GIANNI CONTI, UNA STORIA DA NON DIMENTICARE
Un sergente dell'aeronautica, morto a 23 anni. La mamma, che ancora cerca la verità, ha fondato l'associazione Anavafaf
di Redazione
28 Giugno 2019
Domenica 23 Giugno 2019 ricorrevano i 40 anni della morte di Gianni Conti. Un nome che pochi ricordano, anche se della sua storia si è parlato molto, in quel 1979: era un giovane come tanti, aveva 23 anni ed era sergente dell’Aeronautica, nella quale aveva scelto di entrare per coltivare il suo sogno di diventare pilota. Nella notte tra il 22 e il 23 giugno c’era un ricevimento, con ufficiali e ospiti illustri, nella piscina dell’aeroporto di Vicenza. E proprio quella notte Gianni è morto: annegato in piscina, secondo le versioni ufficiali, picchiato a morte e poi buttato nell’acqua secondo la madre e secondo l’autopsia.
LA CERIMONIA. Domenica, nei giardini di Piazza Italia a Colleferro, c’è stata una cerimonia di commemorazione, cui hanno partecipato il sindaco Pierluigi Sanna, altri rappresentanti dell’Amministrazione, dei carabinieri, le associazioni del territorio. E se si è svolta è perché Concetta Conti Proietti, madre di Gianni, non si è mai rassegnata a non sapere la verità sulla morte del figlio. Alla versione ufficiale non poteva credere, anche perché conosceva l’avversione del figlio all’acqua di mare e delle piscine, dovuta a un trauma infantile, tant’è che Gianni Conti non sapeva neanche nuotare. Sicuramente, dunque, non si era tuffato. E così, nel cercare la verità, scoprì che il suo caso non era l’unico, che c’erano altre mamme, altre famiglie che avevano perso i figli nelle caserme – spesso erano soldati di leva – per incidenti, suicidi, episodi mai chiariti. Militari vittime in tempo di pace.
I CADUTI IN TEMPO DI PACE. Nel 1983 fondò quindi un’associazione: Anavafaf (Associazione Nazionale Assistenza Vittime Arruolate nelle Forze Armate in tempo di pace e Famigliari dei Caduti), il cui scopo era quello tutelare le vittime e le loro famiglie, prevenire altri “incidenti” e limitare il numero dei morti nelle Forze Armate in tempo di pace. Tutto questo con l’aiuto determinante dell’onorevole Falco Accame, che è stato presidente della Commissione Difesa della Camera ed è ancora oggi presidente di Anavafaf.
Mamma Concetta si dice contenta della cerimonia di domenica, della risonanza, della partecipazione, «anche se non c’era la Ministra Elisabetta Trenta, a suo tempo invitata», puntualizza. «In 40 anni non sono riuscita a sapere la verità. O meglio, l’ho saputa per vie informali, mai dalle autorità. Sono stati 40 anni difficili: ho dovuto affrontare perfino tribunali che mi hanno condannata, invece che accertare la verità e trovare i colpevoli. Se devo dire la verità, ci spererei ancora di saperla, la verità, ma ho paura di non farcela. Per questo sono arrabbiata con la giustizia».
La verità mamma Concetta non l’ha ottenuta, ma in questi decenni Anavafaf di battaglie ne ha fatte tante: «abbiamo scoperto tante cose, fatto conoscere tante storie, e abbiamo dato fastidio. In vent’anni di pace abbiamo contato 10mila morti – come emerso già durante il convegno “Le vittime di guerra in tempo di pace” del 5 Maggio 2011 in Senato – e nella maggioranza dei casi la verità non si sa.» C’erano quelli che rimanevano vittime dei vaccini; quelli che si ammalavano e venivano rimandati a casa senza risarcimenti; quelli che subivano violenze; quelli che si suicidavano… Sicuramente un tema su cui l’associazione si è impegnata con coraggio è stato il lavoro di denuncia dei tanti militari che si sono ammalati o che sono morti, negli anni, perché venuti in contatto con l’uranio impoverito, senza le precauzioni che sarebbe stato necessario adottare… Negli anni Anavafaf ha accumulato competenze, è diventata un vero e proprio osservatorio, ha elaborato proposte legislative.
Adesso purtroppo l’associazione è in crisi perché, spiega Concetta, «coloro che sono stati con noi in questi anni – perché avevano perso figli, fratelli, mariti – stanno invecchiando o sono morti. Avremmo bisogno di aiuto, abbiamo bisogno di trovare altri volontari.» E chissà che non ci sia qualcuno disposto a raccogliere questa eredità.
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Le immagini di questo articolo sono tratte dalla pagina Facebook del Comune di Colleferro.