CAMPI ROM. DOPO IL DELITTO UNA FIRMA, PER CERCARE IL DIALOGO
È solo un foglio scritto a mano, ma documenta la voglia dei Rom del campo di Via Salviati di avere un dialogo con l'Amministrazione. Come l'Europa chiede
23 Dicembre 2016
È di qualche giorno fa la notizia della morte di Zhang Yao. La giovane studentessa di origine cinese era stata scippata dopo aver ritirato il permesso di soggiorno in Italia per motivi di studio nel centro immigrazione della Questura in via Patini, nel quartiere di Tor Sapienza, a Roma. Nella rincorsa per cercare di recuperare la borsetta, Zhang Yao è finita investita da un treno in transito. Dalle indagini è emerso che i colpevoli dello scippo sono tre giovani del campo rom di via Salviati.
Una tragica notizia che non poteva che riaprire le polemiche sui campi rom e ha portato anche gli abitanti del quartiere a chiedere lo sgombero del campo. Ma è successo qualcosa di diverso: la firma di un accordo con il Comune di Roma per l’apertura del tavolo previsto dalla Strategia nazionale di Inclusione di Rom, Sinti e Camminanti che l’Italia ha ratificato con l’Unione Europea nel 2012. Una firma che è un precedente. Abbiamo chiesto a Gianni Carbotti, dell’associazione Amnistia Giustizia e Libertà, una delle firmatarie dell’accordo, che cosa è successo davvero e , soprattutto, quali conseguenze e potenzialità ha questo documento.
La vicenda di Zhang Yao ha soffiato di nuovo sul fuoco della discriminazione e ha creato preoccupazione, tanto che si è di nuovo invocato lo sgombero del campo…
«Diciamo le cose come stanno: Zhang Yao è stata scippata, ha inseguito gli scippatori, che erano abitanti del campo, in una zona isolata vicino ai binari del treno nel tentativo di recuperare la sua borsa. È finita sul ponte ferroviario ed è stata investita. L’incidente, purtroppo, è stata una tragica fatalità, che poteva accadere in una qualunque altra strada. Ma quella che si è scatenata nei giorni seguenti è stata una vera e propria strumentalizzazione volta ad alimentare odio razziale.
È già successo in passato, ad esempio, nel caso del tragico omicidio di Giovanna Reggiani, che fu stuprata, pare, da un ragazzo di origine rumena, che abitava in un campo, ma non era di etnia rom. Quello fu lo spunto per il Piano Nomadi di Alemanno, che in quel periodo era in campagna elettorale e strumentalizzò l’episodio per ricevere consensi. Una strumentalizzazione che, anche in questo caso, è stata subito recepita dai giornali, e dai media in genere, di destra e non e, a mio parere, anche da alcuni comitati del quartiere di Tor Sapienza, nella speranza che fosse la volta buona per convincere il Comune allo sgombero. Uno sgombero peraltro non facile perché lì abitano 600 persone, che non si spostano dall’oggi al domani. Questa è stata la politica fallimentare degli ultimi vent’anni di questione rom: prendere sempre le stesse persone da una parte e spostarle in un’altra, creare un nuovo campo, che col tempo viene abbandonato a se stesso e, con un livello di servizi insufficiente, diventa un luogo degradato. Poi la gente grida allo sgombero, la politica cavalca il malcontento per farsi propaganda e così via. Con tutto il corollario di speculazione economica, che abbiamo visto con MafiaCapitale. Anche in questo caso non hanno fatto altro che mettersi in azione meccanismi già consolidati. Come associazione Amnistia Giustizia e Libertà ci siamo dedicati all’aspetto giuridico della vicenda. L’associazione Nazione Rom era già in contatto con la comunità del campo, ne aveva registrato le paure e le preoccupazioni anche dopo che i ragazzi si erano costituiti alle forze dell’ordine. Perché anche questo va detto: la comunità ha fatto una riunione dopo il ritrovamento del corpo della ragazza e ha convinto due dei tre ragazzi coinvolti a costituirsi e a raccontare una versione realistica dei fatti alle forze dell’ordine (è di oggi la notizia per cui si è costituito spontaneamente anche il terzo dei ragazzi implicati, ndr) . Con il persistere di questo clima di intimidazione, Nazione Rom, insieme a noi, ha chiesto un incontro con l’amministrazione comunale al campo per discutere il problema. E anche questa iniziativa è stata strumentalizzata dai media: ad esempio, “Il Giornale” di Sallusti titolava qualcosa come “A Tor Sapienza i Rom la vincono sullo Stato”, presentando questa come la proposta choc della Giunta Raggi.. Non si tratta, naturalmente, di niente di tutto ciò: l’incontro è stato un evento molto positivo in sé, un primo passo, una dichiarazione anche di buona volontà, di ricerca di dialogo da parte dell’amministrazione, ma bisogna stringere anche i fatti a quello che sono».
