MALATTIE RARE: LUCI E OMBRE NEL RAPPORTO MONITORARE 2024
Sebbene siano diversi i punti di forza del sistema delle malattie rare in Italia, l'accesso ai servizi sui territori è ancora disomogeneo e i tempi di attuazione dei provvedimenti lunghi. I dati del decimo Rapporto MonitoRare
30 Luglio 2024
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Sono oltre 62 mila, pari all’1,08% della popolazione regionale, le persone con malattie rare residenti nel Lazio al 31 dicembre 2022, con 2.283 inserimenti (pari al 3,7% del totale) nel corso dell’anno esaminato, in calo rispetto al 2021 (4,9%) e al 2020 (5,9%). «È ipotizzabile che l’organizzazione relativa alle malattie rare a livello regionale si stia ancora assestando e ritrovando il ritmo giusto dopo lo shock della gestione della pandemia». Rispetto al totale dei malati rari nel Lazio, 8.824 risultano minorenni ma ben il 63% non risiede in regione. «Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Sicilia e Valle d’Aosta hanno la percentuale di giovani (età 0-29) più elevata, superiore a 1 PcMR (persona con malattia rara, ndr) su 3». Inoltre nel Lazio è presente un Laboratorio di screening neonatale a cui afferisce anche il Molise, 2 Laboratori di conferma diagnostica biochimica e 3 Laboratori di conferma diagnostica molecolare, riferisce il X Rapporto MonitoRare sulla condizione delle persone con malattia rara in Italia, presentato a Roma nei giorni scorsi e curato dalla Federazione Uniamo. Unico esempio in Europa di monitoraggio condotto da un’organizzazione di pazienti, dal 2015 Uniamo raccoglie e aggrega tutti i dati disponibili e li fa confluire nel Rapporto per una visione globale del sistema malattie rare, partendo dal punto di vista del paziente.
Malattie rare: la situazione nel sistema italiano
«Quest’anno una doppia ricorrenza: dieci anni del Rapporto MonitoRare e 25 anni di Uniamo: tappe che sanciscono l’importanza della rappresentanza delle persone con malattia rara in Italia, attraverso la storia della nostra Federazione e con l’azione concreta di advocacy e “spinta del sistema” rappresentata dal Rapporto», ha ricordato Annalisa Scopinaro, presidente di Uniamo. Sono diversi i punti di forza del sistema delle malattie rare in Italia, a cominciare dalla disponibilità di trattamenti: «Nel 2022 sono state erogate 11,4 milioni di dosi di farmaci orfani, 3 milioni in più dell’anno precedente, vale a dire appena lo 0,04% del consumo farmaceutico totale, con una crescita del numero di farmaci per le malattie rare compresi nell’elenco della Legge n. 648/1996 dai 31 del 2018 ai 57 del 2023 (erano appena 13 nel 2012)», riferisce il Rapporto. «La spesa per i farmaci orfani nel 2022 è stata pari a 1.982 milioni di euro, con un’incidenza del 6% sul totale della spesa farmaceutica; il numero di persone con malattia rara che hanno usufruito del fondo Aifa prosegue la discesa avviata nel 2021 arrivando nel 2023 a 149, dopo aver assistito ad un aumento esponenziale negli anni precedenti, passando dalle 20 persone del 2016 alle 1.361 del 2020. Ben 8 delle 18 Advanced Therapy Medicinal Product (Atmp) con approvazione europea (dato aggiornato ad agosto 2023), sono attualmente rimborsate in Italia, 9 Atmp sono in corso di valutazione e 4 non hanno ottenuto la rimborsabilità». Inoltre l’Italia risulta un’eccellenza europea per lo screening neonatale esteso: «Con 49 patologie screenate il programma di Sne è attivo a fine 2023 a pieno regime in tutte le Regioni/Province Autonome e si può considerare raggiunta l’omogeneizzazione delle malattie metaboliche ereditarie inserite nei pannelli di screening a livello regionale ai sensi della Legge 167/2016». Alla fine dello scorso anno «lo screening audiologico neonatale era attivo in tutto il territorio nazionale». Inoltre «aumenta la copertura dei Registri regionali delle malattie rare, che sale a 0,83% (0,87% nei minori di 18 anni). Nella prima edizione del Rapporto MonitoRare nel 2015 era lo 0,30%. Stabile, dopo il leggero aumento fatto registrare nell’anno 2021, il peso degli studi clinici autorizzati sulle malattie rare sul totale delle sperimentazioni cliniche (30,6%)». A fine 2023 erano «17 le Regioni/Province autonome che hanno inserito il tema delle malattie rare nell’ambito degli strumenti generali di programmazione sanitaria (vigenti o in via di approvazione nel 2023) o che hanno definito un Piano regionale Malattie rare». Altro segnale positivo: il processo di implementazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), che «non solo ha portato all’avvio della riforma finalizzata alla riorganizzazione della rete degli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS), ma ha anche promosso il potenziamento delle attività di ricerca sulle malattie rare attraverso la realizzazione di due bandi di ricerca su base competitiva che hanno portato al finanziamento di 126 progetti (74 sulle malattie rare e 52 sui tumori rari) con un contributo di 100 milioni di euro».
