STUDIARE INSIEME, PER VINCERE L’ISOLAMENTO
Il "costudying" è la risposta alla solitudine imposta dall'emergenza e alla Dad. La fa, ad esempio, il Cies, nel centro Matemù
27 Aprile 2021
Dagli spazi di coworking a quelli di “costudying”. È l’iniziativa del Centro informazione e educazione allo sviluppo (CIES), associazione romana che dal 1983 è impegnata in cooperazione internazionale, mediazione interculturale e cittadinanza attiva. La onlus ha aperto le porte del locale MaTeMù, vicino alla fermata della metro Manzoni, a ragazze e ragazzi in difficoltà con le lezioni da remoto. Infatti, la didattica a distanza non è uguale per tutti. Sempre più giovani, soprattutto nelle periferie, lamentano la mancanza di luoghi adeguati all’apprendimento, con genitori in smart working ed eventuali fratelli e sorelle a occupare le poche postazioni a disposizione. Inoltre non tutte le famiglie hanno la possibilità economica di permettersi un device per ogni suo componente. Spesso ci si arrangia con modelli usati, non sempre performanti. Senza contare che ci sono docenti ancora impreparati nella gestione di piattaforme di e-learning.
Il costudying
Problemi a cui hanno provato a rispondere i volontari del primo Municipio. La tutela della salute è garantita dalle entrate contingentate, le finestre aperte e il rispetto delle norme anticovid. «Fortunatamente il nostro centro ha tante stanze diverse», precisa la presidente Elisabetta Melandri. «Abbiamo potenziato il servizio di ascolto da remoto, con la distribuzione di tablet. Registriamo una doppia tendenza distorta. Una è il chiudersi dentro la propria camera senza uscire, passando il tempo su Internet e videogiochi. L’altra è il bisogno di uscire a tutti i costi, sfidando le misure restrittive. Noi crediamo nella necessità di un bilanciamento e abbiamo messo a disposizione il nostro presidio di educazione non formale, che consenta di uscire di casa per esercitare il proprio diritto allo studio».
Sostegno psicologico e assistenza non sono gli unici progetti dell’associazione ad aver subito dei cambiamenti, dopo la diffusione della pandemia. I corsi di lingua per stranieri, ad esempio, sono proseguiti online. Laboratori di arte, spettacolo e canto hanno avuto fortune diverse in base alle singole discipline. Se la break dance ha trovato nel giardino intorno alla struttura il suo outdoor alternativo, la musica rap è stata eseguita davanti a una videocamera. In generale i giovani dagli 11 ai 24 anni con vulnerabilità hanno trovato nella rete un sostegno per circoscrivere solo all’aspetto fisico l’isolamento a cui sono costretti, mentre quello relazionale è stato in qualche modo salvaguardato. «Con il progetto Porte aperte al Desiderio come opportunità di rigenerazione sociale (Doors) Aiuteremo i bambini a uscire da condizioni di marginalità», prosegue Melandri. «Per ora stiamo lavorando insieme all’impresa sociale Con i bambini per recuperare quei minori che hanno avuto problemi con la giustizia».
I numeri del Cies
Per capire quanto l’emergenza abbia inciso su un’associziazione quasi quarantennale come Cies, basta confrontare la situazione attuale con il bilancio 2019. Fino a poco più di un anno fa nella cooperazione internazionale l’ente è riuscito a mobilitare 2.433 tra funzionari, operatori e rappresentanti istituzionali per coinvolgere quasi 35 mila persone nel rafforzamento della propria identità collettiva e informarne più di 500 mila attraverso programmi radiofonici, eventi, articoli di giornale e social media.
Oltre a istituire corsi di prevenzione della violenza di genere, in cui sono state coinvolte 648 donne. Nel campo dell’educazione la onlus si è distinta per aver coinvolto mille persone tra studenti insegnanti e famiglie in laboratori didattici e percorsi interattivi. Mentre in termini di mediazione culturale in più di cento città italiane dislocate in 19 regioni 1.200 professionisti hanno erogato 320 mila ore di servizio a mezzo milione di cittadini che parlano oltre 130 lingue e dialetti.
Drastico anche il calo nel settore dell’orientamento al lavoro. Prima del coronavirus il team di via Merulana ha aiutato 354 under 30, inserendone 32 in percorsi di formazione, 25 in tirocini e facendone assumere 10. Altrettanti sono stati quelli indirizzati verso il mondo imprenditoriale. Un’operazione a cui hanno contribuito le aziende partner, il cui numero è salito di altre 15 unità.
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