RIFORMA DEL TERZO SETTORE: È ORA DI APRIRE IL CANTIERE

I decreti legislativi sono cruciali per i Centri di Servizio per il Volontariato. Ecco alcune proposte sui temi più importanti

di Guido Memo

Il primo interrogativo da porsi è se i decreti legislativi conserveranno, pur introducendo modifiche e armonizzandole, le attuali leggi di settore (in particolate quelle su Aps, Coopsociali, volontariato). Io penso di sì, per diverse ragioni politiche e di opportunità, anche se potrebbe essere che il nuovo testo unificato, riguardante il Terzo settore, cambi i numeri delle leggi di settore a cui ci siamo abituati in questi anni (266/91, 381/91, 383/00).
Ma per ora naturalmente non sappiamo cosa succederà, quindi in questo scritto ho ragionato come se la denominazione della legge 266/91 e i numeri dei suoi articoli non mutassero.
I decreti legislativi, che dovranno essere emanati in attuazione di quella parte della legge delega che si riferisce ai Csv – art. 5, comma 1, lettere e) ed f) -, porterà a modifiche innanzitutto dell’art. 15 della 266/91 e successivamente del decreto ministeriale attuativo previsto dallo stesso articolo, che emanato una prima volta il 21/11/91 è stato già modificato l’8/10/97.

Il nuovo articolo 15 della 266/91

Quanto all’art. 15, bisogna intervenire su tutti i tre commi che lo compongono per diverse ragioni.

Nel comma 1

  • ci si riferisce alle Fondazioni di origine bancaria (Fob) sulla base delle norme in vigore nel 1991, che sono state ampiamente modificate dalla cosiddetta “legge Ciampi” del 1998 e dai relativi decreti legislativi del 1999;
  • il metodo di calcolo dell’1/15 stabilito nell’articolo non può più essere così applicato, perché le leggi di cui sopra hanno modificato il criterio di redazione dei bilanci, sostanzialmente fu questa la ragione giuridica che permise a Visco nel 2001 di modificare tramite il suo atto di indirizzo il calcolo dell’1/15, che andava dopo le leggi di riforma delle Fob attualizzato;
  • il riferimento alle organizzazioni di volontariato (Odv), coerentemente con la legge delega, va sostanzialmente mantenuto, per quanto riguarda la gestione dei Csv, ma non con riferimento ai servizi erogati, che non possono più essere “a disposizione” delle sole Odv con “la funzione di sostenerne e qualificarne l’attività”, ma a disposizione di tutti i volontari;
  • infine il riferimento in questo comma all’istituzione dei Csv “per il tramite degli enti locali” non ha trovato sostanzialmente applicazione in questi vent’anni di applicazione della legge e andrebbe meglio definito il rapporto dei Csv con i Comuni del territorio.

Il comma 2 fa riferimento alle Casse di risparmio, che non esistono più, e quindi va abolito.

Il comma 3 fa riferimento al DM applicativo dell’articolo 15, il punto è: deve essere sempre di concerto tra il ministro del Tesoro (oggi dell’economia e delle finanze), con il ministro degli Affari Sociali (oggi del lavoro e delle politiche sociali)? Nella legge delega si fa riferimento a un decreto del Ministero del Lavoro per la formazione degli organi di controllo dei Csv, è lo stesso DM che regola il funzionamento dei CoGe e dei Csv? Il nuovo DM che regola il sistema è quindi del Ministro del Lavoro? O di questo di concerto con quello dell’economia, o viceversa?

Quel che è chiaro è che i decreti legislativi interverranno non solo sulle norme applicative dell’art. 15, ma anche sull’articolo stesso, con tutta la delicatezza che la questione pone, perché prevedibilmente a mio avviso le Fondazioni di Origine Bancaria avanzeranno la richiesta di mettere in legge la sostanza dell’atto di indirizzo Visco.

