RACCONTARE LA STORIA, PER VINCERE L’INDIFFERENZA
L'impegno di Cronache Ribelli/Cannibali e Re: far conoscere la storia per costruire giustizia, pace, consapevolezza
di Redazione
21 Ottobre 2021
A cura di Morgana Bruno
Se si guarda bene, gli sfruttati e gli oppressi sono una immensa maggioranza in confronto a quelli che hanno il potere politico ed economico. Poche persone decidono della pace e della guerra, del benessere e del disagio di tutti. E chi controlla questi pochi potentissimi? Solo gruppi di potere; la moltitudine non è presente. Anche se viene convocata alle elezioni (una buona cosa, certamente) ogni quattro anni, ogni cinque anni, i pochi potenti non si preoccupano, durante i quattro o cinque anni, di dare informazioni esatte a tutti, di aprire scuole per chi non ha nessuna cultura, centri sociali per aiutare gli uomini a ritrovarsi insieme, a discutere e imparare l’uno dall’altro. Anzi, i potenti fanno di tutto perché le persone non si trovino insieme a discutere e a criticare, se occorre; e i grandi industriali sono pronti a dare la settimana lavorativa di cinque giorni agli operai, così alla sera dei cinque giorni saranno spossati e non andranno al centro sociale a parlare di politica ed istruirsi liberamente, e nei due giorni liberi scapperanno dalla città a fare i turisti o a pescare.
Con le parole di Aldo Capitini, riportate nel mensile da lui diretto, “Il potere è di tutti”, (articolo n.1 del mese di Gennaio 1964) vogliamo introdurre Davide Gallucci, membro dell’Associazione e del Collettivo Cronache Ribelli/Cannibali e Re (CR), al quale abbiamo voluto affiancare il tema della marcia Perugia-Assisi del 2016: Vinci l’indifferenza.
Davide ci racconta, infatti, che «il progetto Cronache Ribelli nasce nella primavera del 2016, dall’incontro di ragazze e ragazzi che avevano appena finito l’università, storici, persone per cui la storia ha avuto un ruolo importante, archeologi eccetera, accomunati da un unico obiettivo: parlare di storia, fare divulgazione raccontando gli avvenimenti storici da un punto di vista diametralmente opposto a quello che viene fatto a livello scolastico. Il senso è quello di raccontare la storia dal punto di vista delle oppresse e degli oppressi, prendendo in considerazione gli uomini e le donne che la Storia l’hanno fatta e l’hanno pagata, l’hanno vissuta e l’hanno odiata, ne sono stati parte in silenzio o urlando, pregando o bestemmiando, lavorando o rubando, piegandosi o combattendo, restando o migrando, vincendo o perdendo». CR intende sottolineare come questi personaggi hanno avuto un ruolo determinante nella costruzione delle società del tempo.
Il punto di vista utilizzato dal collettivo, è infatti, come si apprende anche dal sito ufficiale di CR, quello dal basso, senza negare il ruolo centrale che la storiografia accademica ha avuto e continua ad avere nella ricostruzione dei fatti o tantomeno sminuire il lavoro straordinario che molti storici hanno compiuto e compiono ogni giorno.
Il libri di Cronache Ribelli
Con il suo modo di raccontare, in riferimento al libro “Cannibali e Re. Le origini delle due culture di Marvin Harris”, CR vuole indagare l’origine più profonda, ignota, ancestrale delle culture umane. Di tutte le culture umane, in ogni tempo, in ogni spazio, con ogni prospettiva. Il linguaggio utilizzato è, pertanto, un linguaggio semplice, che riesce a raccontare qualcosa, più che andare nel dettaglio. Tale tipo di approccio, racconta Davide, «tenta di riavvicinare alla storia chi non ha una preparazione scolastica o accademica all’argomento».
I risultati sono stati davvero incredibili: pensiamo, infatti, che la pagina Facebook Cannibali e Re, sulla quale il collettivo racconta, appunto, la storia delle soggettività oppresse, è seguita da più di 200.000 followers; da qualche tempo, invece, è stata aperta anche la pagina Instagram Cronache Ribelli, altrettanto seguita.
CR, lanciando il progetto a partire dai canali social, è riuscito, inoltre, esclusivamente per mezzo dell’autoproduzione e del crowdfunding, a pubblicare almanacchi, racconti ed infine testi prodotti da persone esterne al collettivo. Gli almanacchi si intitolano: “Cronache Ribelli” e “Cronache Ribelli – Volume II”; tra i racconti brevi si ricordano, invece: “Magdalene, Il Volpe”, e “La Goccia dei Caraibi”; tra i testi di autori esterni: “Fammi volare capitano – Viaggio nell’universo di Harlock”, “Matsumoto Leiji” di Fabio Pennacchi e “Joyce Lussu – Una donna e la libertà” di Giorgia Gabbolini. Il primo si propone di approfondire la figura di Harlock e la vasta produzione di Matsumoto Leiji, padre del pirata dei cieli; il secondo, invece, è la storia di Joyce Lussu, antifascista, esule, falsaria, partigiana, scrittrice, poetessa, traduttrice, viaggiatrice, femminista e terzomondista.
