DIPENDENZA DA WEB: SI COMBATTE FIN DA BAMBINI

La dipendenza da web è un pericolo già in giovane età. Mentre il Gemelli apre un centro per curarla, cerchiamo di capire come prevenirla

di Maurizio Ermisino

«Spegnete quella dannata televisione e andate a giocare fuori! » Era uno dei mantra dei nostri genitori. E con il tempo abbiamo capito che avevano ragione loro. Una volta diventati genitori, capita anche a noi di fare attenzione a queste cose. Che oggi si sono complicate: c’è internet, ed è qualcosa che può distogliere i ragazzi dalle loro attività, dall’apprendimento, fino a diventare vera dipendenza da web. Al Policlinico Gemelli è appena nato un centro per curare questo problema. Ma è chiaro che l’attenzione va tenuta alta perché il problema venga evitato a monte.
Come si manifesta la dipendenza dal web nei giovanissimi? Può iniziare con un’attenzione quasi ossessiva a giochi, chat, social e con alcuni comportamenti, come il controllo ripetuto dei messaggi e come lunghi periodi passati in chat. Nella fase intermedia si rileva l’aumento del tempo trascorso on-line, con un crescente senso di malessere, di agitazione, di mancanza di un qualcosa quando si è scollegati. Nella terza fase si assiste alla cronicizzazione del disturbo. La rete-dipendenza agisce ad ampio raggio, danneggiando diverse aree della vita, quali quella delle relazioni reali e di quella scolastica. Può causare problemi di astrazione dalla realtà, nervosismo, scarso profitto, assenteismo scolastico e isolamento sociale, anche totale.

Dipendenza da web: quali sono i segnali?

Occorre fare attenzione ad alcuni segnali che possiamo cogliere osservando bambini e ragazzi. Può capitare che trascurino i doveri, soprattutto quelli scolastici, ma anche l’igiene e la cura della persona. O che approfittino di ogni occasione e di ogni scusa per collegarsi, anche di nascosto, tralasciando altri interessi.

dipendenza da web
Il 9 Febbraio è la Giornata mondiale per la sicurezza in Rete, promossa dalla Commissione Europea

Quando sono in rete, poi, i ragazzi a rischio dipendenza da web manifestano chiaramente un senso di benessere e di euforia, perdono di vista la realtà circostante comportandosi come se gli altri non ci fossero. Può capitare che parlino e scherzino da soli. Un altro sintomo è l’incapacità di staccarsi dalla rete. Se costretti a smettere diventano insofferenti, soffrono e si innervosiscono e se l’online gli viene impedito per lungo tempo possono diventare apatici, irritabili, o manifestare stanchezza e malessere fino a saltare i pasti o mangiare in fretta pur di tornare a ricollegarsi. È chiaro che poi neghino di passare troppo tempo su internet: più sono collegati più aumenta il desiderio di rimanere collegati e si lamentano di non passarne abbastanza. Non vogliono parlare di ciò che fanno online, o danno risposte evasive o mentono. Ma la dipendenza da web può portare anche a disturbi fisici del sonno, occhi arrossati, mal di testa, mal di schiena, sindrome del tunnel carpale.

Soddisfare bisogni emotivi frustrati

Spesso questa sindrome può nascere da altri disagi.  «Il web è considerato dai bambini, dai giovani e dagli adulti come luogo di rifugio in cui appartarsi per trovare considerazione, gratificazione, sollievo dalle difficoltà emotive e dai problemi quotidiani», spiega Orietta Matteucci, presidente dell’associazione Bambino Oggi…Uomo Domani. «Spesso ciò che manca in ciascuno è avere una relazione affettiva gratificante la cui costruzione, di solito, si inizia ad apprendere nell’infanzia. Quindi, in questo caso, l’esigenza di connettersi è quella di soddisfare i bisogni emotivi che sono stati frustrati. Appare chiaro che in un mondo virtuale diventa virtuale anche la soddisfazione di tali bisogni, cosa che fatalmente genera frustrazione in costante escalation».

dipendenza da web
Bullismo e dipendenza da web sono spesso due facce della stessa medaglia

«Al di là delle diverse componenti che possono contribuire ad originare i vari casi di dipendenza da web, la caratteristica costante è la capacità della rete di rispondere, o meglio, illudere di rispondere, ai bisogni umani di tipo affettivo, primi fra tutti quelli di aumentare l’autostima, la sicurezza in sé e quello di socializzare» continua. «Le chat abbattono le frontiere poste dalla timidezza e dalla paura di esprimere face to face le proprie emozioni e sentimenti, dietro i quali, in pratica, c’è la difficoltà ad interagire in modo costruttivo con gli altri». Infine, c’è da considerare anche un altro aspetto. «Ciascuno, in una realtà virtuale, può sperimentare la propria identità in tutte le sue sfumature, cambiando l’età, la professione e perfino il sesso di appartenenza, ascoltando le reazioni degli altri e, confrontarsi con altre personalità, farsi delle convinzioni che difficilmente rispecchieranno ciò che, invece,  accade nella vita reale. In alcuni casi il gioco di ruolo viene esaltato ai limiti estremi della fantasticheria e in cui, all’ombra del personaggio che si interpreta, si possono tirare fuori, rimanendo al sicuro, perfino gli istinti più crudeli. Ma qui entriamo nel campo delle psicopatologie fra le quali oggi si contano anche cyberbullismo, pornografia, prostituzione, gioco d’azzardo».  Bullismo e dipendenza da web sono spesso due lati della stessa medaglia. Si inizia magari con WhatsApp e i gruppi chiusi, ideali per far girare calunnie, quelle che una volta si facevano con il passaparola, con messaggi di testo e condivisione di foto.

