DISABILITÀ. LE SERIE TV METTONO AL BANDO IL PIETISMO

Un'indagine della rivista Superabile Inail spiega com'è cambiata la rappresentazione della disabilità nelle serie TV

di Elpidio Ercolanese

Chi ha detto che i disabili siano tutti buoni? Chi ha detto che siano sempre disposti a starti vicino nel momento del bisogno e che abbiano sempre un consiglio e una spalla per l’amico normodotato? Oppure, chi ha detto che debbano sempre interpretare il ruolo di persone fragili e bisognose? Cambiano i tempi e sta cambiando anche la rappresentazione della disabilità nelle serie TV e nel cinema. A fare da apripista è il mercato audiovisivo americano, a ottobre al centro di un’inchiesta di Superabile Inail, la rivista pubblicata dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.

A leggere le pagine dell’inchiesta il pietismo sembra ormai un sentimento quasi definitivamente superato.

 

Disabilità nelle serie tv
Ne “La Casa nella prateria” un personaggio, Mary, è cieco

LA CASA NELLA PRATERIA. La prima serie TV passata in rassegna dalla giornalista Antonella Patete per Superabile Inail è La casa nella prateria, prodotta negli Stati Uniti a partire dal 1975. La trama è basata sui romanzi della scrittrice Laura Ingalls e vede come protagonista una famiglia di coloni. Nei primi episodi della serie fa il suo ingresso  il personaggio secondario di Olga, una ragazza affetta da disabilità motoria, che alla fine riuscirà a riscattarsi grazie a una scarpa speciale in grado di farla correre come le sue compagne. A partire dalla quarta stagione, la cecità colpirà Mary, una delle figlie degli Ingalls. Mary, che viene raffigurata come dolce e riflessiva, riuscirà a realizzarsi, diventando prima allieva di un istituto per ciechi, dove incontrerà il futuro marito Adam Kendall, e poi iniziando a insegnare nello stesso istituto.

Da La casa nella prateria in poi la rappresentazione della disabilità nelle serie TV è divenuta meno edulcorata. Gli sceneggiatori sembrano aver compreso che puntare sul pietismo è sbagliato, e che al contrario gli spettatori vogliono vedere personaggi autentici: questi sono complicati come le persone che abitano al di fuori dello schermo televisivo e vanno letti attraverso più chiavi di lettura.

 

Disabilità nelle serie tv
Louis Canning, avvocato affetto da discinesia tardiva in “The Good wife”

THE GOOD WIFE. Superabile cita un’intervista di Michael J. Fox, attore affetto da Parkinson, che interpreta l’avvocato Louis Canning nella serie The Good Wife. «È strano, ma ogni volta che in una commedia o in una trasmissione televisiva compare un personaggio disabile si diventa sentimentali. Io ho voluto mostrare che le persone disabili possono anche essere delle carogne. Vorresti provare dispiacere per lui ma, che lo faccia apposta o no, è troppo canaglia. Credo che Canning sia un puro, uno che vuole soltanto vincere, che non si fa problemi a usare quello che agli occhi degli altri appare un deficit come un mezzo per raggiungere il suo scopo», ha detto l’attore all’Hollywood Reporter.

Il personaggio interpretato da Fox in The Good Wife, Canning, ha la discinesia tardiva, un disturbo causato dai farmaci per combattere il Parkinson, proprio come l’attore. La discinesia tardiva provoca movimenti involontari anomali e ripetitivi del viso. Espressioni che nella serie sono usati dall’avvocato Canning per influenzare giudice e giurati durante il dibattimento.

 

Disabilità nelle serie tv
I protagonisti di Breaking Bad

BREAKING BAD. La rappresentazione della disabilità nelle serie TV come Breaking Bad e Speechless è ugualmente intelligente. Nella prima, il protagonista Walter White, impacciato professore di chimica riciclatosi come produttore di metanfetamina, ha un figlio di nome Walter White Junior affetto da parafrasi cerebrale. La disabilità di Walter non è che una delle caratteristiche del personaggio, non il tratto identificativo.

Anche l’interprete di Walter ha una paralisi cerebrale e in un’intervista rilasciata durante la Giornata mondiale della paralisi cerebrale del 2015, e citata da Superabile, dichiarò: «Non bisogna accettare di sottolineare la disabilità, io mi rifiuto di accentuare questo aspetto quando interpreto un ruolo». Sull’accoglienza dei disabili da parte del pubblico, aggiunse: «I tempi sono cambiati. La gente vuole vedere in tv personaggi diversi, vuole vedere personaggi reali».

 

Disabilità nelle serie tv
J.J. uno dei protagonisti di Speechless, affetto da paralisi cerebrale

SPEECHLESS. C’è poi Speechless, che racconta le vicissitudini della famiglia Di Meo: madre, padre e tre figli di cui uno, J.J, è affetto da una grave paralisi cerebrale che gli impedisce di camminare e comunicare con la voce: J.J si serve di un puntatore oculare.

Nella serie si punta a smontare gli stereotipi sulla disabilità, criticando la cosiddetta ispirazione motivazionale, ovvero il fatto di proporre i disabili, per il solo fatto di esserlo, come fonte di competenza e saggezza rispetto alle persone normodotate. I Di Meo non fanno caso agli atteggiamenti velatamente pietistici delle persone nei confronti di J.J e di fronte a questi mantengono uno sguardo disincantato.

