CARCERE: È DAVVERO LA SOLUZIONE AI NOSTRI PROBLEMI?
I detenuti aumentano di poco, gli stranieri diminuiscono, il sovraffollamento resta. Ma il carcere non è l'unica via. Le venti proposte di Antigone
31 Luglio 2018
I detenuti nelle carceri italiane sono 58.759, con un aumento di 672 unità negli ultimi mesi. Numeri in crescita, quindi, ma di poco. Nei primi mesi del 2018 gli ingressi dalla libertà sono stati 24.380. Sono questi i primi dati forniti ieri dall’associazione Antigone durante la presentazione del rapporto di metà anno. Una fotografia di problemi aperti, contraddizioni, allarmismi infondati che, per Antigone, si può superare, iniziando da un’informazione corretta e dal non considerare il carcere come l’unica via.
IL SOVRAFFOLLAMENTO resta un problema. All’aumento dei detenuti non corrisponde, tuttavia, un aumento degli ingressi dalla libertà, in calo, anzi, rispetto allo stesso periodo del 2017. Allora perché? Il 33,4% dei detenuti è in custodia cautelare. La metà non ha avuto neanche un primo provvedimento di condanna. L’attività criminale pesa meno, ma la custodia cautelare dura di più, le pene sono più lunghe e, soprattutto, non si investe sulle misure alternative. «Il carcere viene presentato come l’unica soluzione possibile», ha spiegato Patrizio Gonnella, presidente nazionale Antigone. «Abbiamo 8.127 detenuti in più rispetto alla capienza regolamentare, ma la soluzione non è costruire nuove carceri. Ci vogliono soldi (35 milioni di euro per un istituto che ospiti 250 detenuti, 125mila euro a posto letto) e tempo. Le misure alternative, l’esecuzione penale esterna, la messa alla prova costano meno e sono più utili in termini di abbattimento della recidiva».
LA VITA DENTRO. Antigone negli ultimi 4 mesi ha visitato 30 carceri italiane, diverse per tipologia e ubicazione. Più della metà si trova in aree extraurbane, nel 13,3% mancano del tutto i trasporti pubblici e nel 90% non è possibile un collegamento Skype. Nel 20% non sono garantiti i 3 metri quadri a detenuto richiesti dalla Corte Europea dei Diritti Umani e in oltre il 73% i giovani con meno di 25 anni vivono insieme agli adulti. In quasi un quarto delle strutture mancano aree verdi per i colloqui o l’accesso alla palestra, nel 10% manca del tutto uno spazio di socialità e in oltre il 75% mancano luoghi di culto per i detenuti non cattolici. Nel 63,3% delle carceri ci sono celle senza doccia, nel 13,3% non entrano ministri di culto diversi da quello cattolico, in oltre il 60% degli istituti non esistono spazi per la disabilità. Quasi ovunque manca una mensa dove poter mangiare insieme.
In media c’è un educatore ogni 69 detenuti (a Rieti uno su 200) e un volontario ogni 4,9 detenuti, mentre c’è un agente ogni 1,7 detenuti.
Solo il 4,8% dei detenuti negli istituti visitati segue un corso di formazione professionale e solo il 20% frequenta attività educative e scolastiche.
I disagi psichici sono le patologie più diffuse e si fa un uso costante degli psicofarmaci, panacea per un problema che resta irrisolto (in alcuni istituti ne fa uso la metà della popolazione carceraria). Gli psichiatri sono 8,9 ogni 100 detenuti, con un servizio assistenziale che è deteriore rispetto al “fuori”.
LE MISURE ALTERNATIVE. Oggi in Italia i detenuti in misura alternativa sono 28.621 (16.554 in affidamento in prova al servizio sociale, 11.159 in detenzione domiciliare, 908 in semilibertà, secondo i dati forniti dall’associazione). Ma potrebbero essere quasi il doppio, contando che avrebbero diritto ad accedervi anche gli attuali 21.807 detenuti a cui resta una pena inferiore ai 3 anni. Quasi 7500 persone sono impiegate in lavori di pubblica utilità. «La messa alla prova», ha ribadito Gonnella, «non è uno svuota carceri, ma una grande occasione, è risolvere la recidiva. Ma va fatto bene».
