CLUB DEGLI HAMICI A RISCHIO CHIUSURA: ECCO COME AIUTARLI
Da 25 anni l'associazione lavora con i ragazzi disabili al Laurentino Ostiense, a Roma. Per andare avanti ha lanciato una petizione su change.org
10 Dicembre 2018
L’associazione Club degli Hamici rischia di chiudere. Da 25 anni si occupa di persone con disabilità lavorando sull’integrazione, offrendo un luogo per incontrarsi nel proprio quartiere, un clima in cui la disabilità smetta di essere un ostacolo al relazionarsi con gli altri. E quindi laboratori integrati, arte e artigianato, e il teatro, attraverso il quale i ragazzi, accompagnati da volontari formati, riescono ad esprimere i loro sentimenti e la loro creatività. Ma anche un centro di ascolto gratuito e aperto al territorio gestito da counselor e psicologi e gruppi di counselling per adolescenti, adulti e donne.
Club degli Hamici è al numero 20 di via Enrico Pea, quartiere Fonte Ostiense, in zona Laurentina, municipio 9 di Roma. Ha sede in una parte di un edificio comunale assegnata con un’ordinanza del sindaco nel 1997 seguita da una concessione amministrativa per 6 anni, rinnovabili. Un’associazione che si è sempre sostenuta soltanto con le donazioni. Per la sede è stato sempre pagato un regolare affitto, finora agevolato, recentemente raddoppiato dal Comune.
Tra la manutenzione della sede – di cui il Comune per contratto non si occupa -, le tasse di smaltimento rifiuti, le bollette, l’affitto e il necessario per i ragazzi che frequentano il centro, le spese ordinarie si aggirano sui 7mila euro.
Mano a mano il numero dei volontari è calato, le donazioni sono venute a mancare e l’associazione non ce la fa più. Una storia che, purtroppo, abbiamo sentito spesso, anche con dinamiche ricorrenti. Eppure è una storia che, ancora una volta, merita di essere raccontata, perché per un territorio è sempre grave perdere un’associazione di volontari, a maggior ragione un’associazione che su quel territorio sta da 25 anni occupandosi di persone con una disabilità – gravissima per alcuni -, che possono non avere un’alternativa altrettanto valida a quello spazio, a quei momenti, a quel clima.
Club degli Hamici ha lanciato in questo periodo una petizione sulla piattaforma change.org. «Aiutateci a mantenere aperta la nostra sede», si legge nella petizione, «se non avremo donazioni per almeno 500 euro al mese, saremo costretti a chiudere la sede alla fine di gennaio 2019».
Ne abbiamo parlato con Guglielmo Zanetta, segretario e tesoriere dell’associazione Club degli Hamici, per capire le possibili soluzioni, ma anche le conseguenze di una eventuale chiusura per quei ragazzi e quel quartiere.
Guglielmo, con la petizione state cercando di ampliare la base associativa per andare avanti. L’affitto immagino abbia influito non poco sulle finanze dell’associazione…
Quello dell’affitto è diventato un problema reale: stiamo continuando a pagare la quota agevolata – 278 euro – ma il Comune ce ne chiede 457. Lo stiamo facendo perché un giorno è venuto un vigile accompagnato da un’altra persona – crediamo un architetto del Comune – ha visitato la sede e poi, di punto in bianco, senza alcuna comunicazione, l’affitto ci è stato raddoppiato. Con l’aiuto degli avvocati messi a disposizione dal Cesv, abbiamo scritto più volte al Comune senza, però, avere risposte. E, intanto, stiamo accumulando da più di due anni un debito che è destinato a crescere.
La sede di Club degli Hamici è uno spazio ampio, avete pensato ad ottimizzarne l’uso?
L’associazione è operativa 3 pomeriggi a settimana. Nella sede ci sono una sala cinema/teatro, una cucina attrezzata, due bagni, un ampio giardino e vari spazi per riunioni o sale per organizzare iniziative.
È una struttura che potrebbe essere utilizzata molto più di quanto non lo si faccia ora eppure, nonostante abbiamo sottoposto l’idea del cohousing a molte associazioni, non abbiamo ottenuto nulla. Basterebbe essere in quattro per avere una situazione sostenibile per tutti: in molti sono venuti a vedere, ma alla fine non si è realizzato nulla. È certamente una questione economica.
Oltre la petizione, il tema è lavorare ad una sostenibilità futura…
Su questo non abbiamo una risposta, l’associazione si è trovata a vivere una situazione molto complessa. Abbiamo avuto, negli anni, sostenitori privati che ci hanno sempre accompagnato, che mai avremmo pensato di perdere. Poi è arrivata la crisi economica. Eravamo 30 volontari, che, tra le altre cose, assicuravano un contributo mensile che ci consentiva di far fronte alle spese. Poi i volontari sono diventati 8: da un lato si invecchia, dall’altro è difficile coinvolgere i giovani, che, se non hanno un interesse specifico o un problema affine in famiglia, si avvicinano a fatica. Ora siamo in due a sostenere l’associazione, il sottoscritto e il presidente.
Il 12 Dicembre organizzeremo la festa di Natale insieme ai ragazzi e ai loro familiari, ai quali dovremo spiegare che probabilmente dovremo chiudere.