 

Disabilità nelle serie tv
Jake, protagonista autistico di “Touch”

TOUCH. In alcune serie TV è stato rappresentato anche l’autismo, una disturbo del neurosviluppo che porta a deficit comunicativi e, quindi, alla compromissione dell’interazione sociale. In Touch, l’ex giornalista Martin Bohm, dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre, si ritrova vedovo e in difficoltà nel curare il figlio autistico, con il quale non riesce a comunicare. La vita di Martin cambierà quando scoprirà che il figlio Jake riesce a vedere attraverso i numeri cose che nessun altro può vedere e prevedere eventi che accadranno in futuro. Grazie a questo potere  il figlio riuscirà ad aiutare il padre nella risoluzione di situazioni complicate e pericolose.  In Touch i superpoteri sono collegati all’autismo e alla credenza, pseudoscientifica, che questi bambini siano superiori agli altri perché appartenenti a uno stadio evolutivo superiore. Nella serie, il professore Arthur Teller, a tal proposito parlando con Martin afferma: «Il linguaggio verbale è un inutile retaggio dell’evoluzione della specie, come il dito mignolo del piede. […] Suo figlio vede ogni cosa: il passato, il presente, il futuro, riesce a vedere come sono connessi. Le mostra il percorso da seguire».

 

Disabilità nelle serie tv
“Atypical” ha come protagonista Sam, affetto da autismo ad alto funzionamento

ATYPICAL. C’è poi Atypical, serie TV di Netflix, che vede protagonista Sam, ragazzo affetto da autismo ad alto funzionamento. Sam è impegnato nella ricerca di una fidanzata e nel rendersi indipendente dai genitori. Pur vivendo una condizione di estraneazione dalla realtà, questa non gli impedisce di provare sofferenza in alcune situazioni.

L’autrice di Atypical, Robia Rashid, sentita dalla rivista culturale Vulture, ha spiegato che «La serie parla di cosa vuol dire essere normali ed essere troppo amabile, troppo simile ai tanti nerd così cari al piccolo e grande schermo e troppo aderente ai tre sintomi classici dell’autismo: difficoltà di relazione, problemi di comunicazione e interessi ristretti».

Il critico televisivo Neil Genzlinger del New York Times, ha invece criticato Atypical, ponendo l’accento sul rischio di muoversi, nella serie stessa, troppo spesso sulla sottile linea di confine tra divulgazione e banalizzazione.

 

Disabilità nelle serie tv
Tyron Lannister, de “Il trono di spade” è affetto da nanismo

IL TRONO DI SPADE. Tra le serie prese in rassegna da Superabile Inail c’è anche Il trono di spade. La serie non presenta un unico protagonista, ma tra i tanti c’è il personaggio di Tyrion Lannister, un nano spesso chiamato “Folletto”. Tyrion ama il sesso, l’alcol e il cibo: niente a che vedere con il ruolo, di elfi e creature dei boschi, che di solito viene riservato agli attori acondroplasici.

Tyrion è interpretato da Peter Dinklage, che a proposito della rappresentazione dei nani, ricorda Superabile, in un’intervista a Variety dichiarò: «I nani compaiono in molte storie fantasy, ma sono sempre caricature, oggetto di scherno o creature dei boschi. Nessuno sceneggiatore concede mai loro una storia d’amore, o una personalità complessa. Tyrion è uno dei caratteri più ricchi di sfumature che mi sia mai capitato di incontrare. È un vero essere umano».

 

Disabilità nelle serie tv
“Brutti e Cattivi” racconta una rapina fatta malviventi disabili

BRUTTI E CATTIVI. Anche da noi, in Italia, le cose stanno lentamente cambiando. Un film, in particolare, si è occupato recentemente del tema della disabilità in termini non pietistici: si tratta di Brutti e cattivi.  Il film narra di una rapina organizzata da improvvisati malviventi disabili, stanchi di chiedere l’elemosina fuori dalla chiesa, facendo leva sulla pietà. La banda è guidata dal Papero (Claudio Santamaria), che non ha le gambe, da Ballerina (Sara Serraiocco), che non ha le braccia e fa tutto con i piedi, dal make up al sesso, da Plissé (Simoncino Martucci) che è un nano rapper e da Giorgio Armani detto il Merda (Marco D’Amore), un rasta strafatto di marijuana.

Brutti e cattivi è un film che mostra come possano esistere anche persone affette da disabilità omologate ai peggiori modelli della società.

Vedere i disabili rappresentati in questo modo dal grande e piccolo schermo potrà sembrare strano a tante, troppe generazioni, abituate e assuefatte a una narrazione diversa. Ma ormai la strada sembra tracciata: dobbiamo renderci conto che disabile non è sinonimo di buono. Non è un essere umano da compatire a tutti i costi: è ora di mettere il pietismo al bando. Questa è la strada che tanti autori sembrano aver imboccato per la rappresentazione della disabilità nelle serie TV.

DISABILITÀ. LE SERIE TV METTONO AL BANDO IL PIETISMO

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