CURE PALLIATIVE PEDIATRICHE. TROPPO POCHI I BAMBINI CHE VI ACCEDONO

Il Giro d'Italia delle cure palliative pediatriche vuole informare su un tema che in Italia è ancora troppo a macchia di leopardo. Franca Benini: «Queste cure si occupano della vita di bambini con malattie ad alta complessità. E devono essere domiciliari»

di Laura Badaracchi

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Parole d’ordine per migliorare le cure palliative pediatriche in Italia? Sensibilizzare l’opinione pubblica, formare il personale medico e paramedico, organizzare meglio le terapie domiciliari e aumentare i centri/gli hospice, ora presenti a macchia di leopardo nelle varie Regioni. Sono queste le priorità in questo settore di cura così delicato e cruciale, secondo la professoressa Franca Benini, presidente del Comitato tecnico-scientifico di Fondazione Maruzza, responsabile del Centro regionale Veneto di terapia del dolore e cure palliative pediatriche (Cpp) presso il Dipartimento Salute della donna e del bambino, Azienda ospedaliera universitaria. Proprio la Fondazione, da 25 anni impegnata su questo fronte e promotrice dello sviluppo delle Reti regionali di cure palliative pediatriche, è tra gli organizzatori del Giro d’Italia delle cure palliative pediatriche, giunto alla terza edizione e quest’anno sul tema Ognuno a suo Nodo, insieme siamo Rete, al via l’11 maggio con la prima tappa (qui il calendario delle successive). Fino al 16 giugno numerose associazioni organizzeranno eventi ricreativi, iniziative sportive e convegni scientifici per diffondere una cultura comune, corretta e consapevole sulle cure palliative pediatriche; uno stimolo anche per istituzioni e comunità scientifica, perché i servizi di cure palliative pediatriche siano attivati e implementati su tutto il territorio nazionale, restituendo ai minori e alle loro famiglie il diritto a essere curati vicino al proprio luogo di residenza. Il Giro «è il megafono che porta una nuova attenzione nei confronti del problema, toccando luoghi impensabili. Le persone di qualsiasi età e situazione, anche in assoluto benessere, hanno l’onere di porsi il problema, partecipando indipendentemente dal ruolo e dalle conoscenze. Si può arrivare a livello sociale con sport e gioco, ma anche attraverso congressi, percorsi formativi ad hoc, tavole rotonde», riferisce la professoressa Benini.

Cure palliative pediatriche: il domicilio è l’obiettivo

cure palliative pediatricheMa ⁠a che punto siamo con le cure palliative pediatriche in Italia? Quali le criticità attuali in questo campo di cura? «Ci sono Regioni capofila, come il Veneto, da cui si è determinato un cambiamento nelle altre. Ma oggi ancora 7 Regioni non hanno Centri o strutture, anche se alcune hanno sancito normative da mettere a terra. Il Sud è meno organizzato, anche se c’è un movimento a onda lunga: in Campania è stato aperto un hospice, in Puglia sta partendo, mentre la Basilicata ha sia hospice sia Centro di cure palliative. Un fermento diffuso che ci fa sperare molto bene», chiarisce la dottoressa Benini. Tuttavia «il numero dei bambini che accedono alle cure palliative pediatriche è limitato: solo il 15% circa di coloro che dovrebbero accedervi, secondo i dati raccolti nel 2021, anche se spero che entro giugno ci sarà un aggiornamento. L’accesso è così basso perché mancano posti e quindi per una carenza organizzativa, ma anche per un deficit d’informazione a livello sociale (non si parla volentieri di questo tema) e per un deficit formativo in medici, psicologi, infermieri, non del tutto pronti a dare informazioni sulla presa in carico», osserva, ricordando che le cure palliative pediatriche «non sono la porta prima della morte, ma si occupano della vita dei bambini con malattie ad alta complessità. E devono essere offerte a casa del paziente: non hanno senso a 500 chilometri dalla propria abitazione; il domicilio è l’obiettivo: non possiamo guarire, ma cambiare la vita dei pazienti in meglio. Queste cure mettono insieme la risposta medica, sociale, psicologica, spirituale. L’hospice dovrebbe essere un momento nella storia della famiglia, per la focalizzazione dei problemi e il supporto, per la definizione dell’emergenza e la diagnostica, ma se parliamo di qualità della vita non possiamo pensare a ricoveri prolungati», conclude presidente del Comitato tecnico-scientifico di Fondazione Maruzza, organizzazione no profit creata da Antonio ed Eugenia Lefebvre D’Ovidio il 7 ottobre 1999, tenendo fede alla promessa fatta alla loro figlia scomparsa a 40 anni.

Ricerca Palliped: personale insufficiente e formazione carente

cure palliative pediatriche
Il 18 maggio dalle 10 alle 13 il Giro sarà a Frascati, in Piazza San Pietro con Fatece Largo, tappa con attività per grandi e bambini organizzata da Arcobaleno Cooperativa Sociale Tuscolana di Solidarietà, Approdo di Turan, APS Meraki, VIP – Nasi Vagabondi

La Fondazione si propone «di garantire a ogni minore colpito da patologia inguaribile il riconoscimento di dignità e rispetto, ponendo al centro i bisogni dei piccoli pazienti e della loro famiglia e non la patologia che li ha colpiti». Come? Facilitando «la costruzione di una cultura condivisa delle cure palliative pediatriche, collaborando con le Istituzioni per sviluppare i migliori modelli assistenziali nel campo delle cure palliative pediatriche, promuovendo studi e ricerche nell’ambito delle cure palliative pediatriche a livello nazionale e internazionale, formando professionisti e volontari coinvolti nell’assistenza ai minori con patologia inguaribile, informando e sensibilizzando l’opinione pubblica sull’importanza della terapia del dolore e delle cure palliative pediatriche». La ricerca PalliPed, sostenuta, finanziata e promossa dalla Fondazione Maruzza e strutturata e coordinata dalla professoressa Benini, fornisce una fotografia di quanto è stato realizzato ad ottobre 2022 nel campo delle cure palliative pediatriche. Recentemente pubblicato sull’Italian Journal of Pediatrics, lo studio si concentra sulle strutture e le risorse dei 19 centri mappati di 12 Regioni e 2 Province autonome, rivelando che il personale non è sufficiente a coprire la richiesta: 115 infermieri, 55 medici, 31 assistenti sociali, 27 psicologi, 13 fisioterapisti lavorano in Cpp, alcuni non a tempo pieno e spesso disponibili solo al bisogno o su base volontaria. Inoltre il 77% degli infermieri non ha una formazione specifica; solo il 54% dei medici e il 30% degli psicologi ha conseguito un master degree in Cpp. La Fondazione Maruzza ha dato avvio a una seconda fase del progetto, che si propone di monitorare in tempo reale l’evoluzione organizzativa di reti e servizi di Cpp nelle diverse Regioni «e della loro capacità di dare risposte appropriate alla moltitudine di bisogni che la malattia inguaribile in ambito pediatrico innesca. I dati di tale ricognizione saranno disponibili entro il mese di giugno».

Immagini dalle prime tappe del Giro d’Italia delle cure palliative pediatriche, dalla pagina FB dell’iniziativa

 

CURE PALLIATIVE PEDIATRICHE. TROPPO POCHI I BAMBINI CHE VI ACCEDONO

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