Modifiche al Decreto Ministeriale 8 ottobre 1997

Il decreto legislativo non potrà diffondersi entrando nei particolari del funzionamento del sistema dei Csv come fa il DM 8/10/97 oggi in vigore, necessariamente il Dlgs dovrà fare riferimento a un successivo DM.

decreti legislativi
Un volontario durante una manifestazione di piazza a Formia

Quindi la cosa più lineare penso sia ragionare su modifiche del DM attualmente in vigore
Vediamo quali modifiche occorrerebbero in attuazione della legge delega e quali sono d’altro canto da tempo necessarie.
A parte le necessarie attualizzazioni (all’art. 1, ad es. quando ci si riferisce nell’attuale DM all’Osservatorio nazionale per il volontariato, bisognerà sostituirlo con il Consiglio nazionale del Terzo settore, o quando ci si riferisce sempre alle vecchie norme che regolavano le Fob, non più in vigore), gli interventi più importanti vanno però fatti agli articoli 2 e 3.
Deve cambiare la composizione dei CoGe, oggi pletorica, dagli attuali 15 componenti si potrebbe scendere a 7 o al massimo 9, dimezzando sostanzialmente le presenze più numerose (Volontariato e Fob), mentre l’attuale rappresentante degli enti locali avrebbe sì un senso mantenerlo, ma se si individuasse una procedura di nomina, che garantisca che sia fatta con cognizione di causa, non un po’ a caso come troppo spesso è avvenuto sinora.
Problema simile si pone anche per i rappresentanti del volontariato, trattandosi di nomine che spesso le Regioni hanno fatto con criteri molto discutibili e scarsamente democratici.
Per quanto riguarda i rappresentanti del Ministero del lavoro nei CoGe, che in questi anni  in genere non sono stati nominati, potrebbero essere aboliti, dando invece al Ministero un ruolo di vigilanza e controllo a livello nazionale.
Aggiungo, per quanto riguarda i CoGe, che è bene che stiano in carica tre anni e che decadano e rinnovino in tutte le regioni nella stessa data, al fine di dare ordine e maggiore considerazione ad un rinnovo degli incarichi avvenuto sinora con troppa disattenzione da parte di Regioni e Ministero.
Va poi ribadita la natura gratuita dell’incarico di membro del CoGe, mentre gli oneri previsti dalla legge delega a carico in maniera aggiuntiva alle Fob, devono essere relativi solo agli amministratori e ai dirigenti tecnici dei CoGe.
Quanto ai compiti dei CoGe, oltre a quelli già previsti, andrà regolata la fase di accreditamento degli attuali Csv, mentre occorre puntare ad un’effettiva collaborazione tra i Csv a livello regionale, là dove sono di carattere provinciale.
Anche l’attuale presenza di due rappresentanti del CoGe, nell’organo di direzione e in quello di controllo dei Csv, si potrebbe  ridurre ad uno, ragionando su dove sia più opportuno che esso stia, probabilmente nell’organo di controllo.

Fondo speciale per la perequazione nazionale

Presso il Ministero del lavoro sarà necessario costituire il Fondo speciale per la perequazione nazionale, nel quale sono contabilizzati gli importi segnalati dalle Fob e accantonati presso di esse.
Il fondo potrebbe essere alimentato dal 50% dell’1/15, mentre il restante 50% potrebbe come oggi essere assegnato alla regione in cui la Fob ha la propria sede legale. Il Dm o il decreto legislativo stesso deve prevedere dei punti di riferimento certi e trasparenti, sulla base dei quali ripartire la perequazione, individuando un livello essenziale di sostegno per tutti i volontari italiani, ovunque essi siano, in provincia di Trento o in Calabria, come chiese ripetutamente la Corte costituzionale in due sentenze.
Concretamente, sulla base di criteri come sopra definiti, la ripartizione regionale  potrebbe essere fatta dai soggetti interessati (gli enti finanziatori, le rappresentanze nazionali dei CoGe e dei Csv in particolare), rendicontando al Consiglio nazionale del TS e al Ministero del lavoro.

Coordinamento nazionale degli organi di controllo

La legge delega prevede organismi di controllo  “regionali o sovraregionali, tra loro coordinati sul piano nazionale”, bisogna cioè pensare ad un CoGe nazionale?
In realtà in questi anni sono andate consolidandosi delle forme di Coordinamento sia dei CoGe, che dei Csv, come sono andate consolidandosi intese e forme di concertazione sulle procedure rendicontative, di controllo, eccetera.
Difficile ignorare questa esperienza e storia, sarebbe opportuno trovare la maniera di far diventare norma questo processo reale già sperimentato.

