ANDREINA CIOGLI: IL CSV LAZIO GUARDI SEMPRE PIÙ AI TERRITORI PERIFERICI

Candidata al nuovo Direttivo CSV Lazio, Andreina Ciogli conosce in prima persona le difficoltà dei territori periferici e gli ostacoli che le piccole associazioni affrontano per portare avanti le loro azioni

di Lucia Aversano

Andreina Ciogli è presidente dell’Amar Rieti, Associazione Malattia Alzheimer, fin dalla sua costituzione nel 2002. Ha una laurea in Medicina e Chirurgia, ed è specializzata in medicina legale e previdenziale. Ha ricoperto il ruolo di Dirigente medico presso l’Inps dal 1986 al  2014, e oggi che è in pensione, continua a lavorare sul territorio per cercare di dare una risposta ai bisogni presenti nella provincia di Rieti. Si avvicina al mondo del volontariato quasi trent’anni fa e grazie anche alla sua formazione professionale, il suo impegno è rivolto alle tematiche socio-sanitarie con una particolare attenzione, negli ultimi anni, all’invecchiamento attivo. Conosce bene le difficoltà dei territori periferici e gli ostacoli che devono affrontare le piccole associazioni per portare avanti le loro azioni. Una sua eventuale elezione al Direttivo del CSV Lazio punterebbe a lavorare in modo da valorizzare il ruolo delle periferie e delle piccole realtà associative.

Continuano gli approfondimenti in vista del rinnovo delle cariche del CSV Lazio. In una prima fase, a partire dai presidenti dell’unificazione e attraverso i pareri e le opinioni dei principali stakeholder del CSV, abbiamo voluto dare il quadro di cosa sia oggi il CSV Lazio e quali siano i principali assi strategici della sua azione, le prospettive future, i punti di forza e le criticità . Con Andreina Ciogli prosegue la serie di contributi dedicata ai candidati al nuovo Direttivo CSV Lazio.

Come si è avvicinata al mondo del volontariato e quando ha iniziato a interessarsi all’associazionismo?

«Ho iniziato ad interessarmi all’associazionismo nel 1994, quando sono stata eletta consigliere presso il Comune di Città Ducale. Ho anche fatto parte – per un periodo della mia vita – dell’attività sindacale, a livello regionale, come rappresentante dei medici dipendenti dell’Inps. Sono un medico previdenziale, e dunque mi sono sempre occupata di certe tematiche poiché ero parte delle commissioni valutative sull’invalidità civile. Ma l’interesse per la vita sociale non è dipeso solo dal tipo di lavoro che svolgevo o dalla candidatura nel ’94, parte del mio interesse è dovuto anche alla mia esperienza paterna.»

andreina ciogli
«Quando mio padre si è ammalato di Alzheimer mi sono resa conto che non c’era nessun servizio nel nostro territorio».

Dal ‘96 al ‘98 ha fatto parte di un’associazione che si occupava di ragazzi con handicap come membro del direttivo e volontaria.

«Sì, con l’associazione locale ho intrapreso questa prima esperienza, ma nel 1998 ho lasciato perché, da un lato, nelle associazioni certe dinamiche non sono sempre semplici da gestire; e dall’altro lato, in quel periodo, mio padre si è ammalato di Alzheimer. Questo mi ha fatto rendere conto che, sul nostro territorio, la demenza senile era vista solo come un rimbambimento fisiologico di soggetti non più giovanissimi. Ho avuto molti problemi con mio padre nella gestione della malattia, proprio perché non c’era nessun servizio nel nostro territorio. Allora, insieme ad altre persone che avevano la mia stessa problematica, abbiamo costituito un’associazione che seguisse le persone colpite da questa malattia.»

Quindi a inizi anni 2000 fondate l’Amar…

«Devo ammettere che abbiamo avuto un avvio abbastanza splendido. La novità è, ovviamente, sempre vista positivamente, e poi nel nostro territorio non c’era davvero nulla. Abbiamo fatto un corso di formazione, un convegno e abbiamo iniziato a lavorare in questo ambito. Da subito ho ricoperto il ruolo di Presidente, un ruolo che io reputo particolare in quanto è molto impegnativo, e che tutt’ora ricopro perché non ho mai trovato nessuno che potesse sostituirmi in questo compito. È difficile coinvolgere le persone. Il volontariato è una cosa seria, occorre un impegno giornaliero e più avanti si va e più gli impegni burocratici che riguardano le associazioni si vanno intensificando, e questo assorbe tempo. E non tutti hanno questa disponibilità.»

