da Eritrea, Somalia, Siria, Marocco, Egitto e arrivano dagli SPRAR di Roma e dai centri di accoglienza della regione. Mohamed Kamara fa parte di questo progetto dal primo giorno. È arrivato in Italia nel 2011 dalla Sierra Leone, è un sarto e di recente si è iscritto all’università di Roma 3 per diventare mediatore culturale. Daouda proviene dal Mali e si trova nel nostro Paese dal 2014. Oggi lavora in un fast food, dove si occupa delle pulizie. «Questi ragazzi cercano di integrarsi, ci hanno raccontato Riggi e Bonanni, «ma il loro futuro è incerto e il clima di odio nei confronti degli immigrati non aiuta di certo. In BoleroEuropa abbiamo utilizzato una commistione di generi, dalla danza alla commedia dell’arte, ma siamo andati all’essenziale, con un messaggio forte e al tempo stesso semplice: l’Europa seduce, mostra un’immagine di sé stessa attraente e poi non accoglie».
LE PROSPETTIVE. Nelle tre giornate al piccolo teatro Furio Camillo (poco più di 80 posti) hanno partecipato circa 200 gli spettatori. «Vorremmo portare BoleroEuropa un po’ in giro – hanno concluso i due registi – aumentando la nostra platea. Non dobbiamo raccontare queste storie solo a chi ci conosce già o è già sensibile alla tematica. Vogliamo andare tra la gente». La prossima idea è già sul tavolo: «Ci piacerebbe sperimentare il teatro invisibile, una forma di rappresentazione messa in scena in luoghi pubblici, dove gli attori sanno di essere attori ma il pubblico non sa di assistere a uno spettacolo». Raccontare l’immigrazione è davvero una sfida continua.