CONFLITTI DIMENTICATI: 52 GLI STATI IN GUERRA NEL MONDO

300 milioni di persone sul pianeta dipendono dagli aiuti umanitari, mentre intensità e letalità dei conflitti aumentano e la spesa militare mondiale sfiora i 306 dollari a persona. Eppure in un anno 6 Paesi in guerra non hanno ricevuto alcuna copertura mediatica e nella percezione comune il rischio è di una cupa normalità. Numeri dall’ottavo Rapporto sui conflitti dimenticati di Caritas Italiana

di Laura Badaracchi

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Aumenta del 20% l’intensità e la letalità dei conflitti nel 2023, crescono del 27% le persone – quasi 300 milioni – che nel mondo dipendono dagli aiuti umanitari, si registra un balzo esponenziale del 100% dei rifugiati ogni 10 anni, mentre la spesa militare mondiale sfiora i 2.500 miliardi di dollari pari al 2,3% del Pil globale: 306 dollari a persona. Negli Stati Uniti si attesa a 820 miliardi di dollari, seguono Cina (296 miliardi) e Russia (109 miliardi). Sono alcune delle cifre desolanti contenute nell’ottavo rapporto di Caritas italiana sui conflitti dimenticati dal titolo “Il ritorno delle armi. Guerre del nostro tempo” (a cura di Paolo Beccegato e Walter Nanni, in libreria dall’11 dicembre per le Edizioni San Paolo) presentato durante un convegno a Roma in collaborazione con CSVnet.

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Ben 52 Stati in guerra sul pianeta in situazioni di conflitto armato (erano 55 nel 2022), mentre crescono nel 2023 le guerre ad altissima (da 3 a 4, con più di 10mila morti in Myanmar e Sudan, Israele-Hamas e Russia-Ucraina) e ad alta (da 17 a 20) intensità; il numero delle vittime arriva a quota 170.700 (153.100 nel 2022), il più alto dal 2019. Sono state 63 le operazioni multilaterali di pace, una in meno rispetto al 2022, un terzo delle quali coordinato dall’Onu, mentre ammontano a 100.568 gli operatori civili e militari impegnati in operazioni di pace, con una flessione significativa rispetto all’anno precedente quando erano 114.984. S’impenna tragicamente il numero di bambini uccisi e menomati: 11.649 nel 2023, + 35% rispetto al 2022, mentre i minorenni rapiti – soprattutto maschi – sono 4.356. Solo in Ucraina «nel febbraio 2022 sono stati riportati 1.682 attacchi alla salute dei minorenni, a danno di operatori sanitari, forniture, strutture, magazzini e ambulanze e oltre 3.000 attacchi a strutture educative, che hanno lasciato circa 5,3 milioni di bambini ucraini senza un accesso sicuro all’educazione».

Dal novembre 2018 al 31 ottobre scorsi il Servizio Cei per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli ha finanziato 1.351 progetti in 28 Paesi interessati da conflitti a estrema o altra gravità. Sul totale dei 2.321 progetti complessivi finanziati tra il 2018 e il 2014, oltre la metà (58,2%) ha riguardato Paesi in guerra (57,6% dei fondi erogati).

Conflitti e informazione: il rischio di una cupa normalità

«Proponiamo la strada del dialogo che parta da un multilateralismo dal basso», ha auspicato Paolo Beccegato, del Servizio Cei per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli, evidenziando «interconnessioni significative fra la violenza organizzata e povertà (ad esempio, ridurre il nemico alla fame per vincere la guerra), degrado ambientale, speculazione finanziaria, sistemi d’arma. Per quanto riguardo le connessioni internazionali, abbiamo visto in questi giorni cosa sta succedendo in Siria: una guerra civile interna ha ripercussioni su larga scala». È quello che succede anche in Ucraina e a Gaza, ha puntualizzato, citando il volume del chirurgo congolese Denis Mukwege, premio Nobel per la Pace 2018, intitolato “Figlie ferite dell’Arica. La mia battaglia per salvare le donne dalla violenza” (Garzanti 2019), in cui racconta le cure offerte all’ospedale da lui fondato alle donne vittime di violenze sessuali durante la guerra civile. Stupri e mutilazioni, infatti, sono armi strategiche delle milizie armate: colpiscono le donne per distruggere le famiglie e quindi le strutture sociali ed economiche del luogo.

