ROMA. LA COMUNITÀ EDUCANTE CHE “REGALA” UN PARCO

La didattica all'aperto può cambiare la scuola, soprattutto se attorno c'è una comunità educante. Come quella del Quarticciolo

di Ermanno Giuca

«Bambini e ragazzi non ce la fanno più: è urgente allestire spazi all’aperto in sicurezza, per riacquistare la socialità persa dopo un anno di reclusione in casa!». È un grido comune quello delle associazioni che su Roma operano su diversi ambiti educativi e che da mesi avvertono un senso di smarrimento soprattutto nelle fasce giovanili, effetto nocivo di questo anno pandemico.

La soluzione? Uscire fuori da quegli spazi diventati “prigioni” per molti bambini e adolescenti riscoprendo i parchi, le aree verdi, le zone archeologiche e tutti quei luoghi che possono raccontare loro il mondo reale, fuori dallo schermo di un computer.

La didattica all’aperto

È quello che da diversi anni realizza Io sono , associazione che in diversi municipi della capitale porta avanti progetti di didattica “outdoor”.

didattica all'aperto
La didattica all’aperto non vuole sostituire quella tradizionale, ma cambiare la scuola

«Educare i bambini a contatto con la natura è più bello, sorprendente e insegna loro molte più cose», dice Sara Iannucci, presidente dell’associazione. «In uno dei nostri progetti, terminato poco prima della pandemia, siamo riusciti a coinvolgere 22 classi di un Istituto comprensivo del Municipio VIII, sperimentando un intero anno di didattica all’aperto. In collaborazione con le insegnanti, prendevamo i bambini al mattino e attraverso percorsi naturalistici o storici li portavamo in un orto o in un parco, svolgendo lì le lezioni, dalla matematica alle scienze, dall’italiano alla storia. Una volta a settimana questi ragazzi hanno potuto vivere una “scuola alternativa”, che non vuole sostituirsi a quella classica, ma vuole cambiarla, facendo scoprire loro il mondo reale, in cui c’è anche il contatto con il giornalaio di quartiere, il parroco di una chiesa, il fruttivendolo o il cassiere del supermercato».

Originali percorsi di apprendimento, che dopo mesi di chiusure e riaperture a singhiozzo, diventano l’unica alternativa alla didattica a distanza. «La Dad è stata catastrofica e molte insegnanti lo sanno bene, quando su una classe di 20 bambini, 6-7 li perdi fisiologicamente. Da qualsiasi ceto sociale provengano, oggi dobbiamo renderci conto che tutti gli studenti, dall’infanzia al liceo, mostrano chiari segni di cedimento. Come associazione non abbiamo mai smesso di lavorare durante la pandemia, tranne quando in zona rossa le scuole erano chiuse. Ma anche in quelle settimane, ricordo che con alcuni ragazzi del liceo abbiamo organizzato delle lezioni all’aperto, divisi in gruppi, sempre in sicurezza. Questo perché la dirigente scolastica di quell’Istituto ha scommesso su di loro e sul loro senso di responsabilità. La base di fondo penso sia proprio questa: bisogna avere coraggio, non è continuando a fermare la scuola ogni due settimane che risolveremo l’emergenza. Tanto i bambini il pomeriggio, finita la Dad, usciranno lo stesso (giustamente!)».

Un parchetto in dono

C’è chi ancora banalizza la didattica all’aperto come semplice “gite”, ma nella realtà dei fatti ciò che questa e altre associazioni stanno realizzando nel territorio è un “patto di comunità”, ossia una modalità in cui tutti gli attori di un quartiere o di un municipio decidono di mettersi in rete, offrendo ciascuno il proprio contributo per la comunità, a partire dai più piccoli: dalla scuola all’associazione, dal comitato di quartiere alla parrocchia, dal museo al teatro comunale.

Una “comunità educante”, che è in grado di dare risposte concrete ai suoi abitanti, come accade nel quartiere Quarticciolo dove il prossimo sabato 24 aprile, il comitato di quartiere insieme ad altre realtà associative, inaugureranno un’area verde bonificata, destinata a giochi, attività didattiche all’aperto e spettacoli (qui i dettagli dell’evento).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

«Inauguriamo un parchetto che per anni è stato abbandonato e che insieme ad alcune associazioni del posto abbiamo rimesso in piedi e curato» spiega Pietro Vicari, uno degli organizzatori. «Vogliamo donarlo a tutti quei ragazzi che hanno sofferto questi mesi di reclusione in casa, organizzando un evento in totale sicurezza ma finalmente in presenza. Grazie alla collaborazione con le insegnanti delle scuole, con il teatro comunale, la palestra popolare, la biblioteca e tanti altri attori, organizzeremo una giornata di giochi, musica, ma anche memoria. L’evento sarà infatti dedicato a Modesto Di Veglia, partigiano del nostro quartiere morto a dicembre di quest’anno, a cui dedicheremo delle letture pubbliche e l’inaugurazione di un murales».

La comunità, contro la povertà educativa

Il Quarticciolo, come altri quartieri periferici della capitale, vive un alto tasso di dispersione scolastica, con molti over 14 che abbandonano precocemente gli studi. A motivo di ciò, una stretta collaborazione tra scuola e realtà associative del territorio è l’unica possibilità rimasta per dare risposte concrete a questa emergenza. «Senza una comunità che faccia rete è impossibile intercettare questi giovani e famiglie in difficoltà», ribadisce Pietro. «Per esempio, un insegnante ci può segnalare se qualche suo studente non sta frequentando la Dad e io, incontrandolo nel pomeriggio in palestra, potrei capire che tipo di problema ha a casa. Dopo chiederei all’assistente sociale del municipio se c’è qualche difficoltà in quel nucleo e magari scoprirei che la settimana prima avevano messo in stato di fermo il padre. Da quel momento capiremmo più facilmente come intervenire. È facendo ciascuno il proprio pezzo che riusciremo a cambiare qualcosa».

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