Le famiglie perderebbero una risorsa importante per i loro ragazzi…
Nel tempo abbiamo seguito moltissimi ragazzi, fino a un paio di anni fa erano 40. Poi c’è chi vien messo in casa famiglia, chi non esce più di casa e i molti che abbiamo perso, solo di recente 4. Ora siamo a 16, dai 20 ai 35 anni. Abbiamo scritto una lettera a una trentina di famiglie chiedendo di sostenerci con un contributo mensile di 10 euro. Di queste una sola ha portato 30 euro. Anche il rapporto con i familiari non è semplice, hanno tanti problemi che creano diffidenza, nonostante l’associazione abbia 25 anni. Anche il quartiere in cui operiamo non è semplice: dal vicino centro anziani mai nessuno è entrato nella nostra associazione, tante famiglie ancora oggi hanno problemi a mostrare i ragazzi disabili. Abbiamo anche aperto un centro di sostegno psicologico aperto ai familiari e alla cittadinanza in cui si alternato dieci psicologi volontari, ma le persone non vengono, forse non ci credono, perché è gratuito. Eppure il Laurentino Ostiense ha tanti elementi di disagio, è uno dei quartieri più difficili di Roma. I problemi sono così enormi che, per certi versi, mi rendo conto che esser sopravvissuti per tanti anni è stato un miracolo. Abbiamo interessato anche la Consulta del nono Municipio, ma non si sa come fare. Ritornare al vecchio affitto sarebbe la soluzione migliore, in quel caso ce la faremmo da soli. In questa situazione non possiamo neanche rispondere ai bandi, dovremmo anticipare soldi che non abbiamo.
Quindi, ora?
Anche nel rapporto con le istituzioni, siamo parte della Consulta è vero, ma l’essere un’associazione comunque legata alla sinistra ci è rimasto addosso come un marchio e da quando è arrivato il governo Cinque Stelle per farci ricevere ci sono voluti sei mesi. Ora dobbiamo capire come andare avanti, anche perché non possiamo mantenere questo rapporto inespresso con il Comune, anche sulla questione affitto. Alcuni consiglieri i hanno portato avanti interrogazioni in Comune, c’è forse la possibilità di avere la sede in comodato d’uso, pagando solo le spese vive, ma non abbiamo alcuna certezza.
Se avete correzioni o suggerimenti da proporci, scrivete a comunicazione@cesv.org
Le immagini che illustrano l’articolo sono tratte dal profilo FB dell’associazione
11 risposte a “CLUB DEGLI HAMICI A RISCHIO CHIUSURA: ECCO COME AIUTARLI”
grazie per la Vostra pubblicazione
dovremmo ritornare a parlarne cq grazie per il vostro continuo sostegno
IN RICORDO DI UN NOSTRO VOLONTARIO
L’associazione nasce nel 1993 con lo scopo di offrire a persone diversamente abili un punto di ritrovo. Ha realizzato per loro, nei diversi anni di attività, dei laboratori di giardinaggio, di ceramica e di pittura. Ha creato un laboratorio di informatica con software personalizzati e adattati alle capacità cognitive degli utenti. Ha costruito nella sala principale dell’associazione un piccolo teatro che è stato molto apprezzato dai partecipanti guidati da personale esperto per l’animazione e la recitazione.
Dal ’98 è iscritta negli elenchi regionali delle organizzazioni di volontariato ed è apprezzata dal Municipio XII per la funzione che offre.
È consuetudine dell’associazione festeggiare, anche con musica dal vivo, i compleanni dei ragazzi che frequentano il centro per favorire l’affiatamento tra di loro, l’integrazione con gli altri invitati e il coinvolgimento delle loro famiglie. L’associazione è aperta ad accogliere nuovi volontari. Veniteci a trovare , è gradito il Vostro aiuto.
(Giorgio)
IN RICORDO DELLA NOSTRA PRESIDENTE GIANNA PELLEGINI MISSORI scriveva:
1998
l’avventura del club degli h.a.m.i.c.i., e’ iniziata intorno al mese di giugno del 1992 quando una signora (Marta Borroni) mi ha presentato tre ragazzi disabili (Gaetano, Gianni e Mirella) ed invitato ad andare con loro a conoscere altri ragazzi disabili presso un’associazione al quartiere appio latino.
dopo questa visita Gaetano, Gianni e Mirella ( che erano rimasti entusiasti di quello che avevano visto) hanno proposto di fare altrettanto nel nostro quartiere.
dopo una riflessione durata alcuni mesi ho deciso che si poteva provare ad aderire alla richiesta fatta. con l’aiuto di Marta sono state coinvolte altre persone, i primi amici, e con loro si e’ ragionato su quanto si poteva fare .
Non è stato facile trovare soluzioni!
Per prima cosa, ci si e’ attivati per reperire uno spazio ove riunirci e stare insieme.
la parrocchia di san mauro abate ce ne ha concesso uno in uso (solo il venerdì).
è così che e’ incominciato il nostro cammino.
Intorno al mese di settembre dell’ anno 1992 questo spazio ha cominciato a riempirsi, il venerdì, di ragazzi, e non ragazzi, disabili, insieme a diverse persone che fungevano da assistenti, per ballare, sentire la musica e stare insieme.
A novembre, dicembre e l’anno successivo, a gennaio e febbraio, malgrado il freddo intenso e l’ambiente inospitale per l’assenza di un minimo di confort, lo spazio continuava a riempirsi e ad animarsi allegramente.
questa e’ stata la ragione che ci ha spinto ad andare avanti ed a pensare di formare un’associazione.
Il 13 luglio 1993, si e’ formalizzato il tutto con la registrazione di un atto costitutivo ed uno statuto.
Nel 1994 ci e’ stato concesso dalla circoscrizione 12 di roma
OCCUPARE L’ATTUALE SEDE
(che era in assoluto degrado, con porte, finestre e pavimenti rotti, sanitari spaccati, muri scrostati, ecc.).
Successivamente, il comune di ROMA ci ha attribuito la stessa in concessione il 23 marzo 1998 ed e’ stata resa dignitosa ed ospitale con il contributo e l’aiuto di tanti altri amici che sono
In ordine di intervento:
Sig. GINO BIONDI
Tinteggiatura e varie
Sig. LIVIO GRASSI
Messa in opera impianto elettrico
Sig. STEFANO POMPONI
Fornitura e messa in opera chiavi e serrature
Sig. GIANFRANCO ROSSETTI
Passaggio in cemento per carrozzine, impianto di irrigazione, parete di mattonelle (il tutto con proprio materiale e con il lavoro personale, gratuitamente)
C.R.E.L.
