L’ITALIANO, LINGUA MADRE E LINGUA FIGLIA
"Dugukolò" è il libro di Asinitas, che racconta un anno di didattica dell’italiano ai migranti. E spiega come l'italiano diventa lingua figlia
20 Gennaio 2022
Roma. Dugukolò è una parola bambara, lingua dell’Africa occidentale parlata soprattutto in Mali. Significa terra, ed è composta dalle parole dugu, terra, e kolò che indica la pelle, le ossa, lo scheletro. “Dugukolò. Mille volte mi è mancata questa terra” è anche il titolo del libro pubblicato nella collana “I Libretti” del Centro Asinitas, che racconta un anno di didattica dell’italiano all’interno della scuola per rifugiati e richiedenti asilo e della scuola delle donne. “Dugukolò” è stato presentato il 14 gennaio, con un evento realizzato nell’ambito del progetto Doors, con capofila Cies Onlus e selezionato dall’impresa sociale Con i Bambini.
Sebbene sembri una scelta paradossale, quella di intitolare un libro che racconta l’insegnamento e la didattica dell’italiano con una parola di lingua africana, tuttavia il cortocircuito è presto chiarito. Giorgio Sena, insegnante e coordinatore della scuola d’Italiano di Asinitas, e tra i curatori del volume, precisa che la scelta di intitolare il volume con una parola africana nasce dalla volontà di porre l’accento sul transito da una lingua – quella madre – a un’altra; ossia sottolineare «il passaggio fra una lingua a cui apparteniamo a una lingua che si acquisisce».
Il volume è il prodotto di «una tradizione che esiste in Asinitas fin dall’inizio», spiega Cecilia Bartoli, fondatrice del Centro interculturale, «ossia quella di documentare tutti i nostri percorsi. Stavolta abbiamo voluto produrre una documentazione diversa, con uno sforzo di sistematizzazione e strutturazione importante e cercando di tenere insieme tutte le anime, e tutte le aspirazioni di questo nostro lavoro. E lo abbiamo fatto inserendo le voci degli studenti, le questioni di metodo e la riflessione sull’esperienza».
Prima del linguaggio, la materia
I migranti che imparano l’italiano, hanno la necessità di apprendere una lingua funzionale, che permetta loro di muoversi e districarsi nel nuovo ambiente in cui vivono. In altre parole, la lingua seconda è una lingua pratica, utile nell’immediato, e che resta in superficie. Questo approccio però per gli insegnanti di Asinitas è estremamente riduttivo «il nostro lavoro si innesta sul passaggio tra due lingue», continua Sena. «E quindi, pur insegnando una seconda lingua, lo facciamo indagando la lingua madre; è un tentativo ambizioso che punta a non rassegnarsi alla banalizzazione della lingua utile».
Ed è questo il paradigma su cui si inserisce l’attività didattica di Asinitas, perché l’apprendimento di una lingua è un processo esperienziale ed è noto, specifica la professoressa Elena Zizoli, pedagogista dell’Università Roma Tre, che «impariamo anche con il corpo, non solo con la nostra testa. Il discorso mente corpo è fondamentale nell’apprendimento. Provando emozioni positive si impara meglio».
E il lavoro all’interno della scuola, costituito anche dai laboratori interculturali, si muove in questa direzione: utilizzano linguaggi multipli, partendo dall’attività manuale fino ad arrivare all’attività ludica, passando per la narrazione e la scrittura e l’attività teatrale; proprio perché prima del linguaggio c’è la materia.
Sull’aspetto esperienziale dell’apprendimento della lingua seconda interviene anche Franco Lorenzoni, maestro elementare e coordinatore della Casa laboratorio di Cenci. Per lui è importante sottolineare che «l’azione è colla della memoria». Gli elementi vengono prima della parola, perché sono più antichi e ci aiutano a entrare in modo più profondo nel linguaggio «ma bisogna iniziare con una lingua che sia corpo-esperienza, una lingua che sento o posso sentire. È importante far sapere ai maestri e alle maestre che le due lingue sono inscindibili: la lingua funzionale, che si usa tutti i giorni, se non affonda le radici nella lingua in cui mi riconosco, non funziona; la memoria va legata all’azione».
Lingua madre e lingua figlia
Nel libro trovano spazio anche le storie delle donne che frequentano la scuola di italiano a loro dedicata. Il progetto della scuola delle donne, oltre a offrire l’opportunità di apprendere la lingua, svolge anche una funzione di socialità e inclusione, diretta alle donne migranti che, a differenza degli uomini, sono più a rischio isolamento.
Per Alessandro Triulzi, docente di africanistica all’Università degli studi di Napoli “Orientale”, nonché presidente dell’Archivio Memorie Migranti «il centro di Asinitas non è solo un rifugio di persone, ma anche una piccola cellula rivoluzionaria; la scuola è un luogo di consapevolezza e di pratiche innovatrici», nonché un luogo di comunità, dal quale nascono ponti con l’esterno. Le madri che imparano l’italiano lo fanno anche in funzione di poter comunicare con i propri figli. A questo proposito Triulzi riporta l’aneddoto riguardante una sua amica iraniana che ha appreso l’italiano per poter parlare con suo figlio, la quale sostiene che l’italiano rappresenta per lei, e per le altre mamme nella stessa situazione, la lingua dell’intimità, anche quando si va via dall’Italia. L’italiano dunque «diventa lingua figlia».
Attraverso le storie raccolte nel libro, si racconta anche la Storia delle migrazioni di questi ultimi anni, le quali hanno subìto cambiamenti rispetto all’inizio. Per questo il libro è rivolto a tutti, ma specialmente a educatori, insegnanti e operatori sociali che operano in contesti di cura e accoglienza dei migranti.
Il libro Dugukulò. Mille volte mi è mancata questa terra, è a cura di Laura Ciavardini, Luca Lotano, Federica Mezza e Giorgio Sena.
Il progetto grafico è di Maria Chiara Guadagnoli e Federica Mezza.
Il libro si può comperare a questo link.
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