LA RIVOLUZIONE CIVILE DEL TERZO SETTORE NEL NUOVO LIBRO DI CLAUDIA FIASCHI
Il volume uscirà in allegato a Corriere della Sera Buone Notizie il 13 settembre. Fiaschi: «È necessario capire che valore dare al Terzo settore. Il mio è un monito su quanto ci potrebbe costare la disattenzione dei decisori politici»
07 Settembre 2022
Cosa hanno in comune il Terzo settore e il Terzo stato, il ceto sociale della Francia del Settecento? Entrambi sottovalutati dalle classi dominanti, entrambi radici del cambiamento. Da questo ardito paragone prende le mosse Terzo – Le energie delle rivoluzioni civili, il nuovo libro della ex portavoce del Forum nazionale del Terzo settore Claudia Fiaschi edito da Corriere della Sera – Buone Notizie. Il volume verrà presentato lunedì 12 settembre a Milano presso la Fondazione Corriere della Sera e martedì 13 settembre uscirà in allegato a “Buone notizie”. La prefazione è a cura dell’economista Stefano Zamagni.
Terzo – Le energie delle rivoluzioni civili: perchè questo volume ora?
«La mia è una sintesi divulgativa della mia esperienza, un monito su quanto ci potrebbe costare la disattenzione dei decisori politici. Lo scritto parte dal presupposto che il Terzo settore è un asset strategico per il Paese e dovrebbe essere messo al centro del dibattito attorno alla destinazione dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Spero che questo contributo possa fornire l’occasione per una riflessione a tutto tondo su uno sviluppo davvero sostenibile».
In che stato di salute si trova il Terzo settore?
«Gli ultimi dati dell’istituto Istat registrano 250 mila organizzazioni con 800 mila addetti e sei milioni di volontari: insieme producono oltre 72 miliardi di euro di valore. In sintesi una rete capace di creare occupazione e combattere la crisi economica».
Il 25 settembre si vota per il rinnovo del Parlamento. Cosa può fare la politica per il sociale?
«Innanzitutto potrebbe chiudere il percorso di riforma in atto dal 2016, intervenendo sul quadro normativo che ne limita l’azione. È necessario soprattutto capire che valore dare al Terzo settore, considerando che troppo spesso interviene in aree abbandonate in sostituzione dello Stato offrendo un rapporto volontario-cittadino diverso da una fredda interlocuzione tra utente e ufficio pubblico. Senza contare che, puntando su un’economia di sussidiarietà diversa da quella di scambio, insegna ai giovani a prendersi cura degli altri oltre che di se stessi».
Da chi è composta oggi la galassia del volontariato?
«Perlopiù da esponenti della terza età, usciti dal lavoro ma ancora in grado di aiutare. Notevole anche il numero di ragazze e ragazzi che nel Servizio civile trovano un’alternativa alla disoccupazione e un cantiere di formazione civile. L’Italia poi, a differenza dei partner europei, dona più tempo che soldi e anche il più fragile può investire un’ora della sua giornata per rendere il mondo un posto migliore in cui vivere».
Com’è cambiato il Terzo settore in questi anni?
«Gli under 30 ad esempio si impegnano per cause occasionali e a termine, senza alcuna continuità. Il problema però è la mancanza di una “classe media” anagrafica, sulla quale grava l’onere di mantenere tanto i figli quanto i genitori. Esiste, ma non ha molto tempo da dedicare».
In che modo inflazione e guerra in Ucraina stanno incidendo sui progetti?
«Quasi tutti gli operatori si sono mobilitati per dare una risposta concreta alla popolazione sotto i bombardamenti. Non hanno tradito le aspettative, nonostante in patria si stia combattendo una resistenza ai rincari energetici e delle materie prime nel tentativo di mitigarli e non scaricarli sui destinatari dei servizi. La questione però non ha ancora trovato una risposta certa».
Il volontariato ha bisogno di innovarsi? Se sì, in che modo?
«Il Covid – 19 ha impresso una forte accelerazione, digitalizzando il Terzo settore. L’impiego dei nuovi mezzi di comunicazione finalizzato a traghettare la solidarietà oltre la pandemia ha avuto come conseguenza la formazione di persone altrimenti escluse dal progresso tecnologico. Un ulteriore passaggio potrebbe essere quello di insegnare a coloro che ne hanno diritto (ma non gli strumenti e/o le capacità) in che modo accedere ai sistemi informatici attraverso i quali richiedere prestazioni previdenziali e altre agevolazioni. L’inclusione passa anche da qui».
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Claudia Fiaschi
Terzo – Le energie delle rivoluzioni civili
edito da Corriere della Sera – Buone Notizie