Attraverso il dr. Borroni, mobili ed arredi in disuso (scrivanie, sedie, macchina da scrivere elettrica, ecc.)
Sig. MARCO CIOMPI
Arredo cucina
CENTRO ANZIANI S. LORENZO
Dono del frigorifero di STEFANO DI MARCO
Notevole apporto personale e coinvolgimento delle sotto elencate ditte
• VIVAIO BINDI fornitura e messa in opera gratuita centralina elettronica di irrigazione, donazione motofalciatrice, decespugliatore, attrezzi da giardino, ecc.
• TELEPHONDATA Srl fornitura a prezzo di costo e messa in opera gratuita di centralina telefonica più due telefoni
• Ditta NAZZARENO MOLLICONE fornitura e montaggio otto veneziane per il salone a prezzo di costo
• C.C.G. Srl fornitura a prezzo di costo materiale didattico
AGIP PETROLI
Mobili d’ufficio in disuso (scrivanie, sedie, poltroncine e scaffali)
RAPPRESENTANZE FOTOTECNICHE Srl
Fotocopiatrice
COOP TOSCANA LAZIO
Aiuti vari con: donazioni in denaro, fornitura di cibarie, fotocopiatrice, panchine, tavoli da computer, ecc.
IBM
Computer e stampante
ENI Spa
Computer e stampanti
ROBERTO BENEDETTI
Dono tavolo da riunioni e sedie
IPASVI (Associazione infermieri professionali dell’ospedale Bambin Gesù) che con la loro DONAZIONE ci hanno permesso di coronare un sogno, cioè,
IL PALCOSCENICO
Sig. STEFANO MASSAI, un validissimo artigiano che lo ha costruito, con il pagamento del solo materiale
Sig. PAOLO FONTANA che ci ha regalato l’illuminazione, l’amplificazione e l’arricchimento delle luci psichedeliche
Inoltre:
Dott. MARIO RENCRICCA di TEMPO AGIP
Che ci ha seguito sempre affettuosamente e spesso ci ha creato i contatti giusti per ottenere quanto ci mancava
I sigg. GEMMA AZUNI, LUISA LAURELLI e GIOVANNI VITELLI
Che ci hanno dato inizialmente quell’assistenza necessaria a muoverci nella burocrazia per ottenere, in questo campo, quanto era necessario ed anche loro ci hanno seguito sempre affettuosamente
Sig. GIAMPIERO VENTURI, il nostro “angelo custode”
Da numerosi anni ci assiste in tutto quanto abbiamo bisogno in termini di manutenzione ed in altre cose in cui serve un intervento. Lui coinvolge spesso quegli amici che possono essere utili per qualcosa di specifico ed anche a loro và la nostra riconoscenza
ASPIC, che noi ospitiamo alcuni fine settimana per le loro attività e che contribuiscono con una cospicua DONAZIONE annuale a mantenere in attivo il nostro magro bilancio
PRIVATI CITTADINI che, con DONAZIONI, anche se sporadiche, aiutano anche loro a non andare in passivo.
G R A Z I E A TUTTI
Un grazie va anche a tutti quei soci-volontari e volontari che negli anni si sono succeduti numerosi e senza i quali l’associazione non avrebbe potuto proseguire nel compito che si era prefisso.
Ma, io personalmente, mi sento di ringraziare tutti i ragazzi, anche loro numerosi nel tempo, che hanno dato significato a quanto abbiamo fatto e continuiamo a fare.
Noi non cerchiamo riconoscimenti, elogi (anzi, temiamo le false lusinghe), compensi o altro a noi basta vedere il sorriso, la serenità, anche se momentanea, negli occhi di questi nostri amici e ci sentiamo soddisfatti e riconoscenti per quanto riceviamo da loro, che sanno darci un affetto sincero, genuino e senza nessuna ipocrisia.
La vostra
G i a n n a
Mi è stato chiesto di fare due righe sulla mia esperienza nel centro HAMICI. Non è molto facile mettere insieme le idee. Per primo devo ringraziare la mia amica Grazia che mi ha introdotto in un mondo che conoscevo e guardavo sempre da lontano. Nel mondo del volontariato ed in questo mondo nel mondo dei disabili, un mondo che questa nostra società spesso ignora.
Cosa ho imparato frequentandovi…
Che la persona cosiddetta normale, che ha rapporto con una persona menomata, non è sempre nell’atteggíamento di cercare il proprio primato; ma spesso solo perché è certa di averlo già.
E’ faticoso ed insolito che una persona non menomata riconosca il primato di una persona menomata, con cui si relaziona.
Eppure non è detto che debba occupare sempre la prima posizione, mettendo in posizione subordìnatà la persona menomata, o che formalmente ceda a quest’ultima sempre la prima posizione, come atto di gentilezza verso chi non potrà mai effettivamente occuparla.
La persona al centro.
Lo sforzo da fare è quello di mettere in luce la persona, nonostante la sua menomazione, e solo dopo averla riconosciuta e liberata nel rapporto in atto, lasciare che le posizioni siano dettate dalle circostanze e dai bisogni, che si presentano.
Nelle relazioni, che le porteranno ad integrarsi, le persone nella norma si avvicinano, considerandosi alla pari.
Le persone nella norma, che nel relazionarsi vanno verso l’integrazione, si accettano così come sono, senza che l’uno voglia cambiare l’altro o sia disponibile al rapporto solo con l’altro cambìato nel modo rìtenuto giusto dal primo.
