#datecivoce IL 2 MAGGIO LA PROTESTA DELLE DONNE
Un flashmob sui social, per chiedere che anche le donne abbiano voce nelle taske force della fase 2, come in tutti i luoghi dove si prendono decisioni
01 Maggio 2020
Dalle 10 alle 22 di sabato 2 maggio, chiunque può partecipare a un flash mob virtuale, basta indossare una mascherina con su scritto #DateciVoce e farsi un selfie. «Invito tutti a questa grande mobilitazione, a taggare @datecivoce e a usare l’hashtag #datecivoce», spiega Luisa Rizzitelli, responsabile del progetto Better Place e AD di Communis srl. È la prima iniziativa del gruppo di donne che ha scritto una lettera al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte per chiedere che il governo assuma provvedimenti immediati per il riequilibrio di genere nelle task force e in qualunque altro luogo dove si decida la vita del Paese.
Come nasce “Dateci Voce”?
«È un movimento spontaneo, nato dall’indignazione di vedere le donne ancora una volta escluse dai luoghi di potere, in particolare quelli dove ora si stanno costruendo le politiche di ripresa dopo la tragedia del Covid19 (peraltro non ancora finita). Siamo professioniste, attiviste, manager: un gruppo eterogeneo per età, profili professionali, estrazione sociale, ma incredibilmente coeso ed empatico. Chiediamo di aderire firmando la lettera su www.datecivoce.it, oltre che di partecipare il 2 maggio al flash mob».
Il peso della pandemia è e sarà, ancora una volta, sulle spalle delle donne e delle mamme…
«Stiamo davvero correndo il rischio che succeda questo. Non avere le donne nelle cabine di regia vuol dire già assicurare alla storia un errore gravissimo, che costerà un prezzo molto alto a tutta la società e all’economia, non solo alle donne. Da sempre le donne reggono, con il loro lavoro gratuito, il welfare di questo Paese. Con decenni di lotte abbiamo conquistato spazio nel mondo del lavoro, ma se non ci sono strumenti per sostenere padri e madri nella gestione dei figli, il soggetto che guadagna meno e ha un lavoro meno stabile ci rimetterà: 99 volte su cento questo “soggetto” è una donna. Non possiamo accettarlo».
Come Presidente di Assist Associazione Nazionale Atlete, nel mondo dello sport che aria si respira in quest’inizio di fase 2?
«Sono molto preoccupata perché sento atlete, atleti, allenatrici, dirigenti che fanno lo sport per lavoro, completamente disorientati e di colpo senza nemmeno un euro di entrata a fine mese. Aver chiamato e trattato da dilettanti da sempre migliaia di professioniste (ne abbiamo parlato qui) e professionisti dello sport sta procurando una delle più gravi discriminazioni tra persone in difficoltà. Nonostante il Ministro Vincenzo Spadafora sia consapevole di questa situazione e, per la prima volta, un Ministro ne stia parlando seriamente, lo Stato deve garantire molti più soldi al settore perché le persone non si ritrovino davvero nei guai. E non parlo dei calciatori milionari, ma dei tanti che vivono con un “falso rimborso spese” a mille euro al mese e ora non hanno uno straccio di tutela».
Cos’è quella che Emma Bonino chiama la “old boys net”?
«È una “categoria umana”, non più solo anagrafica: letteralmente sarebbero gli uomini bianchi e di una certa età che non vogliono mollare il potere e lo conservano con ogni mezzo a discapito del merito e delle donne. Nella realtà, a mio modesto parere, non sono solo vecchie volpi del potere e delle politiche, ma uomini ancora immersi in una cultura maschilista e furbetta, dove escludere le donne è un must, perché noi portiamo un pensiero nuovo e inevitabilmente toglieremmo loro qualche poltrona».
È stata inserita tra le 100 donne di successo per l’anno 2020 dalla rivista Forbes. È stata una sorpresa?
«Una sorpresa, una gioia, una responsabilità. L’ho presa come un riconoscimento alle battaglie di Assist e all’onestà con cui portiamo avanti queste battaglie da 20 anni. Abbiamo vissuto 15 anni di denunce in solitudine, sostenute solo da pochissime grandi atlete e da alcune testate giornalistiche. Oggi, la più grande discriminazione a danno delle donne in Italia, ossia l’impossibilità di accedere ad una legge dello Stato, la legge 91 del 1981 sul professionismo sportivo, è nota a tutti. Un regalo di Forbes a me, ma anche ad un tema di giustizia vera».
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