Rapporto MonitoRare 2024: le criticità
Tuttavia, alcune criticità persistono, «come i tempi lunghi di attuazione dei provvedimenti relativi alle leggi e disposizioni riguardanti le persone con malattia rara. Permangono, inoltre, ancora anche rilevanti disomogeneità territoriali nell’accesso ai servizi sanitari, socio-sanitari e sociali». Costante la crescita nell’ultimo quinquennio «del numero di malattie rare testate nei laboratori clinici italiani considerati nel database di Orphanet che, a fronte della sostanziale stabilità del numero di laboratori (n=278), aumentano di quasi 450 unità nel giro di 5 anni: da 2.282 nel 2018 a 2.723 nel 2023». Analizzando i dati contenuti nei Registri regionali delle malattie rare (Rrmr), «su oltre 468 mila persone con malattie rare nei Rrmr a fine 2022 (+ 43 mila unità rispetto all’anno precedente), il gruppo più presente è quello delle “Malattie del sistema nervoso centrale e periferico” con il 15,8%, seguito dal gruppo “Malformazioni congenite, cromosomopatie e sindromi genetiche” con il 15,3% e dal gruppo “Malattie del sangue e degli organi ematopoietici” con il 12,4%. Tutti gli altri gruppi di patologie fanno registrare un peso percentuale sul totale minore del 10%. Molto significative le differenze per età: nei bambini/ragazzi il 39% delle malattie rare sono ascrivibili al gruppo delle “Malformazioni congenite, cromosomopatie e sindromi genetiche”, il cui peso percentuale si riduce a poco più del 10% negli adulti per i quali la classe modale risulta, invece, essere il gruppo delle “Malattie del sistema nervoso centrale e periferico” (di poco inferiore al 18%)». Poco meno di 1 persona con malattia rara su 6 di quelle inserite nei Rrmr ha meno di 18 anni, «mentre circa una 1 su 3 ha più di 60 anni; rilevante il fenomeno della mobilità sanitaria: la stima della mobilità fra Regioni sui dati dei RRMR è pari al 20% nella popolazione complessiva e arriva al 29% nei minori». Tuttavia, secondo le stime internazionali, «il numero complessivo di persone con malattia rara in Italia sarebbe compreso fra i 2 e i 3,5 milioni di persone, un dato di gran lunga superiore a quello delle sole persone con malattie rare esenti». Sono ben 718 le associazioni italiane di persone con malattia rara (1,2 ogni 100.000 abitanti) e 16 le Regioni/Province autonome che dichiarano di prevedere la presenza dei rappresentanti delle associazioni delle persone con malattia rara negli organismi di partecipazione a livello regionale sulle malattie rare. Infine, «gli studi clinici autorizzati sulle malattie rare nel 2023 si assestano a 187 dopo l’aumento del biennio precedente (erano 260 nel 2021 e 230 nel 2022); nel 2022 le sperimentazioni cliniche sulle malattie rare in Fase I e II superano abbondantemente la soglia del 50% del totale (56,1%); cresce, in valore assoluto, il numero di progetti di ricerca sulle malattie rare con la presenza di gruppi di ricerca italiani – che passano dai 900 del 2018 ai 1.131 del 2023 – ma, in termini percentuali, il dato conferma il trend decrescente dei cinque anni precedenti. Per quanto attiene all’assistenza sanitaria transfrontaliera, l’Italia si caratterizza per un livello decisamente più elevato di mobilità attiva – dato che si conferma in aumento anche nel 2022 con 19.737 pazienti in entrata (+35% rispetto al 2021) – rispetto alla mobilità passiva (pazienti in uscita, 118 nel 2022)».