BOVILLAE: UN PATRIMONIO DA SALVARE
Nella zona di Marino c'è un'area archeologica minacciata dall'abusivismo. Il processo è in corso, e intanto Legambiente ha lanciato una petizione
29 Dicembre 2015
Situata fuori dai confini della capitale, al XII miglio della via Appia Antica, la zona dove sorgeva l’antica cittadina latina di Bovillae, ora comunemente identificata in Frattocchie nel comune di Marino, è un’area archeologica di grande interesse storico-culturale che rischia di sparire sotto i colpi di vari abusivismi edilizi.
Dalla distruzione della mitica Alba Longa sotto il regno di Tullio Ostilio, l’antica colonia di Bovillae divenne poi municipio romano in età sillana, ma la sua storia acquisì una certa rilevanza prima a livello commerciale, grazie alla costruzione della famosa Via Appia attorno al 312 a.C. prima, e poi in età imperiale quando Tiberio nel 17 d.C. la trasformò in luogo di memoria del suo più illustre predecessore Augusto.
Divenuta dunque la città sacra al culto della Gens Iulia con la costruzione dell’edificio dei Sodales Augustales (sacerdoti dediti al culto del divo Augusto), Bovillae fu ridisegnata in scala monumentale dai romani: dagli scavi effettuati nell’Ottocento furono rinvenuti un grande circo per le corse dei cavalli con annesse delle tribune (il terzo per dimensione nell’antica Roma), un teatro adiacente allo stadio e numerose altre strutture imperiali non ben identificate scovate nelle zone vicine di Due Santi (sempre nel comune di Marino) e sulla Via Nettunense.
Il patrimonio unico di Bovillae e l’abusivismo
Lo status di patrimonio archeologico dell’antica Roma sepolto sotto la collina di Bovillae fu riconosciuto quasi subito sin dai primi scavi del 1823 ad opera di Giuseppe Tambroni, i cui reperti furono interpretati e mappati a metà Ottocento da Luigi Canina, quando fu in possesso dei dati completi dello scavo.
L’unicità dei reperti di Bovillae da salvare sta invece nel fatto che mai prima d’ora, in tutti gli scavi riguardanti l’impero romano, erano state rinvenute le vestigia dei Carceres, ovvero i box dove alloggiavano e da dove partivano i cavalli nella vorticosa corsa attorno al tracciato ellittico del circo.
Nonostante questa importante scoperta e un vincolo paesaggistico e archeologico d’inedificabilità assoluta posto con D.M. nel 1967, nessuno si occupò mai di proteggere di fatto questo patrimonio dall’abusivismo edilizio che sta distruggendo pian piano ciò che giace sotto di Roma antica. Infatti l’area dei ritrovamenti appartiene a dei privati da sempre, i quali hanno sempre concesso la visita ai reperti. Quando nel 2010mfu acquistata dagli attuali proprietari, la situazione è mutata drasticamente e sono iniziati gli abusi edilizi. Nessuna istituzione statale si è mai offerta di rilevare quell’appezzamento di terreno per salvare le preziose vestigia dei carceres, nonostante l’indignazione di molti archeologi come Manlio Lilli o le petizioni su Change.org lanciate da Legambiente Appia Sud, l’unico ente che negli anni ha mantenuto alta l’attenzione sul problema sin dal 1988, e dirette al ministro Dario Franceschini.
Già nel 2010, il nuovo proprietario della zona archeologica chiese di sostituire un tetto di un pollaio adiacente ai carceres, dichiarato esistente prima del 1967 (ma l’esistenza è smentita da foto aeree del 1972). L’ufficio concessioni edilizie del comune di Marino ha rilasciato la licenza, smentendo di fatto il vincolo ministeriale che vieta qualsiasi attività edilizia. Il risultato è che, a oggi, il pollaio è scomparso e al suo posto sorge un villetta in cemento armato, adiacente ai carceres del circo, e si teme che le fondamenta abbiano irrimediabilmente intaccato il sottostante edificio dei Sodales Augustales.
Il processo e la situazione odierna
Nel 2011, all’inizio dei lavori di ristrutturazione nell’area archeologica, un consigliere della giunta di Marino ha presentato un’interrogazione per fare chiarezza in merito all’attività dei privati sull’area vincolata: la risposta del Consiglio fu però evasiva. Nello stesso anno, un cittadino che abita a poca distanza dallo scempio in atto in via delle Giostre, ha fatto un esposto alla Procura della Repubblica che ha avviato un’indagine lunga 4 anni, coinvolgendo anche diversi esperti urbanistici e dei beni culturali.
Si arriva dunque al 2015: nel corso dell’anno ci sono state 4 udienze preliminari per stabilire davanti al Gup la solidità dei fatti oggetto del procedimento. Il 29 Ottobre, il Giudice dell’Udienza Preliminare, la dottoressa De Angelis del Tribunale di Velletri, ha rinviato a giudizio tutti e 7 gli imputati. Oltre ai proprietari e al loro tecnico di parte, sono infatti stati rinviati a giudizio anche il dirigente, due funzionari e un consulente dell’Ufficio Urbanistica del Comune di Marino. Al processo si è costituita parte civile anche Legambiente Lazio, su sollecito del loro circolo Appia sud “Il Riccio” che ha diffuso la nota: « è una vittoria di associazioni e cittadini. Ora si entri nel merito e si accertino le responsabilità. Chi ha permesso un tale scempio del patrimonio storico, archeologico e culturale del paese ne paghi le conseguenze. Il prossimo 16 febbraio sarà l’inizio di un processo complicato, bisognerà infatti smascherare responsabilità e muoversi nel ginepraio dei regolamenti edilizi delle varie Amministrazioni. Ci auguriamo che, nel frattempo, il Commissario Prefettizio di Marino, dottoressa Enza Caporale, tra i vari impegni per ritornare ad una sana gestione, trovi il tempo di ricevere una nostra delegazione su questo argomento scottante, che riporta in cronaca “le leggerezze” di alcuni dei pezzi organici della passata gestione amministrativa del Comune di Marino».
Appuntamento a febbraio per gli sviluppi della vicenda. Questo scempio va fermato, c’è un patrimonio da salvare.