CNCA LAZIO: ROMA DI NUOVO PROTAGONISTA NELLE POLITICHE SULLE DIPENDENZE
Roma Capitale ha deciso di chiudere l'Agenzia Capitolina sulle Tossicodipendenze dopo 25 anni. Per CNCA Lazio solo il primo passo per una nuova politica su dipendenze e riduzione del danno
07 Marzo 2023
Roma Capitale ha deciso di chiudere l’Agenzia Comunale sulle Tossicodipendenze (ACT, dal 2010 Agenzia Capitolina sulle Tossicodipendenze), dopo 25 anni. Si tratta dell’organo che sino a oggi ha svolto una funzione di coordinamento sugli interventi di prevenzione dell’emarginazione e del disadattamento sociale, di assistenza sociale, di riabilitazione e reinserimento scolastico lavorativo e sociale in materia di tossicodipendenza. A seguito della notizia, il CNCA (Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza) del Lazio ha rilasciato una nota in cui dichiara che l’ACT «era diventata un contenitore vuoto, costoso e un ostacolo a qualsiasi programmazione di politiche sui consumi e sulle dipendenze». «Roma dai primi anni ’80, ininterrottamente fino al 2010, ha avuto nel paese un ruolo da protagonista e pioniera nella sperimentazione e implementazione di politiche e pratiche innovative sul fenomeno dei consumi” si legge nella nota. «Il 2023 dovrà essere l’anno in cui questo ruolo verrà recuperato e la chiusura dell’ACT non può essere considerata nient’altro che il primo passo in questa direzione». Ne abbiamo parlato con Stefano Regio, Presidente CNCA Lazio.
La prima fase: continuità e stabilizzazione dei servizi
Per parlare di quello che è stata e quello che era in questi ultimi anni l’ACT è necessario fare un passo indietro. E Regio è la persona più adatta per raccontarci questa storia. «Il Comune di Roma ha sempre avuto un’attenzione particolare alle droghe e alle dipendenze» ci spiega. «Sin dal 1982-83, ininterrottamente, ha avuto un capitolo di spesa per realizzare servizi sulle dipendenze. È sempre stato un Comune molto avanzato. Alla fine nel 1998 ha pensato di istituire l’Agenzia Comunale, poi Capitolina, un’istituzione a sé, sempre dipendente dal Comune, con un consiglio d’amministrazione e un direttore. La finalità era quella di sistematizzare i servizi e anche quella di intercettare altri finanziamenti». «Questa seconda fase non è mai riuscita con nessun sindaco» aggiunge. «Mentre nel 98-99 sicuramente c’è stata una sistematizzazione, un tentativo di accreditamento, i servizi si sono stabilizzati: da questo punto di vista ha funzionato. La voce di bilancio il Comune di Roma l’aveva messa sull’Agenzia, che da sola la gestiva. Era forse un po’ sproporzionata per gestire 3 milioni d’anno, ma ha avuto il suo perché: lo sviluppo non c’è mai stato, ma almeno c’è stata continuità, stabilizzazione dei servizi, pagamenti regolari, che hanno consentito a quel settore di portare avanti ininterrottamente i servizi. Erano diurni, notturni, unità di strada, e la comunità di Città della Pieve, il numero verde». Nel 98-99 non c’era neanche la Legge 328/2000, continua. «Quindi il Comune ha improvvisato. Nel 2000, la Legge 328 prevedeva il trasferimento all’istituzione più prossima per il soddisfacimento dei bisogni dei privati cittadini. L‘Agenzia ha rafforzato tutto questo, anche in ottemperanza alla 328. I primi anni ha funzionato, tanto che la Regione Lazio contemporaneamente realizzava ininterrottamente servizi sulle dipendenze, li metteva a bando direttamente. A un certo punto, tra il 2005 e il 2006, la Regione Lazio, che aveva una sessantina di servizi, li ha divisi tra quelli a prevalenza sanitaria e quelli a prevalenza sociale. Tutti quelli a prevalenza sociale li ha trasferiti ai Comuni capofila di distretto. Così ha trasferito i distretti che rientravano nella Capitale all’agenzia. L’Agenzia ha quindi realizzato una quindicina di servizi per la prevenzione e l’inserimento lavorativo e inclusione di persone con problemi di dipendenza. Parecchi anni sono andati avanti così: l’Agenzia gestiva il fondo comunale e il fondo regionale».