La disponibilità all’incontro nel rapporto fra persone menomate e persone non menomate dovrà poggiare su una accettazione reciproca completa dell’altro, senza porre come condizione del rapporto con lui che sia o divenga diverso.
La diversità data dalla menomazione dovrà essere considerata e vissuta come una delle innumerevoli diversità possibili, che possono arricchire l’intreccio relazionale fra le persone.
Le persone nella norma, che vanno verso l’integrazione, cercano di chiarire ìl proprio pensiero reciprocamente, in modo che chi ascolta possa coglierlo, e sono attente e intelligenti nel cogliere tutto il positivo nel pensiero, che sì sentono esporre, o nel comportamento, di cui sono testimoni, dimenticando ciò che attendono e ciò che a loro interessa.
Si donano reciprocamente il meglio di ciò che sono e hanno: cultura, informazione, sentimenti, ideali, partecipazione ai beni materiali, ecc.
Condizione di buona relazione anche fra persone menomate e persone non menomate è questo dono continuo, semplificando se stessi fino ad aiutare efficacemente l’altro a cogliere l’offerta.
Ho imparato guardare ciò che resta.
Fìssare lo sguardo su ciò che manca, rispetto a quello che ci attendiamo, blocca o affatica la relazione, mentre scoprire e contare su ciò che c’è di positivo, orienta le relazioni le rende possibili, le colloca sul giusto piano e ne determina la efficacia.
Le persone nella norma, che vanno verso l’integrazione, stanno bene assieme, in pace, stimandosi oltre le differenze e i difetti, ritenuti secondari e da non rilevare.
Anche fra persone menomate e persone non menomate le buone relazioni esistono;quando le persone stanno bene assieme e si stimano al di là delle differenze e dei difetti.
Spesso la persona menomata è stata messa dalla vita in una “prigione” con poche aperture psichiche, fisiche, intellettive, per comunicare con le altre.
Dentro quella prigione c’è però una persona completa: questo è il primo dato, su cui fondare la stima reciproca.
Le dìfferenze di sensibilità, di capacità, di efficienza sono strumenti, che possono promuovere relazioni più ricche*.- questo è un secondo dato, su cui fondare ancora la stima reciproca.
Ciò che di buono è rilevabile nella persona menomata è un ulteriore dato ovvio, su cui fondare e far crescere la stima recìproca.
Le persone nella norma, che vanno verso l’integrazione, sanno collaborare allo stesso scopo, accettando di attuarne parti diverse, da non mettere in gerarchie di importanza, da trasferire alle persone.
La persona non menomata, che collabora con una menomata, deve accettare sia che le partì, assegnate a ciascuno, siano diverse, sia che quella toccata a lei risulti a volte più faticosa e meno gratificante.
Non è detto, ma più spesso capiterà che la persona menomata abbia una parte, che appare piccola: soltanto facendo spazio a quella parte, in modo che il prodotto comune finale sia veramente condizionato anche da essa, scopriremo la sua vera portata,
Le persone nella norma, che vanno verso l’integrazione, si aiutano reciprocamente, dopo aver fatto la propria parte, sentendo il dovere di sostenere l’altro, mentre svolge la sua, se ha bisogno di aiuto.
In, un mondo organizzato come quello di oggi può accadere che la persona non menomata debba aiutare quella menomata, al di là della parte, assegnata a ciascuno.
La reciprocità.
Per questo è bene non sottovalutare il dono, che vìene fatto da chi ha bìsogno, mentre offre un’occasione di donare e di crescere in questa capacità.
Fra il dono di una richiesta di aiuto e il dono di un aiuto il primo è certamente più grande.
Fra persone nella norma, che cercano di integrarsi, se nel collaborare uno deve guidare, si preoccupa di chi deve seguire affinché partecipi intelligentemente e lavori bene; se uno deve ubbidire, si preoccupa di capire le difficoltà di chi guida, aiutandolo a scegliere bene, senza voler sostituirsi a lui.
Se le circostanze hanno fissato una gerarchia, in una relazione fra persone menomate e persone non menomate questa gerarchia non necessariamente vede sempre le prime dopo le seconde.
Se chi guida è una persona non menomata, dovrà preoccuparsi della persona menomata, che lei sta guidando e che incontra più facilmente la difficoltà nell’eseguire ciò che gli è stato ordinato; e dovrà intervenire quanto occorre, chiarendo e aiutando.
Se chi guida è una persona menomata (evidentemente menomata parzialmente) ha diritto, come tutte le altre, ad essere circondata da persone, che, nel seguirla, l’aiutano a vedere e a scegliere, e non si sentono continuamente autorizzate a valorizzare i suoi ordini e a tentare di sostituirla.
Le persone nella norma, che vanno verso l’intregrazione, si proteggono e si difendono reciprocamente con una solidarietà continua.
Si correggono reciprocamente con grande rispetto e fiducia, per collaborare meglio.
Nelle relazioni con le persone menomate le circostanze metteranno più spesso le persone senza menomazioni nell’occasione di proteggere, difendere, correggere, essere solidali.
Questo fatto non le autorizza a emettere giudizi e classificazioni di sè e degli altri.
Anche le persone senza menomazioni dovranno conservare l’atteggiamento relazionale di chi non esclude la possibilità di essere protetto, difeso e corretto dalle persone menomate.
Le persone nella norma, che vanno verso l’integrazione, sanno perdonarsi reciprocamente, avendo già compreso che, di fronte a certi errori, che nascono dalla debolezza della nostra natura, non c’è che il perdono, mantenere la giustizia.
Anche nelle relazioni fra persone menomate e persone non menomate sarà necessario perdonarsi reciprocamente.