“C’era una (ri)volta – Quaranta storie da leggere e colorare” è, invece, il testo che si rivolge ai più piccoli e si compone di 40 storie e altrettante illustrazioni da colorare.
Nel mese di aprile 2020 è stato pubblicato, inoltre, il libro “Partigiani Contro – La Resistenza oltre la narrazione istituzionale”. Nella prima parte del testo vengono approfondite le memorie sulla Resistenza, le loro origini, le loro finalità, il successo e l’oblio a cui sono andate incontro, per poi presentare i cardini su cui costruire una nuova narrazione della storia partigiana. Nella seconda sono raccontate cinquanta storie di combattenti delle Resistenze che hanno scelto di donare la propria vita per sconfiggere il nazifascismo e realizzare un mondo nuovo.
In uscita, infine, il testo La storia contro il razzismo.
Non c’è pace senza giustizia
A Davide abbiamo chiesto, inoltre, se attraverso il metodo di narrazione storica utilizzato da CR, è possibile costruire e promuovere una cultura di pace. A questa nostra domanda è seguita una risposta particolarmente ricca e articolata, all’interno della quale sembra riecheggiare, inoltre, il pensiero profondo del già citato Aldo Capitini, fondatore del movimento Nonviolento, nonché inventore della marcia Perugia-Assisi. Davide, infatti, risponde al nostro quesito dicendo che «la pace non deve essere un valore astratto ma la condizione dove concorrono vari fattori. La pace dove sono presenti grandi ingiustizie non è possibile; non possiamo pretendere di forzare uno stato di pace in un mondo dove le risorse sono distribuite in un certo modo, dove c’è chi fa la fame e c’è chi butta il cibo tutti i giorni. Parlare di pace significa anche parlare di queste questioni: capire come pace e guerra sono state utilizzate a vantaggio di una minima parte della popolazione. La pace non può essere un concetto fine a sé stesso: non ci può essere pace senza una vera giustizia, senza uguaglianza, senza rispetto, sia all’interno delle singole società, sia orizzontalmente tra i vari stati e popolazioni. Costruire il discorso di pace è il fine ultimo (…), che passa dalla costruzione di un mondo più giusto di quello che viviamo noi, che è ingiusto. Altrimenti la pace sarebbe solo per una parte della popolazione».
Parafrasando le parole di Davide con quelle di Capitini, all’interno de “Il problema religioso attuale” in “Scritti sulla nonviolenza”, possiamo dire che «la nonviolenza non è soltanto rifiuto della violenza, ma è diffidenza contro il risultato ingiusto di una violenza passata. Quanto più di violenza è carico un regime capitalistico o tirannico, tanto più il nonviolento entra in stato di diffidenza verso di esso. (…) La nonviolenza non si colloca (…) dalla parte dei propagatori di una società migliore, portando qui il suo metodo e la sua realtà. Il non violento che si fa cortigiano è disgustoso. (…) La nonviolenza è il punto della tensione più profonda del sovvertimento di una società inadeguata».
La pellegrina per la pace
Durante l’intervista Davide ci rimanda ad un post di Facebook di CR, che racconta della figura di Mildred Lisette Norman, passata alla storia come Peace Pilgrim, letteralmente la Pellegrina per la Pace. La Norman può essere considerata una figura anticipatrice per Capitini. Dal post si legge che «Mildred era nata ad Egg Harbor City, New Jersey, nel 1908. Figlia di una sarta e di un falegname, passò i primi quarant’anni della sua vita come una donna normale. Agli inizi degli anni cinquanta però, dopo aver divorziato dal marito, la sua esistenza prese una via totalmente inaspettata. A seguito di quello che lei definì un risveglio spirituale e nel bel mezzo della guerra di Corea, uno dei conflitti più sanguinari della seconda metà del Novecento, Mildred iniziò la prima delle sue lunghissime marce attraverso gli Stati Uniti. Una camminata cominciata da Pasadena, il 1 gennaio 1953 e terminata solo il 7 luglio 1981, quando Peace Pilgrim fu investita da un’auto che la uccise sul colpo.
Aveva camminato per 28 anni e 40.000 chilometri. Un percorso durante il quale aveva scelto di rinunciare ad ogni bene materiale, di spostarsi unicamente a piedi, di rifiutare ogni tipo di comodità. Sarebbe rimasta una vagabonda finché l’umanità non avesse imboccato la via della pace».
apitini ci direbbe oggi, proprio come Davide, che non si può volere la pace senza mutare radicalmente la società attuale, combattendo dunque i privilegi, i pregiudizi, lo sfruttamento, l’intolleranza. L’azione di CR si muove proprio in questa direzione, alimentando la partecipazione, stimolando il dibattito, e provando a vincere ogni indifferenza.