La seconda fase: un contenitore vuoto
Ma da 10 anni, l’Agenzia Capitolina sulle Tossicodipendenze era diventata un contenitore vuoto, costoso. E anche un ostacolo a qualsiasi programmazione di politiche sui consumi e sulle dipendenze. «Arriviamo al 2008, quando arriva l’amministrazione Alemanno» ricorda il Presidente di CNCA Lazio. «Nel 2009 indica come presidente dell’Agenzia e come consiglieri persone di fiducia, e quindi cambia un po’ l’aria. Nel 2010-11 prendono vita numerose manifestazioni organizzate da noi contro l’operato dell’Agenzia, che aveva una visione della prevenzione e dell’inclusione molto lontana da quelle che erano state fino a quel momento le linee di indirizzo e anche contro quelle che erano la letteratura e la prassi consolidata, che sono anche i pilastri dell’Unione Europea: riduzione del danno, inclusione, repressione e cura. Noi avevamo un consolidato, uno storico come Il Cammino, Parsec, La Tenda, Magliana 80, tutti gruppi nati nell’Ottanta e con una lunga esperienza. Quindi inizia un conflitto fortissimo con l’agenzia. Fino a che, nel 2012, non c’erano più servizi».
Una visione demonizzante ed etichettante
È facile immaginare quali siano stati i contrasti e la differenza di vedute tra la nuova impostazione dell’Agenzia e chi, da anni si è occupato di questo tema con una visione diversa. «L’Agenzia aveva una visione demonizzante della sostanza e, dal nostro punto di vista, etichettante dei consumatori» ci spiega Regio. «Una visione del consumo come un vizio, una dipendenza, una cosa da curare, come se il semplice consumo fosse di per sé una problematicità, una malattia». «Dal nostro punto di vista i consumi sono entrati a far parte delle condotte dei giovani e degli adulti spesso senza rappresentare di per sé una problematicità che ha bisogno di un trattamento» continua. «Riteniamo che il consumo sia una scelta a rischio, che comportamenti correlati possano comportare dei rischi. Il nostro atteggiamento è avvicinarci a chi consuma, fornire informazioni corrette, dare informazioni sui rischi correlati ai consumi ed evitare che le persone che decidono di consumare ne escano con ulteriori problemi o che contagino gli altri. È quello che noi chiamiamo riduzione del danno. E su questo c’era una divisione netta».
L’unico servizio rimasto: la Comunità di Città della Pieve
È facile capire allora che cosa fosse diventata l’Agenzia. «Dal 2013 al 2023 l’Agenzia è rimasta lì con una sede, un commissario nominato dal sindaco, del personale per gestire l’unico servizio rimasto, che era la Comunità di Città della Pieve, che avevamo gestito per trent’anni noi della cooperativa Il Cammino: poi c’è stato un bando, molto discusso, vinto da un’altra realtà» spiega il Presidente di CNCA Lazio. «Da dieci anni l’Agenzia sta lì. Dopo Alemanno sono venuti Marino e Virginia Raggi, hanno fatto delle mozioni per chiuderla e non è successo niente, adesso con la mozione del sindaco Gualtieri è stata approvata la delibera».