Le persone non menomate dovranno perdonare atteggiamenti, con portamenti, situazioni, che, più che colpire la vera’dignità della possono urtare la sua dìgnità presunta, la sensibilità,’il senso estetico, tschema acquisito dell’ordine, le modalità relazionali, che, essendo note usate spesso, risultano familiari e riposantí.Per arrivare a questo basterà che le persone non menomate rìflettano a quanto deve essere perdonato loro.
Le persone menomate perdonano da sempre alle persone non te interventi superficiali, parziali, discontínui, ìmpazìenti, affrettati, quando non anche scorretti e violenti. Dovranno continuare a perdonare mentre chi ha rapporto con loro sta crescendo e impara a riconoscerle..
Le persone nella norma, che vanno verso l’integrazione, sanno sentire, emozionarsi e gioire con vibrazioni simili o complementari.
La condivisione.
La possibilità che fra persone menomate e persone non menomate accada che insieme sentano, si emozionino, gioiscano, con vibrazionì, che si sommano e si integrano, si realizza solo a livello delle gioie e delle emozioni essenzìalì e profonde, e non di quelle presunte e recitate e convincersene,
Ma la ricerca, a questo livello relazíonale, sarà una notevole scuola, per divenire capaci di scoprire, dì scegliere solo ciò che conta e che costruisce dentro e fuori di noi.
Le persone nella norma, che vanno verso l’integrazione, sanno fare propria la sofferenza degli altrì, vìvendo una autentica, concreta e fattiva compassione, nella consapevolezza che il dolore è la massima prova, che ci viene dalla vita, e che ci fa sentire deboli e soli.
Saper far propria la sofferenza deglì altri, è condizione molto importaJ, te quando si ha rapporto con chi spesso è nella sofferenza per la prigionia cui è legato e per il confronto continuo con la libertà degli altri.
Non è da dimenticare che soffrire insìeme offre un aiuto importante a chi porta la sofferenza, perché riesce ad evitargli che il dolore gli tolga la pace del cuore.
Le persone nella norma, che vanno verso l’integrazìone, sanno fare feste assieme, anzi si cercano per questo, perché nei momenti di gioia si può star vicini nei modi più simpatici e più efficaci.
Fra le persone senza menomazioni e le persone menomate deve essere possibile far festa assieme. E deve essere una festa autentica, non fatta e preparata per i menomati, ma per tutti.
Le modalità non potranno essere quelle di certe ‘Teste” piene di rumore, di un volume di suoni al limite dell’impedimento a pensare e dell’affitica, piene di licenze di ogni genere, di finta allegria e della ricerca di piaceri poco compatibili Con la dignità di tutti, ma più ancora con la sofferenza delle menomazioni.
Dovranno essere feste più semplici e genuine, vere e proprie riscoperte della vera allegria, intelligente e misurata, accessibile e possibile per tutti.
Le persone nella norma, che vanno verso l’integrazione, anche senza saperlo, sono sulla strada dell’amicizia, che è uno dei doni più belli, che ci possono esser fatti.
Stiamo disegnando condizioni, che portano le persone senza menomazioni e le persone menomate a camminare sulla strada dell’amicizia quella vera, profonda, consolante, cercata, alimentata e difesa.
E’ necessario scoprire che quest’amicizia autentica è possibile. E’ possibile, infatti, avere per amico vero una persona menomata.
Il punto di vista, che ci offre con le sue limitazioni e con la sofferenza ad esse legata, è un richiamo prezioso a non perdersi in sogni e preoccupazioni vani e falsi: è un suggerimento continuo che la vita è una avventura ìne, somma di pochi addendi veramente essenziali.
Ma sarà.anche la scoperta di una persona vera, nonostante la sofferenza, con le sue doti, espresse a volte in parte e con fatica, da liberare anche col
contributo.
Le persone nella norma, che vanno verso l’integrazione cercano assieme e scoprono assieme dei beni comuni, ritrovandosi molto vicini nella e nella sua fatica, nella scoperta e nella sua gioia.
Deve diventare possibile la chiamata delle persone menomate alla costruzione, assieme alle altre, del bene comune, dei beni comuni.
Cercare un bene, che le escluda, è ingannarsi sulla bontà di ciò che produciamo, anche se il riscontro immediato sembra positivo
Che ci siano anche loro, che i ne godano anche loro, è la garanzia camminare su una strada meno ingiusta.
Persone senza menomazioni e persone menomate, che vanno «« l’integrazione, devono insomma crescere insieme e non per conto proprio magari con la motivazione tutta teorica, difficilmente poi attuata nell pratìca, di diventare capaci dì servìre e aiutare dopo.
Sanno, vogliono e trovano valìdo crescere assieme come persone, come cìttadini, come lavoratori,,come costruttori della realtà, nella quale vìvere tutti, nonostante, e anzi valorizzando, le diversità e i differenti lìvellì di capacìtà personale complessiva.
In conclusione.
Sentire il dovere di applicare alle relazioni fra persone menomate persone cosiddette normali gli stessi principi, che regolano le relazioni fá queste ultime, non significa affermare che le forme applícative siano le stesse.
D’altra parte anche nelle relazioni fra persone non menomate occorre trovare sempre e ogni volta le forme e le modalità adatte alle circostanze e alle persone, dal momento che tutti possono fare la constatazione che le differenze, esistenti fra le persone menomate e le persone non menomate non sono maggiori delle differenze, che si incontrano fra le persone non menomate.
Forse pensare l’integrazione in questo modo è ancora disegnare un ideale dì convivenza, dal quale molti sono lontani, e altri così distanti da non vederlo neppure.
Ma non vedo altra scelta, se si vuole davvero avviare a soluzione questo problema.
Ringrazio tutti per avermi dato l’opportunità di guardare oltre al mio mondo ed in particolare alla nostra Presidente per avermi accettata così come sono.
Scriveva Grazia Sansolini:
UN RICORDO di GIANNA PELEGRINI MISSORI.
