OCCORRE RICONOSCERE IL VALORE SOCIALE DEL BRANCALEONE. E DELLE ASSOCIAZIONI
Il Centro Sociale Brancaleone ha riaperto, ma non c'è futuro se l'amministrazione non riconosce ruolo di queste realtà
26 Febbraio 2019
Roma. A via Levanna si sono riaccese le luci del Centro sociale Brancaleone. Tolta un po’ di polvere qua e là e pulite le ragnatele più evidenti, il centro sociale nato negli anni ’90 è tornato a vivere, ospitando già le prime assemblee. Questa struttura, nel quartiere Montesacro, è stata una delle tante “colpite” dalla Delibera 140/2015 del comune di Roma, quella sul riordino del patrimonio capitolino in concessione, che per molte realtà si è tradotta di fatto in un’ordinanza di sgombero. Così non sono bastati più di 25 anni di attività sul territorio e nel dicembre 2016 lo stabile è stato sequestrato, con l’accusa di morosità a seguito dell’applicazione del canone pieno, scattato dopo la fine della concessione.
LE ACCUSE CADUTE. I ragazzi dell’Associazione Culturale Spazio Autogestito non si sono dati per vinti e hanno combattuto due anni di battaglie legali, fino a ottenere nuovamente le chiavi. È stato un percorso lungo e articolato: dopo un sequestro di carattere penale, a marzo 2017, il Tribunale del Riesame di Roma ha accolto il ricorso degli avvocati Arturo Salerni ed Alessandra Scarnati, facendo cadere anche le accuse di occupazione e furto di energia e disponendo la restituzione dell’immobile agli assegnatari, ma lo spazio è tornato a disposizione dell’associazione soltanto a fine gennaio 2018, 1 anno e 10 mesi dopo.
«Un sequestro preventivo come quello del Centro sociale Brancaleone di solito si fa quando ci sono dei reati in corso», ci ha raccontato Luca De Simoni, tra i fondatori del Brancaleone. «La giunta Alemanno aveva legalizzato la nostra occupazione e abbiamo pagato anche gli affitti arretrati. La manutenzione del “Branca” è stata sempre a carico nostro. Al provvedimento di Marino del 2015 non ha mai fatto seguito un regolamento, finché la giunta Raggi l’ha impugnata, di fatto sbattendoci fuori».
A questa situazione si è aggiunto il caso di Michele Nardi, conosciuto a Roma per essere divenuto “il giudice degli sfratti” (tra cui quello del Brancaleone), finito in carcere con l’accusa di associazione per delinquere, corruzione in atti giudiziari e falso per fatti commessi tra il 2014 e il 2018. Insieme al collega Savasta avrebbe garantito esiti processuali positivi in diverse vicende giudiziarie e tributarie in favore degli imprenditori coinvolti, in cambio di ingenti somme di danaro che nel suo caso supererebbero addirittura 1 milione di euro. «Doveva ridarci le chiavi 1 anno e 10 mesi fa», ricorda De Simoni, «ma finché ha potuto ha ostacolato la giustizia anziché applicarla. Io sono garantista, ma questo signore ci ha reso la vita impossibile e poi lui stesso non aveva nulla a che fare con la legalità».
SERVE UN RICONOSCIMENTO. Il futuro non preoccupa meno del passato: «Le ultime amministrazioni ci hanno lasciato la sensazione di una scarsa capacità di programmare e ottimizzare le grandi risorse culturali di una città come Roma. Qui tutto è affidato al caso. Oggi ci sei, domani ti sbattono fuori. Viviamo su un equilibrio instabile e quando cadiamo rischiamo di mandare tutto all’aria» ha aggiunto Luca.
Il Centro sociale Brancaleone è stato per anni la culla delle culture alternative. Da qui sono passati tanti cantautori romani, “indie” e non, come ad esempio Mannarino, ma non sono mai mancate neppure rassegne cinematografiche, iniziative radiofoniche, letterarie, culinarie, esposizioni e laboratori di vario tipo. «Realtà come questa meritano di essere tutelate e non di subire il caos degli ultimi anni», è il pensiero dell’avvocato Arturo Salerni, uno dei pilastri di Progetto Diritti, associazione che attraverso il lavoro di avvocati, operatori socio-legali e mediatori interculturali offre un servizio legale ai cittadini stranieri, ai minori, alle donne, ai detenuti e, in genere, a tutti quei soggetti particolarmente vulnerabili.
«È sempre più urgente la necessità di un atto amministrativo che riconosca la valenza sociale e culturale dei soggetti assegnatari di alcuni spazi sociali, che oltre a produrre cultura evitano che alcuni luoghi siano abbandonati e lasciati al degrado. Una sorta di “carta del merito” per tutelare chi veramente offre un servizio alla comunità. A Roma c’è un tessuto di esperienze meritevoli, già testate, di volontariato, che creano anche possibilità occupazionali e lavorative. L’origine di tutti i mali è l’intervento della procura regionale presso la Corte dei Conti: dal 2014 è in atto un gioco al massacro».
Salerni, che oltre a quella del Centro Sociale Brancaleone ha seguito in prima persona la vicenda di decine di associazioni sfrattate, ha chiesto alla politica di assumersi delle responsabilità ben precise: «Agli amministratori manca il coraggio, quello delle occupazioni è uno degli argomenti che ha a che fare con la sicurezza e si utilizza sempre di più per parlare alla pancia delle persone. Non è facile fare delle scelte in questa direzione, ma è necessario e urgente».
Le immagini di questo articolo sono tratte dalla pagina Facebook del Centro sociale Brancaleone.
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