DECRETO SICUREZZA: FINISCE L’INTEGRAZIONE E TORNANO I GHETTI
Un seminario organizzato dalla Rete Scuolemigranti ha fatto il punto. E non è rassicurante
17 Dicembre 2018
La parola “umanità” è già scomparsa dal linguaggio dell’immigrazione. Il cosiddetto Decreto Sicurezza (legge n. 132/2018, conversione del “Decreto Salvini” 113/2018) ha abrogato la protezione per motivi umanitari, un permesso di soggiorno – che durava dai 6 mesi ai 2 anni ed era rinnovabile – per il cittadino a cui veniva «impedito, nel suo paese, l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana». Ma anche per motivi quali vulnerabilità, traumi durante il viaggio, rischio di persecuzione, presenza di bambini minorenni e una volontà del soggetto di integrarsi nella cultura italiana. Il punto sui problemi aperti dal Decreto Sicurezza è stato fatto durante un seminario organizzato dalla Rete Scuolemigranti e da Creifos-Università Roma Tre, che si è svolto a Roma il 10 dicembre scorso.
I CASI SPECIALI. Al posto della protezione umanitaria sono stati introdotti alcuni permessi di soggiorno detti “casi speciali”. Attenzione alle parole: da una protezione “umanitaria” si passa a una “speciale”, con l’intento – neanche troppo nascosto – di continuare a descrivere l’immigrazione come una continua emergenza, come un problema o qualcosa che va affrontato costantemente con provvedimenti straordinari. Il permesso sarà concesso a chi ha bisogno di cure mediche (condizioni di salute particolarmente gravi tali da non consentire di eseguire il provvedimento di espulsione, oppure chi soffre di gravi patologie impossibili da curare nel Pese di origine), per chi proviene da un Paese in situazione di “contingente ed eccezionale calamità” e per chi si sarà distinto per “atti di particolare valore civile”.
Nel primo caso la protezione è valida per il tempo attestato dalla certificazione delle cure (massimo un anno, rinnovabile e non convertibile per lavoro). Nel secondo è valida per 6 mesi, permette di lavorare ed è prorogabile soltanto per altri 6 mesi qualora prevalgano le condizioni. Nel terzo è valida 2 anni, è rinnovabile e consente di lavorare e di essere convertibile in lavoro e studio.
CHI RESTA FUORI. In base al Decreto Sicurezza, chi oggi ha un permesso di soggiorno per motivi umanitari, alla scadenza potrà avere una “protezione speciale”, previo parere delle Commissioni Territoriali circa la sussistenza delle circostanze che ne impediscono l’allontanamento. Basta un niente per perderla, tanto che i questori sono autorizzati a dare “tempestiva comunicazione” alle commissioni nel caso in cui vi siano indagini in corso o sentenze non definitive sui richiedenti. Sarà un giro di vite.
Come riporta “Internazionale”, nel 2017 in Italia sono state presentate 130mila richieste simili: il 52% è stato respinto, nel 25% dei casi è stata concessa la protezione umanitaria, all’8% lo status di rifugiato e a un altro 8% la protezione sussidiaria. Il restante 7% ha ottenuto altri tipi di protezione.
«Da questa tipizzazione del permesso di soggiorno umanitario restano fuori le vittime di tratta durante i viaggi, le famiglie con minori, le madri sole con i bambini, i minori che hanno fatto richiesta e si vedranno notificare il diniego a ridosso della maggiore età o a 18 anni e persone con percorsi di integrazione già solidi» sostiene Chiara Peri del Centro Astalli. Ecco un esempio: la signora A. è fuggita dall’Algeria per sottrarre le proprie bambine al rischio di rapimento (fenomeno comune nel Paese). La Commissione ha riconosciuto in suo favore la protezione umanitaria perché madre sola con due figlie di 9 e 12 anni. Se la Signora A non otterrà un lavoro stabile (cosa difficile, dato che ha due bambine piccole) si troverà senza permesso di soggiorno al rinnovo. Ma con la nuova legge non avrebbe ottenuto alcuna protezione neanche in prima istanza.
I MINORI NON ACCOMPAGNATI. Ci sono novità sostanziali anche riguardo i minori stranieri non accompagnati: i ragazzi che hanno un permesso per minore età e sono in Italia da meno di 3 anni per convertire il titolo, al raggiungimento dei 18 anni, devono chiedere il parere alla Direzione Generale Immigrazione Ministero del Lavoro. In caso di diniego rischierebbero di non aver alcun titolo per restare legalmente in Italia, interrompendo così il percorso di integrazione avviato.
IL RITORNO DEI GHETTI. Con il Decreto Sicurezza i Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) potranno trattenere le persone fino a un massimo di 180 giorni (precedentemente 90). I richiedenti asilo – a cui è impedito di iscriversi all’anagrafe e di accedere alla residenza – possono essere trattenuti per un periodo di al massimo 30 giorni negli hotspot, mentre fino a ieri la legge parlava di 48 ore. Se un mese non dovesse bastare per accertare l’identità del richiedente asilo sono previsti ulteriori 30 giorni.
Ci saranno anche più fondi per i rimpatri: 500mila euro nel 2018, un milione e mezzo di euro nel 2019 e un altro milione e mezzo nel 2020.
Cosa cambia nel sistema d’accoglienza, con il Decreto Sicurezza? «Lo SPRAR, nato dal confronto tra amministrazioni locali e società civile, non è mai stato mai numericamente sufficiente per garantire un posto per tutti, ma da oggi i posti saranno ancora meno», ha spiegato Peri nel corso del seminario. «Solo il 35% di chi nel 2017 ne aveva diritto potrà continuare ad averne. Potrebbe esserci molta più gente per strada. Il sistema primario di accoglienza sarà il CARA e i cosiddetti CAS che nascevano come misura tampone per integrare il numero posti con quelli dello SPRAR. Siamo tornati indietro di quasi 20 anni, perché nei CARA e nei CAS non ci saranno più possibilità di integrazione e tutto il lavoro di integrazione fatto nel tempo insieme ai Comuni andrà praticamente perduto. Verranno eliminati i corsi di lingua e il supporto legale e verrà fornita soltanto l’assistenza sanitaria, il vitto e l’alloggio. Torneremo a ghettizzare, in una logica di subappalto per marginalizzare il problema in casermoni».
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