Dopo tanto tempo che non vedevo Gianna, alla quale mi lega una antica amicizia, ci siamo reincontrate e Lei mi parlò dell’associazione che era appena nata, chiedendomi di entrare come volontaria e di darle una mano.
Eravamo allora al terzo ponte ed io cominciai a frequentare questo gruppo di persone e ricordo che non riuscivo ad entrare il contatto (sintonia) con loro.
Non riuscivo a capire quale potesse essere il mio ruolo, il mio contributo da dare.
Poi, mi sono data tempo, perché Gianna mi diceva sempre: “ Stai a guardare….”.
Poi piano piano “ho guardato” con gli occhi del cuore e sono riuscita ad entrare in contatto con queste creature.
Ora so, che la chiave di lettura era ed è una sola: un grande amore scambievole, un grande senso di solidarietà, di umanità, questa dare amore per trovare amore e gioia…..
Quando questi sentimenti sono germogliati nel mio cuore, io mi sono sentita parte di questo gruppo ed ora è parte integrante della mia vita.
Ringrazio Gianna e tutto il Club degli H.A.M.I.C.I. per avermi dato questa opportunità di crescere. Un abbraccio.
Grazia
Scriveva Grazia Sansolini:
UN RICORDO della Presidente.
Dopo tanto tempo che non vedevo Gianna, alla quale mi lega una antica amicizia, ci siamo reincontrate e Lei mi parlò dell’associazione che era appena nata, chiedendomi di entrare come volontaria e di darle una mano.
Eravamo allora al terzo ponte ed io cominciai a frequentare questo gruppo di persone e ricordo che non riuscivo ad entrare il contatto (sintonia) con loro.
Non riuscivo a capire quale potesse essere il mio ruolo, il mio contributo da dare.
Poi, mi sono data tempo, perché Gianna mi diceva sempre: “ Stai a guardare….”.
Poi piano piano “ho guardato” con gli occhi del cuore e sono riuscita ad entrare in contatto con queste creature.
Ora so, che la chiave di lettura era ed è una sola: un grande amore scambievole, un grande senso di solidarietà, di umanità, questa dare amore per trovare amore e gioia…..
Quando questi sentimenti sono germogliati nel mio cuore, io mi sono sentita parte di questo gruppo ed ora è parte integrante della mia vita.
Ringrazio Gianna e tutto il Club degli H.A.M.I.C.I. per avermi dato questa opportunità di crescere. Un abbraccio.
Grazia
Scriveva Elisabetta la nostra regista:
Sono arrivata al club degli H.A.M.I.C.I. quasi per caso, sostituendo una collega in un’assistenza domiciliare. Gianluca mi ha detto: “oggi voglio andare al club” e mi ha fatto strada con il suo passo deciso e veloce.
Mi sono ritrovata in un ambiente familiare dove ragazzi portatori di handicap, operatori e volontari trascorrevano qualche ora insieme facendo merenda, giocando o chiacchierando del più e del meno proprio come farebbero un gruppo di amici in un locale da loro scelto.
E’ stata per me l’inizio di una nuova esperienza, stare con loro mi ha spronato ad approfondire le mie competenze, ad impegnarmi per conseguire il titolo di educatrice professionale, anche se non più giovanissima, e anche quello in Arte Terapie Espressive.
Insieme ci siamo avventurati nel mondo immaginario dell’espressione teatrale e sul palcoscenico tutti si sono sentiti protagonisti.
Con il tempo alcune cose sono cambiate:
i ragazzi sono cresciuti e per alcuni di loro è stato necessario andare a vivere in casa famiglia; si sono modificate le situazioni familiari dei volontari ed è diminuita la loro disponibilità; qualcuno ci ha lasciato per andare, speriamo, in una vita migliore, come la nostra presidente Gianna.
Ma lo spirito conviviale che anima le persone rimaste è sempre vivo e alla ricerca di nuovi stimoli per stare insieme.
L’associazione nasce nel 1993 con lo scopo di offrire a persone diversamente abili un punto di ritrovo. Ha realizzato per loro, nei diversi anni di attività, dei laboratori di giardinaggio, di ceramica e di pittura. Ha creato un laboratorio di informatica con software personalizzati e adattati alle capacità cognitive degli utenti. Ha costruito nella sala principale dell’associazione un piccolo teatro. È consuetudine dell’associazione festeggiare, anche con musica dal vivo, i compleanni dei ragazzi che frequentano il centro per favorire l’affiatamento tra di loro, l’integrazione con gli altri invitati e il coinvolgimento delle loro famiglie.
Con rinnovato impegno l’associazione di volontariato onlus “CLUB degli H.A.M.I.C.I.” si rende disponibile a continuare ad aprire il centro il lunedì, il mercoledì e il venerdì dalle 16,00 alle 19,00 per svolgere attività di integrazione sociale; attività manuali; di movimento e teatro creativo; musica e ballo.
Il martedì, il giovedì e il sabato è disponibile uno sportello di ascolto e sostegno psicologico individuale – Counselling – e di gruppo a chi ne fa richiesta.
L’associazione è aperta ad accogliere nuovi volontari,
Elisabetta Buosi
Riceviamo e pubblichiamo:
Vivendo questo “dramma” come operatrice volontaria, mi sono formata un’ idea abbastanza chiara di che quanto accade ed accadrà ancora sia nei posti di lavoro che familiare. In questo scritto intendo puntualizzare soltanto su alcuni errori che commettono i genitori.