Dal sondaggio demoscopico “La percezione dei conflitti e le fonti informative degli italiani” su un campione di 3.400 persone, svolto dall’Istituto Demopolis, emerge «il rischio di una cupa normalità», ha osservato la ricercatrice Maria Sabrina Titone. «Le guerre sono più prossime e percepibili gli effetti, come la crisi del grano e delle risorse energetiche», ha aggiunto. Se il 71% degli intervistati è in grado di citare almeno una guerra degli ultimi 5 anni, conclusa o ancora in corso (nel 2021 era il 53% della popolazione), ben il 29% non ricorda alcun conflitto nello stesso periodo; quello più citato è il russo-ucraino (47%), 3 su 10 ricordano il fronte israelo-palestinese, il 16% cita la Siria, il 26% giunge a individuare 3 conflitti. L’80% considera le guerre «evitabili e non legate in modo indissolubile alla natura profonda dell’uomo» (erano il 75% nel 2021). Buona la fiducia nel ruolo della comunità internazionale per prevenire la guerra o attivarsi per la mediazione tra le parti: il 72% vorrebbe potenziare il ruolo dell’Onu e il 74% (62% nel 2021) non vuole interventi armati ma il ricorso alla mediazione. «Una salda maggioranza rifiuta gli interventi militari e si schiera a favore di interventi umanitari e di riconciliazione tra gli attori in gioco».

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Conflitti dimenticati: 15 Paesi in guerra nel 3,4% delle notizie

Secondo don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana, «l’indifferenza rimane una scelta che ci separa dalla responsabilità e dall’impegno. È necessario investire nella costruzione della pace, non come un’idea astratta, ma come una realtà concreta che si manifesta nelle scelte quotidiane. Abbiamo il compito di promuovere una cultura di pace, che parte dal rispetto reciproco e dalla volontà di trovare soluzioni. È questo un invito deciso a partecipare, a essere attori protagonisti del cambiamento che parte da noi, dalla nostra volontà di non voltare le spalle e di lottare affinché ogni vita sia rispettata».

Nel 2022 «le notizie sulle guerre sono state 4.695, pari all’11,7% di tutte le notizie (42.271). Il 96,5% delle notizie di guerra parlano dell’Ucraina, il 3,5% parla di Afghanistan e Siria. Nel 2023, le notizie sulle guerre sono state 3.808, pari all’8,9% di tutte le notizie (42.976). Il 50,1% è concentrato sul conflitto israelo-palestinese, il 46,5% sulla guerra in Ucraina, il restante 3,4% è distribuito su 15 Paesi in guerra», ha sottolineato Monia Azzalini, dell’Osservatorio di Pavia, parlando dei conflitti dimenticati nei Tg Italiani.

Sudan: il Paese con il più alto numero di bambini sfollati nel mondo

«In un anno 6 Paesi in guerra non hanno ricevuto alcuna copertura mediatica: Bangladesh, Etiopia, Guatemala, Honduras, Iraq e Kenya. Fra i sei fattori ipotizzati come correlati alla notiziabilità dei conflitti, solo due sembrano spiegare chiaramente questi risultati: la gravità del conflitto in termini di “eventi politici violenti” (meno in termini di “eventi che colpiscono la popolazione civile”) e la vicinanza geografica del Paese interessato dal conflitto con l’Italia». Lucia Capuzzi, giornalista inviata di Avvenire, ha rincarato la dose: «La Siria fino a 10 giorni fa era un conflitto dimenticato. Si conquista il territorio a suon di stragi di civili, come strategia di guerra e non come vittime collaterali. Ma c’è una molteplicità di gruppi dalla parte di Palestina e Israele che ha progetti seri per sviluppare alternative di convivenza possibile».

Francesco Strazzari, docente all’Università Sant’Anna di Pisa, ha ricordato che la guerra dimenticata in Sudan – cominciata ad aprile dello scorso anno – ha prodotto quasi 12 milioni di sfollati, di cui 3,2 fuggiti in Egitto, Sud Sudan, Ciad, Libia; un rifugiato su 7 nel mondo è sudanese, «con un trend in continua crescita di circa 20.000 persone al giorno costrette a fuggire». Secondo il Rapporto, questo conflitto «ha generato nel 2023 bisogni umanitari per 15,8 milioni di persone, stimate a 30 milioni di persone per il 2024. Ben 3,5 milioni sono bambini. Questo fa del Sudan il Paese con il più alto numero di bambini sfollati in tutto il mondo». Fame e colera stanno falcidiando la popolazione sudanese, pari a 26,5 milioni: «Sono oltre 3,7 milioni i bambini con meno di 5 anni e oltre 1 milione le donne incinte o allattanti in condizione di grave malnutrizione. Caritas Italiana ha raggiunto oltre 20.000 persone con aiuti in denaro e la fornitura di materiale igienico sanitario; in Sud Sudan e Ciad sta fornendo assistenza umanitaria nei campi di accoglienza dei profughi, soprattutto per quanto riguarda il cibo e l’igiene: più di 40 mila persone sono state aiutate.

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Il ritorno delle armi
Guerre del nostro tempo
Ottavo rapporto sui conflitti dimenticati
Paolo Beccegato e Walter Nanni (a cura di)
San Paolo Edizioni, 2024
pp. 288, € 26

 

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