Su cosa è impegnata l’associazione che presiede?

«Quando abbiamo iniziato a lavorare sul territorio eravamo consci del fatto che non c’era un Centro diurno. E quindi con la Provincia, il Comune di Rieti e la Comunità Montana, siamo riusciti a far finanziare un progetto sperimentale per un Centro diurno – aperto dal lunedì al venerdì –  destinato ai malati, e dove era garantito il trasporto casa-centro. Siamo riusciti a realizzare, con i pazienti, anche esperienze particolari, come il teatro. Grazie alla collaborazione di una compagnia teatrale, abbiamo sperimentato qualcosa che nel Lazio  e ricordo che molte altre associazione vennero a vedere quello che facevamo. Dopo due anni di tranquillità e di lavoro corale sono iniziati i problemi. La Provincia a un certo punto ha interrotto il finanziamento del progetto ed è iniziata la sopravvivenza quotidiana. Non sapevamo mai se l’anno successivo ci sarebbero stati i fondi. Questa situazione di precarietà è durata fino a quando la Regione Lazio non ha iniziato a destinare una quota fissa annuale continuativa per il Centro diurno. Ci occupiamo anche di assistenza domiciliare e facciamo sensibilizzazione in tutta la provincia di Rieti per far conoscere la problematica, perché nel nostro territorio c’è una percentuale di ultrasessantacinquenni tra la più elevata d’Italia. Siamo impegnati anche nella prevenzione, con la promozione di quello che è definito invecchiamento attivo, attraverso una serie di attività che vanno dalla camminata alla visita guidata. Nel frattempo cerchiamo sempre di avere rapporti con altre associazioni del territorio perché non c’è solo la malattia mentale, ci sono anche altre problematica legate all’assistenza sanitaria. Per questa ragione abbiamo costruito, insieme ad altre associazioni del reatino che si occupano di sociale e di sanità, un Comitato sulla salute per confrontarci tra di noi.»

Quale esperienza ha avuto del Centro di Servizio del Volontariato del Lazio negli ultimi anni?

«La mia esperienza diretta con il CSV Lazio è soprattutto quella a livello periferico con la Casa del volontariato, dove ho trovato veramente un appoggio, sia per il loro lavoro di facilitazione nei rapporti con le altre associazioni presenti nel territorio, sia per quanto riguarda il supporto ai progetti.»

andreina ciogli
L’Alzheimer cafè di Amar Rieti

Che opinione ha del CSV Lazio? In quanto utente dei servizi e in quanto osservatore agli orientamenti politici e organizzativi.

«Fin dall’inizio ho avuto un buon rapporto con la Casa del Volontariato di Rieti perché lì ho trovato ragazze giovani ed entusiaste di questo lavoro. Ho ricevuto vero aiuto sia dal punto di vista amministrativo che per quanto riguarda le pratiche burocratiche, come ad esempio la redazione del bilancio annuale. C’è un buon dialogo e indubbiamente la Casa del Volontariato è il punto in cui ci incontriamo con le altre associazioni. È anche il luogo in cui faccio continuamente dei corsi di formazione sia per i familiari che per i volontari, e ogni qualvolta devo tenere un corso, sono supportata anche nella gestione pratica e logistica: raccolta delle presenze; supporto informatico e così via. Devo dire che se non ci fosse, e posso assicurare che è la verità, io farei un terzo di quello che faccio, letteralmente. Per cui il loro aiuto è fondamentale. Apprezzo molto anche il supporto sulle varie documentazioni fornite, per esempio recentemente abbiamo fatto una sorta di censimento delle associazioni presenti nel territorio e dei servizi forniti gratuitamente. Sembra una cosa banale ma se non ci fosse stata la Casa del Volontariato, non l’avremmo fatto. Ho anche un altro progetto in mente molto simile a questo: una pubblicazione con i servizi presenti nel territorio sia da parte delle associazioni che da parte di aziende private, che possano essere utili agli utenti affetti da demenza. Ancora non sono riuscita a farmi finanziare il progetto ma non demordo, e so che potrò contare sulla Casa del volontariato, anche nella realizzazione di questo nuovo progetto».

 Quali questioni ritiene prioritarie per il CSV nei prossimi anni? 