Quattro buone regole da non dimenticare:
1 – L’iperprotezione è il peggior danno che possiate fargli. Se volete aiutarlo, è necessario prepararlo a scontrarsi con la realtà. insegnategli quindi, a rendersi autonomo e lasciarlo scontrare con qualche difficoltà sarà un’ottima scuola di lui. Non dimenticate che pianificare ogni aspetto della sua vita, può servire a non seminare rancore nell’animo dei fratelli, che sedendosi costretti ad occuparsi di lui, di cui possono anche vergognarsi, potrebbero finire per vendicarsi e forse anche ricattarlo, quando non ci sarà nessuno a difenderlo. Non dimenticate clic i fratelli e le sorelle un giorno avranno una famiglia loro e chissà quali problemi dos ranno dibattersi.
2 – Assicurategli la piena proprietà di una casa. Quando non ci sarete più, vostra/o figlia/o potrebbe avere sessanta anni e non c’è da stupirsi se le sorelle ed i fratelli, pretenderanno la loro quota di eredità sulla casa paterna dove vive e viveva con voi, gli porteranno via i mobili e tutto il resto, per costringerlo a seppellirsi in una casa di riposo. Aiutatelo finché siete in tempo ad acquistare un monolocale al pian terreno di un condominio, purché i negozi ed i servizi sociali siano vicini e soprattutto, non sia ci sia spazio per una famiglia, che potrebbe togliergli quel minimo d’autonomia e libertà che gli resta, con la scusa d’assisterlo. E’ importante che ne abbia la piena proprietà per incoraggiare qualcuno ad occuparsi di lui.
3 – Non dimenticate che un testamento tenuto in casa, sparisce regolarmente quando non sarete più autosufficienti ed arrivano gli altri figli o parenti, con la scusa di assistervi. Il diritto ereditario prevede che in assenza di testamento, i beni vengano ripartiti in parti uguali fra tutti i figli (senza tener conto di chi è invalido o a vissuto, a volte assistito i genitori ed è residente in quella casa … e chi non lo è). A sessanta anni un portatore d’handicap, e qui non parlo soltanto di chi si muove su una sedia a rotelle, ma di chi è affetto soltanto da gravi patologie, raramente trova il coraggio di sbattere la porta in faccia ai parenti a cui pensano di ricorrere, per un’eventuale assistenza futura e difficilmente si rivolgono ad una giustizia che se c’è, costa troppo ed arriva tardi.
4 – L’usufrutto è una trappola da evitare. In primo luogo decade quando il beneficiano non se ne vale per un certo numero di mesi, permettendo al titolare della nuda proprietà, di riappropriarsi dell’immobile. in un centro di assistenza capita spesso d’incontrare qualcuno che ha dovuto rinunciarvi, soltanto perché si è sentito negare il per messo d’ospitare per qualche giorno una persona disposta ad assisterlo, con la scusa seguente: “hai solo l’usufrutto ed in questa casa, puoi vivere solo tu!”.
Personalmente credo che il Signore mi abbia teso una mano per aiutarmi ad entrare nel problema handicap e adesso, con questo scritto e con altri clic seguiranno, desidero mettere la mia personale esperienza a disposizione di chi si dibatte ancora nel problema ed aiutare i nostri figli disabili a guardare al domani con certa serenità. (l’estensVivendo questo “dramma” come operatrice volontaria, mi sono formata un’ idea abbastanza chiara di che quanto accade ed accadrà ancora sia nei posti di lavoro che familiare. In questo scritto intendo puntualizzare soltanto su alcuni errori che commettono i genitori.
Quattro buone regole da non dimenticare:
1 – L’iperprotezione è il peggior danno che possiate fargli. Se volete aiutarlo, è necessario prepararlo a scontrarsi con la realtà. insegnategli quindi, a rendersi autonomo e lasciarlo scontrare con qualche difficoltà sarà un’ottima scuola di lui. Non dimenticate che pianificare ogni aspetto della sua vita, può servire a non seminare rancore nell’animo dei fratelli, che sedendosi costretti ad occuparsi di lui, di cui possono anche vergognarsi, potrebbero finire per vendicarsi e forse anche ricattarlo, quando non ci sarà nessuno a difenderlo. Non dimenticate clic i fratelli e le sorelle un giorno avranno una famiglia loro e chissà quali problemi dos ranno dibattersi.
2 – Assicurategli la piena proprietà di una casa. Quando non ci sarete più, vostra/o figlia/o potrebbe avere sessanta anni e non c’è da stupirsi se le sorelle ed i fratelli, pretenderanno la loro quota di eredità sulla casa paterna dove vive e viveva con voi, gli porteranno via i mobili e tutto il resto, per costringerlo a seppellirsi in una casa di riposo. Aiutatelo finché siete in tempo ad acquistare un monolocale al pian terreno di un condominio, purché i negozi ed i servizi sociali siano vicini e soprattutto, non sia ci sia spazio per una famiglia, che potrebbe togliergli quel minimo d’autonomia e libertà che gli resta, con la scusa d’assisterlo. E’ importante che ne abbia la piena proprietà per incoraggiare qualcuno ad occuparsi di lui.
3 – Non dimenticate che un testamento tenuto in casa, sparisce regolarmente quando non sarete più autosufficienti ed arrivano gli altri figli o parenti, con la scusa di assistervi. Il diritto ereditario prevede che in assenza di testamento, i beni vengano ripartiti in parti uguali fra tutti i figli (senza tener conto di chi è invalido o a vissuto, a volte assistito i genitori ed è residente in quella casa … e chi non lo è). A sessanta anni un portatore d’handicap, e qui non parlo soltanto di chi si muove su una sedia a rotelle, ma di chi è affetto soltanto da gravi patologie, raramente trova il coraggio di sbattere la porta in faccia ai parenti a cui pensano di ricorrere, per un’eventuale assistenza futura e difficilmente si rivolgono ad una giustizia che se c’è, costa troppo ed arriva tardi.