Ecco, spieghiamo cosa è accaduto.
«In rappresentanza dell’amministrazione capitolina, all’incontro è venuto Lorenzo Botta, vice comandante del Gruppo Sicurezza pubblica ed emergenziale della Municipale, che ha chiesto quali fossero le richieste della comunità del campo e di noi associazioni in modo da formalizzarle in un verbale che avrebbe consegnato al Gabinetto del Sindaco, affinchè il Comune ne prenda atto ufficialmente. Noi abbiamo richiesto, come stiamo facendo da anni, che il Comune apra il tavolo previsto dalla Strategia Nazionale di Inclusione di Rom, Sinti e Camminanti che l’Italia ha ratificato con l’Unione Europea nel 2012 e che prevede percorsi di superamento dei campi e di integrazione basati sui quattro pilastri principali di lavoro, salute, scuola e casa e un ampio piano di finanziamenti – parliamo di miliardi di euro – stanziati a questo scopo.
Quindi la lettura secondo cui verrebbero tolte le case agli italiani che ne hanno diritto per darle ai rom è una narrazione fasulla e strumentale. Anni fa, la prima volta che intervistai Moni Ovadia mi disse: “Bisogna cambiare la narrazione, far capire alle persone che ci sono fondi europei stanziati per i rom che l’Italia può ottenere soltanto se pratica percorsi di un certo tipo concordati con l’Europa per il superamento dei campi rom e la sistemazione dignitosa di queste persone. Questi soldi non possono essere usati per altri scopi. Quello che le amministrazioni devono fare è far capire alle persone che questa strategia non toglierebbe alcunché ai cittadini, non interverrebbe sulle graduatorie delle case popolari, ma anzi permetterebbe di risolvere questa annosa questione senza spendere un centesimo di fondi pubblici”. In questi anni ne abbiamo sentite di tutti i colori, ci sono stati gruppi di associazioni che hanno proposto di utilizzare i soldi spesi per i campi per il loro superamento. Niente di tutto ciò: il superamento dei campi deve avvenire utilizzando i fondi europei. Posto che l’Italia è uno dei principali finanziatori dell’Unione Europea, se questa stanzia fondi per risolvere un problema che è diventato molto sentito perché non utilizzarli? Per continuare a speculare e a dare gli appalti in deroga?»
Perché, secondo lei?
«È una domanda retorica. Basta ricordare le ultime due sindacature, senza necessariamente risalire a Veltroni e Rutelli, che in fondo li ha creati i campi rom – quello di via Salviati è una sua creazione -. Alemanno ha speso 60 milioni di euro soltanto di fondi dell’Emergenza Rom dichiarata dal Governo Berlusconi, poi dichiarata illegittima dal Consiglio di Stato nel 2011. Dove sono finiti questi soldi? Senza contare i soldi degli sgomberi, ognuno dei quali costa circa 150mila euro e l’Ama, che deve intervenire per le operazioni di pulizia. Parliamo di decine e decine di milioni di euro. Dove sono finiti visto che i campi rom sono persino peggiorati dopo che alcuni servizi sono venuti a mancare con la paura di dare nuovi appalti del dopo MafiaCapitale? Marino ha speso 24 milioni di euro l’anno per la gestione ordinaria dei campi: entrando in un campo rom, ancor di più nei cosiddetti “villaggi della solidarietà”, ci si chiede davvero per cosa siano stati spesi quei fondi. C’è un indotto economico, di gente che vive, di associazioni, di cooperative che hanno mangiato su questi fondi erogati sempre in deroga, sempre in modo poco trasparente. È ora di fare un passo diverso».
