POVERTÀ. ANCHE L’ITALIA AVRÀ IL REDDITO DI INCLUSIONE
Previsto nella delega sulla povertà approvata ieri alla Camera, è una misura di lotta contro la povertà. Ma bisogna rivedere il sistema dei servizi sociali
15 Luglio 2016
«L’Alleanza contro la povertà considera un deciso passo in avanti quello compiuto ieri alla Camera, con l’approvazione della delega sulla povertà che istituisce il Reddito di inclusione». Il coordinamento di associazioni ed enti di Terzo settore che lotta contro la povertà con queste parole si è espresso molto positivo sul voto di ieri alla Camera, che ha permesso, tra l’altro, di introdurre in Italia il Reddito di inclusione, da tempo richiesto dai membri dell’Alleanza.
L’iter è ancora lungo – il prossimo passaggio del provvedimento sarà al Senato -, ma è stato fatto un passo avanti decisivo.
Il reddito di inclusione
La delega sulla povertà ( “Delega recante norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali – collegato alla legge di stabilità 2016) è composta da un articolo unico con 9 commi.
Il Reddito di Inclusione è la prima misura di contrasto della povertà assoluta adottata a livello nazionale, e si articola su due livelli: un sostegno economico e una componente di servizi alla persona. Significa che, come avviene negli altri Paesi Europei che hanno adottato misure analoghe (cioé quasi tutti), alle persone che usufruiranno del sostegno economico verrà proposto un percorso, un progetto personalizzato che dovrebbe facilitare l’uscita dalla condizione di povertà.
La misura è universalistica (anche se non si sa se riguarderà anche gli stranieri presenti legalmente in Italia), ma verrà data priorità ai nuclei familiari con figli minori o con disabilità grave o in cui siano presenti donne in stato di gravidanza e ai soggetti disoccupati con più di 55 anni. Controlli sui requisiti di chi beneficia della misura saranno fatti dall’INPS, ed è prevista l’istituzione di un organismo di coordinamento del sistema degli interventi e di monitoraggio. Il reddito di inclusione assorbirà altre prestazioni assistenziali sperimentate negli anni scorsi, come la social card.
Due punti delicati della delega sulla povertà
Uno dei punti delicati riguarda i progetti di attivazione e di inclusione sociale: dovranno essere proposti da una équipe multidisciplinare, in collaborazione con le amministrazioni competenti sul territorio in materia di servizi per l’impiego, la formazione, le politiche abitative, la tutela della salute e l’istruzione. Centrale sarà il ruolo degli enti locali e della Regioni, ma anche, si spera, del mondo del Terzo settore.
Il punto è delicato perché i servizi sociali sono spesso segnati da mancanza di personale, da un’impostazione vecchia, dalla frammentazione che impedisce di collaborare tra loro e con gli altri soggetti coinvolti, per cui ci si chiede se sono adeguati a svolgere un compito così delicato. La delega infatti prevede il riordino del sistema dei servizi, ma è evidente che non sarà facile.
L’altro punto delicato della delega sulla povertà riguarda le risorse, che per ora sono quelle previste nella Legge di Stabilità, che ha istituito il Fondo di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale, stanziando 1 miliardo di euro a partire dal 2017. Una cifra certamente non eccessiva, in un Paese, il nostro, che ha il 6% delle famiglie in condizione di povertà assoluta.
Il testo della delega contiene la previsione che futuri provvedimenti legislativi e le eventuali risorse derivanti dagli interventi di riordino vadano ad incrementare il Fondo stesso.
Su questo si è espressa anche l’Alleanza, che chiede sia l’estensione universale delle misure adottate contro la povertà, sia una adeguata copertura finanziaria «in modo da consentire il celere avvio di un piano organico e pluriennale di lotta alla povertà». E chiede inoltre «una particolare attenzione allo sviluppo dei Servizi necessari a sostenere i percorsi d’inclusione socio-lavorativa dei beneficiari».