4 – L’usufrutto è una trappola da evitare. In primo luogo decade quando il beneficiano non se ne vale per un certo numero di mesi, permettendo al titolare della nuda proprietà, di riappropriarsi dell’immobile. in un centro di assistenza capita spesso d’incontrare qualcuno che ha dovuto rinunciarvi, soltanto perché si è sentito negare il per messo d’ospitare per qualche giorno una persona disposta ad assisterlo, con la scusa seguente: “hai solo l’usufrutto ed in questa casa, puoi vivere solo tu!”.
Personalmente credo che il Signore mi abbia teso una mano per aiutarmi ad entrare nel problema handicap e adesso, con questo scritto e con altri clic seguiranno, desidero mettere la mia personale esperienza a disposizione di chi si dibatte ancora nel problema ed aiutare i nostri figli disabili a guardare al domani con certa serenità.
(l’estensore di queste note ha chiesto l’anoimato)
Scrive “Il Caffe di Roma” 12 dic 2019.
L’associazione che si occupa di disabilità rischia. Richiesto un incontro urgente alla Sindaca. Virginia RAGGI.
IL CLUB DEGLI HAMICI RISCHIA DI PERDERE LA SEDE.
Lo spazio ricreativo è destinato a bambini, adolescenti e adulti. Vi prestano servizio numerosi psicologi.
Vallo a spiegare a dei ragazzi disabili che i conti non tornano. Che i volontari hanno pochi soldi per continuare a pagare la sede. E che il Campidoglio da tempo non solo ha raddoppiato il canone, ma anche con effetto retroattivo. È dal passaggio di un affitto da 250 a 457 euro al mese, con oltre ventimila euro di arretrati richiesti, che rischia di sgretolarsi il futuro dell’associazione del Club degli Hamici, ora a rischio chiusura. “Hamici amici”, come dice chi frequenta il centro. Un’isola felice quella al civico 20 di via Enrico Pea, a Fonte Ostiense, in zona Laurentina, IX municipio, che da 25 anni si occupa di persone con disabilità offrendo. Lo spazio ricreativo è destinato a bambini, adolescenti e adulti. Vi prestano servizio numerosi psicologi uno spazio dove leggere, dipingere, ascoltare musica e ridere, ma anche organizzare una recita per Natale e lo spettacolo teatrale di inizio estate. Spazio ricreativo ma anche di ascolto gratuito e aperto al territorio gestito da counselor e psicologi e gruppi di counselling per adolescenti, adulti e donne.
AFFITTI SEMPRE SALDATI ZERO CONTRIBUTI PUBBLICI
La sede, ricavata in un edificio comunale, era stata assegnata nel 1997, con concessione amministrativa per 6 armi, rinnovabile. Affitti sempre saldati, zero contributi pubblici. Tra la manutenzione della sede – di cui il Comune per contratto non si occupa -, le tasse di smaltimento rifiuti, le bollette, l’affitto e il necessario per i ragazzi che frequentano il centro, le spese ordinarie, però, le spese si aggirano sui 7mila euro l’anno. Nessuna possibilità di regolarizzarsi con gli arretrati.
LA PETIZIONE SU CHANGE.ORG
Dietro al rischio chiusura degli adeguamenti disposti dal Dipartimento Patrimonio. Nel 2010 l’affitto viene aumentato. Nel luglio 2011, ima nuova lettera raccomandata informa che il canone è stato raddoppiato e con effetto retroattivo. L’associazione avrebbe dovuto pagare oltre ventimila euro per sanare l’arretrato avendo pagato “solo” quanto già fissato. Ora il Club degli Hamici ha lanciato una petizione sulla piattaforma change.org. “Aiutateci a mantenere aperta la nostra sede”, è l’appello, “se non avremo donazioni per almeno 500 euro al mese, saremo costretti a chiudere la sede alla fine di gennaio 2020”
L’APPELLO DELL’AVVOCATO
L’avvocato Licia D’Amico, vicina al Club degli HAMICI GPM-ODV, e sempre in prima linea nelle iniziative benefiche, ha informato di persona la sindaca per chiedere una soluzione contro la chiusura del centro. E Virginia Raggi, che ne era all’oscuro, ha chiesto tutti gli aggiornamenti del caso. Purtroppo però la Raggi non potrà essere l’ospite d’onore per lo spettacolo natalizio “I colori della Natura” che i ragazzi del centro hanno organizzato per il 18 dicembre. Per suo conto ha risposto il Cerimoniale: “Impegni indifferibili e collegati al Suo mandato di Sindaco di Roma Capitale non le consentono, come avrebbe desiderato, di partecipare. La Sindaca, nell’augurare il pieno successo dell’evento porge molti cordiali saluti”.
Adelaide Pierucci
Invito
al TEATRO del CLUB degli HAMICI GPM-ODV
Il 18 DICEMBRE 2019 alle ore 16.30
Le nostre ragazze ed i nostri ragazzi – Presentano i COLORI della NATURA
GIANLUCA – GIALLO MAURIZIO- ROSSO RAMONA – VIOLETTO CHICCA – VERDE CRISTINA -ARANCIONE BRUNO – BLU
Splende il sole tondo e giallo, al suo levare canta il gallo e tutto illumina con la sua luce. Rossa la rosa dona a ciascuno la sua bellezza e il suo profumo. Sotto le foglie di un bel violetto di piccoli fiori si cela un merletto Verde di erbetta è il prato e tutti i fiori lo fan colorato L’arancia del sole racchiude il calore e arancione è il suo colore Blu è l’abbraccio del cielo stellato un manto di zaffiro e oro ricamato
Prima voce fuori campo Paolo – Seconda voce fuori campo Martina
Regia e sceneggiatura di Gabriella e Sara
Tecnici delle luci e dei suoni Maurizio e Paolo
Vi a s p e t t i a m o.
Alle ore 16.30 in Via Enrico Pea , 20 / V° Ponte di Viale Ignazio Silone