CONSUMO CRITICO: UNA FORMA DI PARTECIPAZIONE IN CRESCITA
Contano il prezzo e la qualità dei prodotti, ma anche il comportamento dei produttori e la sostenibilità ambientale.
10 Giugno 2016
Il consumo oggi rappresenta un vero e proprio “strumento di potere” nelle mani del cittadino: non solamente un fine quindi, ma una forma di azione da esercitare. Ecco perché il consumo critico, che oggi coinvolge un numero crescente di persone, è in grado di innescare processi di mutamento economico e di promuovere nuove forme di politica attiva. È stato questo il tema approfondito il 5 giugno, durante l’incontro “Azione collettiva, consumo critico e crescita”, che si è svolto presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale dell’Università di Trento, nell’ambito del Festival dell’economia. Ad intervenire sono stati Francesca Forno, professoressa di sociologia presso l’Università di Bergamo, Paolo R. Graziano, professore di sociologia politica all’Università di Padova e Flaviano Zandonai, ricercatore Euricse e Iris Network, con la mediazione di Mario Diani, direttore del Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale dell’Università di Trento. Il tema di per sé non è nuovo: le forme di organizzazione collettiva di consumo sono state una costante della società industriale. Oggi però stanno acquisendo una rilevanza maggiore, su cui vale la pena interrogarsi. Così hanno fatto Francesca Forno e Paolo R. Graziano, nel libro “Il consumo critico”, edito da Il Mulino. Le ricerche e le riflessioni contenute nel volume hanno quindi rappresentato il punto di partenza di un dibattito, che ha coinvolto non solo i relatori, ma anche il pubblico, che ha alimentato il confronto con domande e testimonianze.
Il movimento del consumo critico
Commercio equo solidale, turismo responsabile, slow fashion, banche del tempo: sono solo alcune delle parole che sentiamo circolare e che appartengono al vocabolario del consumo critico, in cui contano il prezzo e la qualità dei prodotti, ma anche il comportamento dei produttori e la sostenibilità ambientale e sociale della filiera produttiva. Un esempio paradigmatico in questo senso sono i GAS (Gruppi di Acquisto Solidale) formati da condomini, colleghi, parenti o gruppi di amici, che decidono di fare la spesa insieme, rivolgendosi direttamente ai produttori locali: in questo modo riescono a ridurre l’inquinamento e lo spreco di energia derivanti dal trasporto, ad ottenere condizioni d’acquisto più vantaggiose e a garantirsi la qualità dei prodotti biologici o ecologici, realizzati rispettando le condizioni di lavoro. Partendo dal consumo, questo genere di organizzazioni non solo sono diventate parte di un movimento che critica il modello di crescita economica in cui siamo immersi, ma suggeriscono anche delle “alternative” possibili. In particolare, come ha spiegato Francesca Forno, il movimento del consumo critico è riuscito ad agire su tre livelli, il primo è quello culturale: oggi possiamo acquistare prodotti provenienti da ogni parte del mondo, perché la globalizzazione ha accentuato la mobilità delle merci, quindi la possibilità di scelta posta nelle mani del consumatore, gli attribuisce un potere ancora più grande rispetto al passato, tanto più numerose risultano le possibilità. Ed è qui che entra in gioco il suo potere decisionale, perché «il consumatore può scegliere quale economia sostenere» spiega Forno. A livello economico allora, il consumo critico propone un modello che tuteli il lavoro e l’ambiente, attraverso reti economiche che mettano direttamente in contatto produttore e consumatore (la così detta «filiera corta»), con un’attenzione particolare rivolta alla qualità della merce. Ma per diffondere su larga scala questo “modello economico alternativo” serve il coinvolgimento delle Istituzioni, ecco perché il movimento agisce anche a livello politico, cercando un dialogo con le Amministrazioni locali, per promuovere iniziative come la diffusione delle mense a km zero nelle scuole. A partire da questi principi operativi, associazioni come Slow Food sono riuscite a fare breccia nella cittadinanza e a favorire un ampliamento della partecipazione alle iniziative proposte. Ma quali sono le ragioni che hanno influito sulla crescita del movimento di consumo critico nel nostro Paese?
Forme alternative di aggregazione
Il luogo comune vuole che il prodotto biologico sia costoso e adatto quindi alle tasche di pochi. «È vero che il consumo critico richiede una certa capacità di spesa», dice Paolo Graziano, ma è vero anche che esistono molti prodotti accessibili: entrare a far parte di gruppi come i GAS consente al consumatore di acquistare una merce ad un prezzo finale più basso, privo (ad esempio) dei costi di trasporto. Per questo motivo la crisi economica può essere annoverata tra le ragioni che hanno spinto sempre più persone ad avvicinarsi al mondo del consumo critico, attratte dalla possibilità di risparmiare. Eppure, continuando a prendere in considerazione i GAS come esempio emblematico, entrare in un gruppo d’acquisto solidale non significa solamente spendere meno, ma anche essere coinvolti all’interno delle dinamiche organizzative e gestionali (pensiamo alla scelta e al controllo dei fornitori locali da cui acquistare i prodotti), diventare parte di un gruppo, di una rete di persone con cui condividere stile di vita, iniziative, attività. Emerge allora che ad ingrossare le fila del movimento del consumo critico siano anche i cittadini delusi dai canali convenzionali della partecipazione, primi tra tutti i partiti e i sindacati. Da questa crisi di rappresentanza, deriva il desiderio di molti cittadini di trovare forme alternative di aggregazione, per poter intraprendere un percorso che tenga conto di obbiettivi comuni, primo fra tutti quello di un’economia “alternativa”. Diversi attori del mondo del consumo critico tentano perfino l’avvicinamento al mondo della politica locale, con programmi che rimettano al centro dell’agenda i temi del bilancio partecipativo, della salvaguardia dell’ambiente, della gestione partecipata della cosa pubblica, ecc. Il movimento del consumo critico, però, non guarda solamente alla dimensione locale. Dal 2001 infatti, le diverse “anime” del movimento lavorano per affermare i loro principi su scala sovranazionale.
Consumo critico ed economia capitalistica
Come è ormai chiaro, quello del consumo critico, in tutte le sue diverse declinazioni, non è più una pratica di nicchia. Anzi, come ha spiegato Flaviano Zandonai, oggi siamo di fronte ad «un nuovo modello di consumo» pronto per essere adottato. Ad intuirne il potenziale oggi è la stessa economia “main stream”, che individua nella sostenibilità ambientale e nell’inclusione sociale dei fattori aggiunti, che migliorano la competitività dei prodotti sul mercato. La questione aperta, su cui ancora occorre discutere, è allora quella che riguarda la possibilità di un contatto tra mondo del consumo critico ed economia capitalistica.