Criteri per l’istituzione e l’accreditamento dei Csv

Per ragioni che vanno ben definite nel DM (e già nell’essenziale presenti nell’attuale DM) e di volta in volta motivate da parte dei CoGe (su cui si potrà fare ricorso al Tar, come già è avvenuto in passato, essendo i CoGe organismi con funzioni pubbliche), un Csv può essere cancellato. Bisogna quindi in questo caso stabilire come se ne potrà istituire uno nuovo, attraverso una procedura ad evidenza pubblica, la cosa più probabile un bando. Al bando chi potrà concorrere? Qui il DM del ’97 va non poco modificato sulla base dell’esperienza e delle indicazioni che vengono dalla legge delega:

  • secondo la legge delega possono costituire un Csv i soggetti del libro primo del codice civile, cioè associazioni e fondazioni, ma prevedendo che la maggioranza in assemblea sia delle Odv previste dalla 266/91;
  • nel caso delle fondazioni sarebbe bene specificare che deve trattarsi di enti nei quali sia prevalente la presenza e l’apporto alle attività da parte dei volontari, altrimenti potrebbe essere aperta la porta, ad esempio, a fondazioni teatrali o del campo sanitario, animate esclusivamente da professionisti retribuiti, che distorcerebbero il processo;
  • è poi da abolire il caso di una sola associazione che possa essere candidata a gestire un Csv come è oggi nel DM, mentre sarebbe auspicabile stabilire che a candidarsi siano enti costituiti da un numero congruo di organizzazioni di volontariato e di Terzo settore effettivamente rappresentative del territorio;
  • anche tra coloro che possono chiedere l’istituzione di un Csv vanno aboliti quegli enti oggi previsti e che del resto non si sono mai avvalsi di tale facoltà difficilmente giustificabile (si tratta degli enti locali, delle organizzazioni nazionali di volontariato, delle Fob), mentre le almeno cinque associazioni richiedenti, sempre oggi previste, sarebbe bene che fossero di più.

Anche per quanto riguarda l’accreditamento dei Csv esistenti, il DM dovrebbe chiarire criteri, modalità e tempi, puntando ad una crescita e maggiore qualificazione dei Csv, che devono allargare le loro competenze a tutti i volontari del Terzo settore ed essere all’altezza dei bisogni oggi del volontariato e del Terzo settore stesso. Ma uno sviluppo della realtà dei Csv non può che partire da ciò che oggi essi sono, salvaguardando le esperienze positive sinora realizzate.

Il funzionamento dei Csv

Qui le cose in fondo sono più semplici da definire, perché la legge delega è già abbastanza precisa in materia, prevedendo:

  • libero ingresso nella base sociale agli enti di Terzo settore richiedenti e criteri democratici per il funzionamento dell’organo assembleare;
  • l’attribuzione della maggioranza assoluta dei voti nell’assemblea alle organizzazioni di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266;
  • forme di incompatibilità per i soggetti titolari di ruoli di direzione o di rappresentanza esterna;
  • che il programma di attività non preveda erogazioni dirette in denaro ovvero a cessioni a titolo gratuito di beni mobili o immobili a beneficio degli enti del Terzo settore.
decreti legislativi
Roma, volontari dell’associazione Liberi Nantes

Piuttosto una consistente innovazione ci vorrà nella definizione dei servizi da erogare, considerati i bisogni oggi del mondo del volontariato e delle organizzazioni di Terzo settore: penso a vere e proprie agenzie di sviluppo della cittadinanza attiva e dell’economia solidale, attraverso una formazione dei quadri e comunque alle qualifiche oggi richieste agli enti di Terzo settore, al sostegno alla programmazione partecipata (nell’ambito dei piani di zona previsti dalla 328/00, ma anche nell’uso dei fondi strutturali europei), ad una consulenza giuridica che renda effettivo il principio di sussidiarietà dal 2001 presente in Costituzione.
In conclusione, penso che ci sia molto da lavorare sui futuri decreti legislativi riguardanti i Csv, che ci sia un cantiere da aprire, senza aspettare l’iniziativa del Governo, perché in quei decreti si giocherà buona parte del futuro dei Csv, ed in parte anche del volontariato.

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