COMUNICARE LA DISABILITÀ. UNA GUIDA PER FARLO IN MODO CORRETTO

Promossa e ideata dal Coordinamento per le pari opportunità dell’Ordine dei giornalisti, la guida punta ad una comunicazione appropriata e rispettosa dei diritti e della dignità delle persone con disabilità

di Laura Badaracchi

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«Inclusione è una parola magica, Quando esiste svanisce», scriveva il giornalista e scrittore Antonio Giuseppe Malafarina, scomparso l’11 febbraio scorso, coautore con Claudio Arrigoni e Lorenzo Sani del volume Comunicare la disabilità. Prima la persona, disponibile sul sito dell’Ordine nazionale dei giornalisti e dedicato proprio a Malafarina, che ha lavorato sulle bozze del testo fino al giorno della sua morte. Si tratta di una guida «per una comunicazione adeguata e rispettosa delle persone con disabilità», promossa e ideata dal Coordinamento per le pari opportunità dell’Odg. Il testo esce a 10 anni dalla scomparsa del giornalista Franco Bomprezzi, che compare nell’incipit con una citazione dei suoi scritti: «I giornalisti, in genere, sono spesso insofferenti rispetto alle terminologie corrette, che nascono dal movimento culturale e dall’evoluzione dei tempi. Non si pongono volentieri il problema della “connotazione” e dello “stigma”, preferiscono la semplicità e la coloritura forte di un termine ad effetto, immaginando che possa incontrare il favore del lettore, o dello spettatore. Ma in tal modo contribuiscono non poco ad una errata percezione della realtà esistenziale delle persone con disabilità».

Comunicare la disabilità: evitare pietismo o eroismo

Comunicare la disabilità«Il tema della comunicazione appropriata e rispettosa dei diritti e della dignità delle persone con disabilità è sempre più al centro dell’attenzione di istituzioni pubbliche e aziende private, che hanno predisposto linee guida e glossari disponibili anche in rete ad uso della collettività, non solo dei dipendenti. In particolare, si segnalano i contributi di Istat, Agenzia delle Entrate e Banca Intesa, preziose fonti di riferimento, insieme con quelle istituzionali – informano i curatori del volume –. Il progetto grafico di questa guida, dalla scelta dei font (Open Sans font ad alta leggibilità), alle spaziature del testo, all’utilizzo del colore, è accessibile anche alle persone cieche e con dislessia». La Convenzione Onu del 2006 sui diritti delle persone con disabilità (ratificata dal nostro Paese con la Legge 18/2009) sancisce ufficialmente la definizione “persona con disabilità”. «Disabile come aggettivo si usa, sempre se preceduto da un concetto che rimandi alla persona. “Diversamente abile” o “diversabile” (dall’inglese “differently abled”, rilanciato in Italia all’inizio del secolo da Claudio Imprudente, animatore storico del Centro Documentazione handicap di Bologna, le cui riflessioni su comunicazione e comportamenti sono sempre interessanti) sono termini che hanno avuto forse una valenza positiva anni fa, ma ora non più». Inoltre «la diversità è caratteristica di ognuno, quindi non è corretto usare la parola “normodotato”, con questo richiamo alla normalità che non ha senso nel linguaggio non discriminatorio, sostituendola con “persona senza disabilità” o “che non ha condizione di disabilità”». Anzitutto, «è sempre preferibile rivolgersi alla persona con disabilità, anche se in condizioni di apparente difficoltà comunicativa, invece che agli accompagnatori. Ciò preservando la regola del buon senso, che ci porta a capire in che misura poter interagire al meglio con il diretto interessato». La guida elenca alcune regole generali da tenere sempre presenti quando si scrive o si parla di disabilità: «Identifica sempre prima la persona e poi la disabilità. Qualche volta può non essere necessario, o interessante per un articolo menzionare la disabilità, ma non occorre sentirsi obbligati a farlo. Quando è importante, può bastare spiegare di che tipo di disabilità si tratta e che cosa comporta. Inoltre, è importante che queste informazioni passino come normalità di vita e non come eccezionalità. Se è pertinente con la sto-ria ricordare sempre: la persona al primo posto e la sua condizione poi», evitando pietismo o eroismo.

Verso le Paralimpiadi di Parigi 

Altri suggerimenti preziosi? «Evitare ritratti di persone con disabilità che risultino “straordinarie” o “eccezionali” oppure “superumane”. Il superomismo, così come il pietismo, sono da eludere quando si affronta la disabilità. Specie quando si racconta lo sport, può capitare che, sopravvalutando le imprese di atleti paralimpici, inavvertitamente venga suggerito che non ci si poteva aspettare risultati simili (chiaro, dipende dai risultati e dall’impresa ed è un concetto valido anche per un atleta olimpico)». Ancora, «non sensazionalizzare il talento e le capacità di persone con disabilità per il fatto che siano “con disabilità”. Questi talenti dovrebbero essere riconosciuti e applauditi consapevolmente, sempre mettendo la persona al centro e ricordando che sono il frutto di movimenti per i diritti delle persone con disabilità che hanno cercato di fare in modo che si fosse consapevoli dell’impatto negativo di riferirsi al talento e alle capacità di persone con una disabilità fisica, o sensoriale, o intellettiva, con un linguaggio iperbolico». Piuttosto, «descrivere le persone come sono nella vita reale, quella di ogni giorno. Una persona con una disabilità potrebbe essere un atleta, un genitore, una ingegnera e via dicendo. Insomma, in particolare, riguardo alle categorie deboli, l’attenzione deve sempre essere al tutto e non solo a una parte. Le persone non vogliono essere viste con pietà, compassione, carità. Il pietismo, insieme al superomismo, è uno dei due buchi da evitare per non cadere in atteggiamenti abilisti. Una persona con disabilità non è necessariamente malata. Non confondere mai patologia e disabilità, che è condizione legata alla società in cui si vive, alle condizioni esterne, al tempo e al luogo, non ad un problema di salute». E ancora, una notazione illuminante anche in vista delle imminenti Paralimpiadi di Parigi, al via il 28 agosto: «Le indicazioni su comunicazione corretta e disabilità non sono statiche nel tempo, ma possono, e anzi devono, suscitare nuove riflessioni per migliorare la società tutta. Questa guida contiene ampi esempi di sviluppo del linguaggio (da invalido a persona con disabilità passando per handicappato) che abbiamo voluto motivare. Un percorso importante anche nell’ottica dell’appuntamento, non solo sportivo, che sono i Giochi Olimpici e Paralimpici di Milano Cortina 2026. Lo sport, va ricordato, è stato parte fondamentale in questi cambiamenti che partono dal linguaggio per arrivare alla cultura e al miglioramento della società. Attraverso lo sport potremmo arrivare a eliminare quel prefisso “dis” per puntare sulle abilità nel rispetto di ogni condizione e costruendo così una società che sia davvero per tutti».

La guida Comunicare la disabilità. Prima la persona è disponibile qui.

 

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