Al Gemelli di Roma un centro specializzato

Dalla dipendenza, ovviamente, si può guarire. «Ma a due condizioni», riflette Orietta Matteucci. «La prima è che se la persona sia consapevole della propria sofferenza, abbia davvero una così grande voglia di rendere migliore la qualità della propria vita tanto da accettare di mettersi in discussione con tutta la fatica e i sacrifici che ne conseguono.
La seconda è che la persona sia seguita da uno psicoterapeuta proveniente dall’approccio umanistico integrato, che abbia la conoscenza delle tecniche del counselling ed esperienza in tema di dipendenza da web. Naturalmente sarà necessario anche il coinvolgimento dei genitori e degli insegnanti nel caso di bambini e giovani, e del partner o dei familiari nel caso di adulti». Per risolvere problemi di questo tipo, al Policlinico Gemelli è nato il Centro Pediatrico Interdipartimentale per la Psicopatologia da web. L’iniziativa nasce dalla collaborazione tra il Policlinico Gemelli di Roma e la Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica, ed è pensata come un presidio clinico multidisciplinare che unisca la psichiatria, la neuropsichiatria infantile e la pediatria. «È bello che nascano dei centri specializzati su queste nuove dipendenze, purché la formazione dei professionisti sia adeguata alle esigenze», commenta Orietta Matteucci.
Ma prevenire è meglio che curare. «La prevenzione, a mio parere, è un’ottima soluzione idonea a contrastare e arginare tali fenomeni e ne siamo intimamente convinti sia io personalmente che lo staff della onlus, tanto che il nome scelto – “Bambino Oggi…Uomo Domani” – significa appunto che, se saremo capaci di educare i bambini di oggi al rispetto delle regole e dei doveri, domani potremo contare su uomini dotati di quel senso di responsabilità necessario per costruire un mondo senza violenza, degrado, corruzione», spiega Orietta Matteucci.

Il ruolo delle associazioni

«Realtà come la nostra, in questo momento di vuoto istituzionale in fatto di educazione all’affettività e all’interazione costruttiva con gli altri, possono agevolare la sana crescita delle giovani generazioni grazie al lavoro di professionisti specializzati e preparati alla realizzazione degli obiettivi prefissati, ma anche all’applicazione di una modalità innovativa già in atto nelle scuole dal 2009 e che sta dando ottimi risultati», continua la presidente.

dipendenza da web
Orietta Matteucci, presidente dell’associazione Bambino oggi…Uomo domani di Roma

«Offriamo a genitori e insegnanti, gli educatori storici delle nuove generazioni, l’opportunità di partecipare a laboratori esperienziali articolati in 10 incontri di due ore ciascuno durante i quali si fa pratica di ascolto e di comunicazione efficace. Il modello è stato strutturato dal direttore scientifico del progetto, il Prof. Andrea Pagani, docente della Scuola quadriennale di specializzazione in Psicologia clinica di comunità e psicoterapia umanistica integrata, sulla base delle indicazioni date dall’Oms con il documento WHO’93 in tema di Life Skills». E poi c’è quello che possiamo fare noi genitori. «Un’azione semplicissima che richiede poco tempo da dedicare ai figli, forse complicata da apprendere, ma vi assicuro che ne vale la pena, perché una volta appresa diventerà efficace non solo con i figli, ma anche con il partner, i colleghi, con chiunque», spiega Matteucci. «Si tratta di saper ascoltare con il cuore spegnendo, in quel momento, cellulare, tv, internet, ciò che sta dicendo il proprio figlio, perché costituisce la base da cui si possono ricavare le informazioni necessarie per comprendere esattamente quello che sta raccontando e se e cosa sta chiedendo. Saper ascoltare è un potente strumento della comunicazione in quanto invita l’altro ad esporre i suoi sentimenti, paure, desideri, problemi e incoraggia la comunicazione. Oggi molti genitori, assorbiti dalle mille incombenze quotidiane, magari presi dalla stanchezza, preferiscono affidare alle nuove tecnologie, quasi come a una balia, i figli i quali si sentono trascurati, cominciano a fare capricci, ad attirare l’attenzione in ogni modo e poi cercano conforto e conferme nel web. Invece, apprendendo alcune tecniche e imparando a ottimizzare il poco tempo che rimane alla sera, è possibile avviare un dialogo costruttivo con i figli divenendone punto di rifermento di crescita».

DIPENDENZA DA WEB: SI COMBATTE FIN DA BAMBINI

DIPENDENZA DA WEB: SI COMBATTE FIN DA BAMBINI