VOLONTARIATO, TERZO SETTORE E SOSTENIBILITÀ: DOVE STIAMO ANDANDO?

Di come cambia il volontariato, della gestione del terzo settore, di sostenibilità e della collaborazione tra profit e non profit si è parlato nel convegno Euconsult Italia "La gestione responsabile del terzo settore". Chiara Tommasini: «Uno dei compiti più importanti che abbiamo è studiare i cambiamenti»

di Giorgio Marota

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Guai a dare per scontato il volontariato: è un animale in costante evoluzione e, come tale, è abituato a cambiare pelle. Al tempo stesso, anche gli enti hanno un bisogno crescente di diversificare le loro competenze e di fare sempre più rete; insomma: di non bastare più a sé stessi e uscire da una logica autoreferenziale. Secondo Chiara Tommasini, presidente di CSVnet, è necessario «un ripensamento collettivo del nostro mondo», alla luce soprattutto di un dato, citato durante un intervento nel convegno di EUconsult Italia, La gestione responsabile del terzo settore, svoltosi giovedì a Roma presso Villa Altieri: «Rispetto all’ultima rilevazione del 2015, il numero di volontari è diminuito del 15,7%». CSVnet è una galassia che associa 49 Centri di servizio per il volontariato attivi in Italia, con un obiettivo: supportare e sostenere il volontariato e la cittadinanza attiva, diffondendo la cultura della solidarietà. «Uno dei compiti più importanti che abbiamo è studiare i cambiamenti», ha proseguito Tommasini, «se le persone si avvicinano di meno all’associazionismo significa che forse tendiamo a considerarle più come braccia che come teste. La voglia di partecipare, che c’è e resta tanta, va canalizzata in modo differente».

EUconsult Italia

Dove va il terzo settore? Le questioni aperte

Alessandra Prampolini, direttrice generale di WWF Italia, ha evidenziato come tra i volontari si stia diffondendo l’abitudine a «sposare la causa più che l’ente». I giovani, dopotutto, «vanno alla ricerca costante di esperienze» anche quando offrono semplicemente il proprio tempo libero, richiedendo sempre più spesso formazione e competenze da utilizzare poi sul lavoro. Ecco perché non si può prescindere da un discorso sulle risorse e non sfatare falsi miti come l’idea che il non profit sia no-budget, o che risparmio ed efficienza siano per forza equiparabili. Andrebbe contrastata anche la prospettiva secondo la quale sia giusto pagare di meno chi lavora nel terzo settore, un ambiente spesso sottovalutato dai decisori politici dove invece si producono beni inestimabili come la fiducia e il capitale sociale. «Si fa l’errore di pensare che contino solo il posto letto per il malato o il recinto per il cervo. E la struttura che garantisce quel servizio chi la sostiene?», si è chiesta Prampolini. Il 60% del volontariato oggi è occasionale: lo chiamano “volontariato spot” ed è una dinamica di impegno a intermittenza che dice molto sulle abitudini delle nuove generazioni. Per capire in che direzione sta andando il terzo settore bisogna inoltre porsi la questione dell’inflazione dei servizi: servono davvero tante associazioni che in uno stesso territorio si occupano delle medesime necessità, rivolgendosi magari a un gruppo ristretto di persone? «Sotto il profilo algebrico e ingegneristico forse non ha senso, ma dal punto di vista delle comunità dove questi nuclei vanno a operare certamente lo ha», la risposta della presidente di CSVnet. «La chiave è la capacità degli enti di entrare in rete. Una rete vera e duratura, non soltanto finalizzata a partecipare a un bando».

Nella collaborazione tra profit e non profit cambia il rilievo delle ricadute economiche

I rapporti del terzo settore con gli altri mondi sono stati oggetto dell’intervento dell’ex ministro Enrico Giovannini, oggi direttore scientifico dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS). «Accanto alla collaborazione c’è anche, purtroppo, la competizione», ha detto. «Competizione per accaparrarsi i donatori, ad esempio. Essere in tanti è una ricchezza, ma può anche diventare una debolezza quando bisogna farsi ascoltare dalla politica». Durante l’incontro ci si è chiesti, inoltre, se profit e non profit possano trovare un punto d’incontro. Nella ricerca presentata da Paolo Anselmi, managing partner di Walden Lab, emerge come il 94% delle aziende consideri le collaborazioni con il terzo settore parte integrante di un impegno a favore della sostenibilità. Tra queste, le più frequenti restano le donazioni di denaro, seguite dalle sponsorizzazioni e dall’acquisto di prodotti solidali, mentre le aree di intervento più battute sono quelle dell’assistenza ai malati (48%) e ai disabili (39%), la ricerca medico-scientifica (33%), il disagio sociale (30%) e la protezione dell’ambiente (22%). Significativo il fatto che gli imprenditori preferiscano rivolgersi al locale (72% dei casi) molto più che a enti di caratura nazionale (48%) o regionale (23%), cercando dunque alleanze forti sul territorio nel quale operano. Contrariamente a quanto si possa pensare nell’ottica di una solidarietà di facciata, infine, la notorietà dell’organizzazione è un criterio di scelta scarsamente utilizzato (9%) dalle aziende che sposano cause sociali, diremmo quasi irrisorio rispetto a una coerenza di missione e valori (73%) e alla buona reputazione dell’associazione stessa (52%). In definitiva, cambia l’idea su cosa sia davvero importante in termini di ricadute positive di una collaborazione: le relazioni con la comunità, le motivazioni dei dipendenti e l’immagine dell’impresa battono le questioni squisitamente economiche come il miglioramento della performance finanziaria e la competitività sul mercato.

Il caso di Medici senza frontiere e Facile.it 

A proposito di aziende, rapporti e buone prassi, è emblematico il modo in cui è nata ad esempio la collaborazione tra Medici Senza Frontiere e Facile.it. Martina, un’infermiera, ha cominciato a raccontare su Instagram gli orrori di Gaza e l’emergenza umanitaria scaturita dal conflitto, così un utente, Mario, ha deciso di offrire un piccolo aiuto coinvolgendo anche l’azienda per la quale lavora. «Ha proposto una raccolta fondi tra i colleghi e il management ci ha visto un’opportunità, raddoppiando la quota e segnalandoci l’accaduto», ha raccontato Laura Perrotta, direttrice delle raccolte fondi di MSF. A quel punto è stato organizzato un evento, nel quale Medici Senza Frontiere ha potuto dialogare con i dipendenti di Facile.it. «I ragazzi, a differenza delle vecchie generazioni, non vogliono lavorare e basta. Vogliono trovare un senso in quello che fanno», l’analisi dell’esperta. Considerare «le aziende come i nuovi centri di aggregazione culturale» fa scattare inevitabilmente una riflessione: se nel barometro della fiducia le istituzioni sono in netta crisi, il non profit in leggera decrescita e le imprese, che hanno il profitto come primo obiettivo, viceversa crescono, «significa che dobbiamo concentrarci su questo mondo e lavorarci assieme senza pensare di avere noi tutte le soluzioni ai problemi».

Immagine di copertina dalla pagina FB EUconsult Italia

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