CATERING 24: CON LA BUONA CUCINA PUNTIAMO A UN FUTURO DIVERSO
Catering 24 è il progetto della Comunità XXIV Luglio di L’Aquila nato per creare percorsi di inserimento lavorativo per persone con disabilità. «Siamo partiti in quarta, il nostro cavallo di battaglia sono le pallotte cacio e ova!»
24 Gennaio 2023
Le pallotte cacio e ova, prima di tutto. E poi la lasagna, il timballo, il roast beef alle prugne o alle mele. E la pizza fritta che non può mancare mai. Sono alcune delle specialità abruzzesi proposte da Catering 24, il progetto della Comunità XXIV Luglio di L’Aquila, nato per sviluppare conoscenze e abilità gastronomiche e per creare percorsi di inserimento nel mondo del lavoro per persone con disabilità. Catering 24 nasce in risposta a un bando della Regione, «anche se ci pensavamo già da qualche anno» spiega Anna Romano, progettista sociale e responsabile del centro diurno della Comunità.
«L’obiettivo è sempre stato quello di cercare di creare un futuro diverso rispetto al trascorso in associazione, soprattutto per le persone molto giovani che frequentano la Comunità e, alla fine del circuito scolastico, restano disorientate perché, oltre alla proposta associativa, in questo territorio non c’è altro. La Comunità XXIV Luglio cerca di attivare processi di formazione e informazione sul mondo del lavoro in diversi ambiti. Negli anni Novanta e nei primi Duemila andavano molto di moda i corsi sulla lavorazione della ceramica e del legno: alcune delle persone hanno fatto quel tipo di percorso, che, però, si è arenato solo su una base formativa e non ha avuto sbocchi lavorativi». «Dal post terremoto la Comunità ha avuto diverse persone nuove che frequentano il centro diurno con esigenze nuove», continua Anna Romano. «Si trattava di leggerle e interpretarle attraverso la ricerca finanziamenti su una progettazione a lungo termine. Parliamo di inserimento lavorativo: l’obiettivo finale è quello. Per quanto riguarda il tipo di attività e il percorso che ognuno fa, cerchiamo di calarlo su un gruppo di persone interessate. In questo momento il settore che offre più opportunità è la ristorazione, il catering. Questo mondo ha sempre affascinato molti volontari. Ci siamo detti che dovremmo fare in modo che i nostri momenti conviviali siano vissuti dalla città perché sono momenti belli, di condivisione vera». «Il progetto nasce da una lettura dei bisogni condotta dall’associazione e da un bando della Regione Abruzzo rivolto al Terzo Settore, che non era un bando sulla disabilità» aggiunge. «Così uno degli obiettivi di Catering 24 è creare una realtà parallela all’associazione, un’impresa sociale che possa mettere a punto uno sviluppo dell’idea imprenditoriale. La cosa non è ancora compiuta perché siamo in fase di formazione, anche se abbiamo già sperimentato diversi servizi di catering. Abbiamo puntato sull’impegno di cinque ragazzi adulti che si stanno formando al servizio sia di preparazione, cucina e gastronomia, sia al servizio di presentazione del catering in loco».
Raggiungere anche chi non frequenta l’associazione
Per i lavoratori di Catering 24 è stata quella che si definisce una partenza in quarta. In circa quattro mesi hanno già offerto il loro servizio a feste di laurea, eventi, festival e fiere, suscitando molte reazioni positive e un passaparola che li sta portando a lavorare in molte situazioni. L’attività sta andando molto bene perché i ragazzi sono bravi, ma anche perché è stata fatta una scelta molto intelligente, che ha consentito di allargare il mondo della Comunità XXIV Luglio. «Una delle carte vincenti che abbiamo progettato è stata inserire tra i partner alcuni esercizi privati commerciali, come il Pub Centrale che si trova all’Aquila, ai 4 Cantoni e un altro posto molto frequentato dai giovani, una bottiglieria alla Fontana Luminosa, oltre al presidio Slow Food della città» ci rivela Anna Romano. «Da subito abbiamo avuto delle collaborazioni, abbiamo organizzato degli aperitivi in questi locali e siamo partiti col botto. In questo modo abbiamo raggiunto persone che normalmente non frequentano l’associazione. E questo ha fatto sì che ci fosse un passaparola importante. Così da lì a poco abbiamo ricevuto le prime commissioni di servizio e abbiamo organizzato il catering per un festival sulla salute mentale, dei piccoli catering per compleanni di persone molto distanti dalla comunità. E siamo stati coinvolti nell’organizzazione di un aperitivo multietnico per il Festival di cinema internazionale L’Aquila Film Festival di novembre e per alcune cene di associazioni sportive dilettantistiche».
Non solo pallotte cacio e ova…
Ma Catering 24 sta funzionando anche perché, semplicemente, il cibo è buonissimo. Siamo in Abruzzo, e in ogni parte della regione si mangia bene. Così la cosa più naturale è stata puntare sulle specialità, e sugli ingredienti, locali. «Il cavallo di battaglia sono le pallotte cacio e ova, che non è un piatto aquilano ma nasce sulla costa dell’Abruzzo» ci racconta Anna Romano. «Noi utilizziamo tutti prodotti del territorio e questo ci permette di utilizzare pecorino locale. Questa è una delle cose che ci chiedono di più. Dobbiamo fare attenzione sia a quello che come tradizione culinaria la città, la provincia e la regione ci permettono di cucinare, sia all’attività di chi è in cucina. La lavorazione della pallotta, una polpetta, mette più persone nella condizione di poterle fare rispetto a piatti dalle lavorazioni più raffinate. Poi ci sono il timballo e la lasagna, un evergreen che non fallisce mai, il roast beef con la salsa di prugne o mele. C’è la pizza fritta, che non deve mai mancare. Abbiamo fatto una scelta etica, quella di non utilizzare salumi. Abbiamo un reparto dolci. Infatti il nostro percorso è anche formativo: abbiamo un laboratorio dove queste persone sono quotidianamente impegnate alla prova dei piatti, con una formatrice che ci segue e ci dà anche consigli molti importanti anche sul dolce. L’ultimo esperimento che abbiamo fatto è quello delle ferratelle con crema bavarese».