Concertare le politiche cittadine aprendo un dialogo
È in questo senso, allora, che l’Agenzia Capitolina sulle Tossicodipendenze era diventata un ostacolo alla realizzazione di qualsiasi azione volta a sostenere le persone con difficoltà correlate ai consumi o a limitarne rischi e danni correlati. «L’Agenzia, per come è oggi, rappresenta un ostacolo» conferma il Presidente di CNCA Lazio. «Mentre nel 1998-99 era il tempo dei fondi dedicati, delle agenzie, nel 2023, estrapolare il discorso consumi e dipendenze dai servizi sociali non ha più senso. Quello che serve è aprire un ufficio dipendenze dentro il dipartimento, così come ce n’è uno per i minori o per le disabilità, che concerti le politiche cittadine aprendo un dialogo con gli enti accreditati e con un assessore di riferimento che organizzerà le politiche cittadine. Certo, ora dipenderà da quello che faranno: chiudere l’agenzia di per sé, è togliere un ostacolo. Ma che vogliono fare?»
Le proposte di CNCA Lazio
Nella nota del CNCA Lazio si legge che Roma dai primi anni 80, ininterrottamente fino al 2010, ha avuto nel paese un ruolo da protagonista e pioniera nella sperimentazione e implementazione di politiche e pratiche innovative sul fenomeno dei consumi. E che il 2023 dovrà essere l’anno in cui questo ruolo verrà recuperato. Il CNCA Lazio, i gruppi aderenti che da decenni sono impegnati sul fenomeno con un atteggiamento laico e professionale, saranno a disposizione per contribuire alla definizione e realizzazione di questo percorso. «Abbiamo presentato un documento con le nostre proposte» ci rivela Regio. «Andrebbe aperto un ufficio dedicato presso il Dipartimento. Questo ufficio dovrebbe aprire un tavolo di confronto per rimettere a tema consumi e dipendenze e fare una co-programmazione e una co-progettazione, come ormai la legge prevede. E quindi assicurare la ripresa di una voce di Roma Capitale su questo tema, iniziando a organizzare servizi di prevenzione, inclusione socio-lavorativa, e assumere a sé tutta la componente sociale dei percorsi di cura e trattamento delle persone che sviluppano una dipendenza. Coordinarsi con le Asl e i Sert che sono sul territorio». «E magari, visto che il contratto con la Comunità di Città della Pieve è scaduto, ed è in proroga, ed è una grande risorsa, con centinaia di ettari di bosco, costruire intorno ad essa un grande progetto di formazione e inclusione, in collaborazione con le Asl e i Sert del territorio» aggiunge. «Pianificare e riprendere una voce di spesa, dialogare anche con la Regione. Perché tutto quel filone di progetti regionali è andato a morire. Adesso stanno nel fondo indistinto, ma i servizi non ci sono: l’ottimo lavoro fatto in quegli anni è andato completamente perso».
La limitazione dei rischi
Una delle missioni dell’Agenzia era evitare il l primo contatto con le sostanze, e quindi un’attenzione è rivolta alle giovani generazioni. «È quello che abbiamo fatto con i progetti regionali» conferma Regio. «Abbiamo una serie di unità di strada, che fanno limitazione dei rischi, anche con interventi su Roma. Certo, eliminare il primo contatto la vedo una pratica impossibile. I giovani il contatto con le sostanze ce l’hanno e non si riesce ad evitarlo. Però si può evitare che corrano rischi inutili, contattandoli, informandoli con modalità efficaci. Non dicendo: la droga è brutta e cattiva. Nessuno ci crede più. Avere quella credibilità del messaggio complesso, articolato, efficace, vero, che aumenta la competenza, e dove c’è un consumo problematico e, dove uno non vuole smettere, aumentare la sua funzione di autocontrollo e regolazione affinché non ci sia una deriva che impedisca poi di proseguire la propria vita sul piano formativo, lavorativo, affettivo. È possibile, anche in presenza di un consumo problematico: le persone, se ben curate e accompagnate, possono conciliare il consumo, laddove proprio non vogliano smettere, con le attività fondamentali dell’esistenza. E quando poi un giorno decideranno di smettere di consumare, ben venga. Ma avranno un titolo di studio, una formazione, un lavoro che non avranno interrotto. E non avranno HCV e HIV, staranno meglio e non avranno contagiato altri».
In copertina foto Camisetas de Santi Ochoa