NON C’È NESSUNA EMERGENZA STRANIERI, così come non c’è emergenza sicurezza collegata agli stranieri. Anzi, il tasso di detenzione degli stranieri in Italia è diminuito di oltre 2 volte negli ultimi 10 anni (dallo 0,71 del 2008 siamo passati allo 0,33 di quest’anno) e i detenuti stranieri sono diminuiti in termini assoluti rispetto al 2008. In questo senso Antigone ribadisce l’importanza del patto di inclusione: tanto più una comunità diventa parte dell’economia e della società italiana, tanto più diminuisce il rischio per i suoi membri di delinquere. Gli stranieri extracomunitari regolari in carcere sono, spiega Antigone, tanti quanti i detenuti nati in Lombardia: 3mila detenuti (il 5% del totale) nelle carceri italiane sono immigrati regolari non europei. I detenuti di origine lombarda sono 2.966. I detenuti con regolare permesso di soggiorno e quelli comunitari sono 8mila, più o meno quanti i 7.546 di origine siciliana. Tra l’altro dai dati emerge che gli stranieri commetto reati meno gravi degli italiani (è straniero il 44.64% dei detenuti con una pena inferiore a un anno).
LE PROPOSTE. Antigone ha elaborato una serie di proposte che puntano alla pluralità del sistema sanzionatorio, alla residualità del carcere, al rispetto della dignità dei detenuti.
DIGNITÀ E DIRITTI DEI DETENUTI. Serve un sistema penitenziario fondato sulla dignità, fondamento del sistema dei diritti.
LO STAFF PENITENZIARIO. Occorre ricambio generazionale, formazione permanente e mobilità volontaria dopo un certo numero di anni.
LIMITI ALL’ISOLAMENTO PENITENZIARIO, pratica da ridurre al minimo e giurisdizionalizzare al massimo, escludendola per alcune categorie di detenuti (come nel caso dei minori).
LISTE DI ATTESA. Nessuno deve entrare in un carcere se non è garantito lo spazio vitale, così come stabilito dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
DETENZIONE ORDINARIA A REGIME APERTO. La detenzione deve ispirarsi ai principi di normalità e responsabilizzazione, riducendo i regimi diversi da quello ordinario.
CODICE ETICO DI CONDOTTA PER LE FORZE DI POLIZIA. Occorre implementare nel nostro ordinamento quanto stabilito dalla Risoluzione 34/169 del 1979 delle Nazioni Unite, vero e proprio codice di condotta per le forze dell’ordine, Polizia Penitenziaria compresa.
I DETENUTI LGBTI. Occorre evitare ghettizzazioni, prevedendo la formazione del personale e norme adeguate per le assegnazioni.
MISURE ALTERNATIVE. Occorre ampliare le possibilità di accesso ai benefici penitenziari e alle misure alternative , fondamentali per contrastare la recidiva, rivedendo le preclusioni.
L’ISTRUZIONE. Antidoto contro la recidiva, l’istruzione deve essere garantita al massimo, fino al livello universitario.
IL LAVORO. Va sempre assicurato e retribuito in modo dignitoso.
IL VOLONTARIATO. Decisivo per una buona reintegrazione sociale, il volontariato non deve essere considerato l’ultima ruota del carro.
RELAZIONI UMANE E INTERNET. Oggi le relazioni affettive sono ridotte al minimo, le telefonate contingentate, l’accesso alla tecnologia praticamente assente. Il carcere deve, invece, riprodurre la vita normale in vista del futuro reinserimento.
LA SALUTE PSICHICA. La grave patologia fisica e la grave patologia psichiatrica dovrebbero essere equiparate sul piano normativo e delle conseguenze sanzionatorie.
I DIRITTI DEI DETENUTI STRANIERI. Manca nella legge del 1975 una norma dedicata ai detenuti stranieri, ai loro bisogni e diritti.
I MINORENNI. Minori e giovani adulti non possono essere trattati come gli adulti. Occorre inserirli in contesti a vocazione educativa e mai soltanto punitiva.
LE DONNE DETENUTE devono uscire dal silenzio normativo in cui sono costrette, evidenziandone bisogni e diritti.
A FINE PENA NESSUN LIMITE ALLA REINTEGRAZIONE SOCIALE. La riabilitazione deve ottenersi automaticamente alla fine della pena espiata.
LA RELIGIONE. La presenza di detenuti di religioni diverse impone cambiamenti normativi che assicurino piena uguaglianza tra le religioni e il rispetto della libertà di culto.
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Immagine di copertina Antigone