«Intanto considero positivo il fatto che, finalmente, si è deciso che a livello di Direttivo ci sia un rappresentante per ogni Provincia: la ritengo una questione fondamentale. Perché chiaramente la provincia di Rieti è diversa da Roma – diciamo che la Città di Roma ha numeri importanti, è vero – ma bisogna lasciare un piccolo spazio anche al resto del territorio, perché, sebbene pochi, ci siamo anche noi. Detto ciò, il CSV dovrebbe proseguire sulla strada che ha già intrapreso per quanto riguarda la formazione continua. Formazione su come affrontare le problematiche delle associazioni; sulle leggi che regolano il mondo associativo; su come si redige un bilancio; o su quali siano le modalità per reperire fondi; e questo in parte lo sta già facendo. Secondo me deve concentrarsi di più sulla formazione relativa alle tematiche della co-progettazione e della compartecipazione per i Piani di Zona. Su questo dobbiamo formarci di più e conoscere bene la legislazione in merito per capire quello che possiamo fare noi (volontari) e quello che devono fare loro (enti pubblici) e per avere una voce in capitolo. Questo lo ritengo fondamentale, perché il nostro contributo (alla co-programmazione e alla co-progettazione) può essere importante. Le associazioni conoscono molto bene le esigenze del territorio e non solo a livello parcellare. Faccio l’esempio della mia esperienza: io conosco le esigenze dei soggetti affetti da demenza non solo dal punto di vista logistico, ma anche dal punto di vista sociale, e, essendo medico, anche clinico, e questo può essere molto utile in un eventuale incontro con gli enti pubblici come le Asl. Noi associazioni dobbiamo comprendere bene il nostro ruolo, e non approfondire quest’aspetto per me è una carenza. Un’altra questione che ritengo prioritaria è, a livello regionale e nazionale, quella sulla facilitazione. Mi spiego: penso che ci siano delle esigenze nel mondo sociale associativo che vadano portate avanti, come quella relativa alla facilitazione delle attività delle associazioni. Ora, con l’entrata in vigore della nuova legge invece la vita delle associazioni dal punto di vista burocratico è sempre più complicata.»

Mi faccia un esempio

«Ne faccio uno banale: in alcuni progetti dell’associazione che presiedo sono previste delle figure professionali, assistenti, psicologi, eccetera. Se la persona che io contatto ha la partita Iva, non c’è nessun problema, ma se devo stipulare un contratto di collaborazione, da presidente sono tenuta a comunicare all’ufficio del lavoro, ogni volta, quando la persona viene a lavorare. Non è sufficiente aver stipulato un contratto regolare, devo anche fare questa comunicazione sistematicamente. Probabilmente, per i burocrati c’è una logica in questo, ma per noi, e quando dico noi parlo di piccole associazioni, è una difficoltà in più. Penso quasi che si voglia rendere la vita delle piccole associazioni talmente difficile, e scoraggiarle, fino al punto di farle smettere di operare. È come se ci fosse una volontà politica di eliminare le piccole associazione e far rimanere solo le medie e le grandi. E questo non lo trovo affatto una cosa positiva. Le associazioni si devono unire, altrimenti la loro azione è limitata.»

Soluzioni?

«Io penso che sul nostro territorio, se dovessi venire eletta farò, oltre al resto, proprio questo tipo di lavoro e cioè cercherò di far incontrare e conoscere le associazioni tra loro e cercherò di far sì che si instauri un rapporto di lavoro in rete sulle tematiche comuni. Già ora in parte questo accade, è raro che io presenti un progetto come singola associazione. Vorrei dunque rafforzare il lavoro insieme, perché unendo le forze si ottengono risultati migliori: si dà a tutti la possibilità di prendere parte a un attività dove ognuno può fare la sua parte, da un lato; mentre dall’altro lato si da l’opportunità alle associazioni di poter andare avanti.»

Rimandiamo alle interviste a: Paola Capoleva e Renzo RazzanoChiara TommasiniLorena MicheliRoberto GiustiRiccardo Varone.

Le interviste agli altri candidati: Carla MessanoCarlo QuattrocchiDanilo ChiricoVincenzo CarliniMaurizio VanniniRoberto RosatiSandro LibianchiRaffaele CastaldoSergio CervoGiulio RussoTiziana LatiniAntonio Felice FargnoliMaria Cristina Brugnano, Claudio GrazianoCristina De Luca, Paola Capoleva.

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