Una riflessione sulla pressione lavorativa
La storia di Catering 24 ci permette anche una riflessione. Abbiamo spesso sentito parlare di inserimento lavorativo per persone con disabilità. E, proprio a proposito di catering, c’è stato chi ha ritenuto il lavoro nella ristorazione troppo stressante e optato per soluzioni di lavoro protette come il servizio di mensa in un cento diurno, meno faticoso rispetto a un ambiente di ristorazione vero e proprio. Abbiamo chiesto allora se fosse stato fatto un ragionamento di questo tipo anche per questo progetto. «Era stata fatta una riflessione rispetto ai tempi e quello che poteva essere la pressione lavorativa» ci risponde Anna Romano. «Abbiamo pensato che una tipologia di servizio come il catering ti dà la possibilità di vivere in un ambiente protetto in cui la preparazione ti dà delle tempistiche diverse rispetto a quelle di una ristorazione con servizio alla carta. Qui sei tu a decidere i tempi per arrivare a quel risultato. Hai già a monte una serie di dati certi che ti consentono di lavorare in maniera organizzata e quindi prevedibile. Questo ci ha aiutato molto a vivere con meno frenesia e meno ansia gli aspetti stressanti che il lavoro di ristorazione ha. Il momento del servizio, poi, è divertente e allegro: il grosso del lavoro è stato fatto e ti trovi a sporzionare e a servire persone di cui già sai il numero per cui tutto è già tutto calcolato prima. E chi lo fa lo fa sereno, perché la prevedibilità è abbastanza alta». Il fatto di aver trovato dei partner che vivono nel mercato della ristorazione, a contatto con il pubblico, ha permesso ai ragazzi di lavorare tanto e subito, e di diventare sempre più abili nel loro lavoro. «È stato importante perché ci ha dato una carica e la percezione che sia un’idea buona, un’idea che ti dà una prospettiva di sviluppo vera» spiega Anna Romano. «Non è qualcosa che si ferma agli ambienti comunitari, ma ti porta fuori dall’associazione, e porta l’associazione fuori dalle mura del centro diurno e fuori dalle dinamiche quotidiane. E ha un grado di sostenibilità importante. Ci siamo dati delle tempistiche di un anno, un anno e mezzo per capire se può camminare con le proprie gambe. E la risposta esterna ti rassicura sul fatto che se si lavora bene e seriamente qualcosa si riesce a realizzare».
Catering 24 verso un’impresa sociale
Lo scopo a lungo termine è infatti proprio quello di far divenire Catering 24 qualcos’altro, un’impresa sociale, stabilizzando contrattualmente chi continuerà a lavorare nel progetto. Ma il grande lavoro di formazione che viene fatto ai ragazzi permetterà anche un inserimento lavorativo in altre realtà. «Questa doppia possibilità ci fa pensare che qualcuno del gruppo possa venire utilizzato in un altro ambiente lavorativo perché la formazione che ha avuto lo rende competitivo», ci spiega Anna Romano. «E lo mette nella possibilità di lavorare altrove. Non è possibile ancora non prevedere un ambiente lavorativo protetto e misurato per alcune persone, per altri invece sì. La doppia possibilità l’abbiamo ipotizzata e proprio per questo la formazione è vera, reale, e può essere utilizzata fuori».
Normalizzare la disabilità mettendo al centro la persona
Le giornate di lavoro organizzate nei locali pubblici, nei festival hanno permesso anche un’altra cosa, che è preziosissima. Quella di portare la Comunità XXIV Luglio nel mondo, e di far entrare il mondo nella comunità, di far capire che questi ragazzi sono in grado di lavorare e di avere una vita autonoma. Cioè di creare una cultura della disabilità, che vada oltre la retorica dell’assistenzialismo. «Il retaggio culturale sul fatto che disabile debba essere assistito, non possa avere una propria indipendenza e non possa fare un percorso personale c’è ovunque andiamo» argomenta Anna Romano. «Questa è stata un’ulteriore dimostrazione che questa cosa sia falsa. Le persone che prendono parte al progetto vivono una disabilità che fa sì che loro, se ben accompagnati e sostenuti, possano vivere una vita autonoma sia dal punto di vista lavorativo che dal punto di vista personale. Spesso il primo scoglio è quello della famiglia stessa che non vede nella persona – nel fratello, nel figlio nel nipote – una potenziale normalità lavorativa e di vita. Questa è una battaglia che la Comunità porta avanti tutti i giorni, in ogni azione. Uno degli obiettivi che l’associazione si dà è proprio quello di cercare di portare fuori una normalizzazione della disabilità: non nascondendola, ma mettendo al centro la persona e facendo in modo che di tutti vengano fuori le potenzialità normalizzanti che permettano di vivere appieno la vita che ognuno riesce a vivere».
Foto Francesco Paolucci