LA COMUNICAZIONE SOCIALE È BELLA PERCHÈ FA SOCIETÀ
Attraverso di essa il non profit può sostenere il cambiamento. Un libro di Gaia Peruzzi e Andrea Volterrani
30 Aprile 2016
I social network hanno aperto nuove prospettive di comunicazione alle organizzazioni non profit, volontariato compreso, che ormai li utilizzano in modo diffuso. Non è detto però che l’utilizzo che ne fanno sia pienamente consapevole e proficuo, perciò il loro uso rischia di rimanere una moda (la cui diffusione è facilitata dalla semplicità e dalla gratuità di questi strumenti), che non incide sulla vita delle associazioni e non le aiuta ad uscire dall’irrilevanza comunicativa. E quindi dall’irrilevanza culturale. Un po’ come negli anni novanta, quando tutte o quasi hanno aperto un sito, che allora rappresentava la nuova frontiera dell’informazione. Salvo poi relegarlo al ruolo di vetrina dell’associazione, con pochi contenuti e pochissima visibilità.
Fare comunicazione sociale è difficile e impegnativo. Troppo spesso le associazioni partono dal desiderio di rendersi visibili, e lì si fermano, senza mai porsi il problema dei motivi più profondi per cui un’organizzazione dovrebbe comunicare. La domanda: perché devo investire tempo, fatica e magari anche soldi per comunicare? ha alcune risposte scontate (perché devo trovare le firme del 5xmille, perché ho organizzato un evento e voglio che la gente partecipi…). Ma chi si ferma qui ha perso di vista qual è il ruolo del volontariato e del non profit nella società ed ha rinunciato a perseguirlo. Cioè ha rinunciato ad esercitare quel ruolo culturale e politico necessario per cambiare la società.
Che cosa è la comunicazione sociale
Di che cosa stiamo parlando lo spiega bene un libro uscito recentemente: si intitola, appunto, “La comunicazione sociale” ed è stato scritto da Gaia Peruzzi e Andrea Volterrani (Laterza, 2016). Per loro, «La comunicazione sociale è la comunicazione vocata a promuovere i diritti, la giustizia e la solidarietà sociale; è la comunicazione che ha per obiettivo la diffusione di significati, di idee e di pratiche ispirati a valori di equità, pace e inclusione».
Dunque la comunicazione sociale non si definisce tanto i base a chi la fa (le istituzioni, il non profit, le imprese nell’ambito della responsabilità sociale…) o a come la si fa, quanto in base all’obiettivo: si tratta infatti di «Una comunicazione dedita a “fare società”, nel senso di creare e diffondere relazioni improntate a criteri e sentimenti di fraternità e di comunanza, di eguaglianza e di sostenibilità sociale, con particolare attenzione ai bisogni dei soggetti vulnerabili e svantaggiati».
È evidente che, se questa è la comunicazione sociale, il non profit è il soggetto deputato – direi per vocazione – a produrla. Ma è altrettanto evidente che le associazioni, se vogliono incidere sul territorio e nella società, devono superare una concezione puramente funzionale della comunicazione.
Obiettivo: i legami sociali
Comunicazione, infatti, non è solo fornire informazioni ed emozioni, ma farlo in modo che possano produrre «un certo tipo di azioni, grazie alla modifica da esse indotta nella visione del mondo dei destinatari, e infatti il successo di un’azione di comunicazione non è dato dal numero dei soggetti raggiunti, ma dal numero di soggetti che in seguito alla comunicazione modificano il proprio comportamento». Cioè dalla misura in cui si rinsaldano legami sociali, si rappresentano problemi reali, si diffondono i valori della solidarietà, e della giustizia sociale.
Il volume prosegue poi analizzando alcuni temi chiave attraverso i quali si articola la comunicazione sociale: le relazioni con i media (perché la comunicazione sociale non deve rimanere marginale), le possibilità aperte dai nuovi media e la valutazione dell’impatto della comunicazione. Per concludere con una sfida, o un auspicio: che la comunicazione sociale possa un po’ per volta colonizzare quella mainstream, rendendola più sensibile alle logiche della società, oggi escluse dalle logiche del mercato del potere politico, assolutamente prevalenti. L’auspicio è che questo processo, pur graduale, non richieda tempi biblici.
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Gaia Peruzzi, Andrea Volterrani
La comunicazione sociale
Laterza 2016
pp. 172, €14,40
(disponibile anche in ebook)