Lorenzo Botta ha firmato il documento in rappresentanza della sindaca Raggi e dell’assessora alle Politiche sociali Laura Baldassarre. Una firma che crea un precedente…
«È un foglio scritto a mano in cui il comandante Botta ha registrato le nostre richieste e che è stato firmato dallo stesso Botta, da Naho Adzovic, in quanto membro più vecchio del campo di via Salviati, da me, per Amnistia Giustizia e Libertà e da Marcello Zuinisi, rappresentante di Nazione Rom. Un documento che non è giuridicamente vincolante, ma è una condivisa assunzione di responsabilità: abbiamo fatto presenti le richieste e le necessità di quel campo all’amministrazione, che le ha recepite. Credo sia un buon punto di partenza. Ne siamo contenti.
Ripeto, dal punto di vista del diritto non è vincolante, ma dimostra una presa di responsabilità. Abbiamo chiesto che il Comune rispetti gli impegni che l’Italia si è assunta con l’Europa nel 2012 per la Strategia, che il Governo Renzi ha prorogato fino al 2020. Abbiamo solo chiesto che il Comune avvii progetti in linea con questa normativa, una norma che ci siamo dati noi. Ora sta all’amministrazione trasformare queste istanze in progetti. Il punto è sempre uno: con Alemanno i Rom furono schedati per nazione di provenienza, per età, abbiamo rischiato che venissero schedati anche per colore degli occhi e lunghezza del naso, un po’ stile Mengele. Al di là della propaganda, nei campi rom ci sono circa 8mila persone: sgomberarli da un punto per metterli in un altro non fa che generare nuovo degrado e nuovi problemi. Lo sgombero cos’è, vendetta sociale?»
Quali conseguenze avrà questa firma, anche per le altre associazioni di Rom e le organizzazioni che si occupano del tema?
«La Strategia nazionale parla di tavoli istituzionali a cui devono sedere i membri delle istituzioni, le associazioni di settore con il loro know how – e ce ne sono molte che lavorano in modo trasparente e virtuoso – e i rappresentanti delle comunità. Quello è il problema di fondo rispetto a cui non è mai stata attuata la Strategia nazionale: nessuno ha mai chiamato i rom ad auto-rappresentarsi. Perché ai tavoli non devono stare i rappresentanti legittimi scelti dalle popolazioni, se la stessa Strategia prevede anche che si istituisca un Forum all’interno delle comunità da cui devono essere selezionati i portavoce? Se le associazioni saranno trasparenti e avranno progetti interessanti, potranno sedersi al tavolo con l’amministrazione e i rappresentanti delle comunità. Quello che è realmente preoccupante è che, negli anni, sono stati dati tanti appalti e affidamenti in deroga in modo poco chiaro alle associazioni. Invece è bello sedersi e decidere tutti insieme con chiarezza e nel rispetto delle normative UE».
Quale sarà ora il prossimo passo?
«Continueremo a cercare il dialogo con l’amministrazione, l’apertura del tavolo ed il rispetto della normativa europea. Una cosa è certa: da quando ho cominciato ad entrare nei campi rom una delle domande che ci veniva rivolta più di frequente era: “Conosci qualcuno che mi può assumere? Anche un lavoro stagionale? E qualcuno che ha bisogno di un aiuto nelle pulizie a casa? Mia moglie è bravissima”. I Rom vogliono integrarsi, cercano un lavoro e una posizione stabile. Come tutti».