DONNE E SPORT: CONTRO LA DISCRIMINAZIONE C’È ANCORA TANTO DA FARE
Mancato accesso al professionismo, poca rappresentanza, investimenti minori. Ne parliamo con Luisa Rizzitelli, presidente di Assist, Associazione Nazionale Atlete
05 Luglio 2019
Le partite dell’Italia ai Mondiali di Calcio femminile sono state seguite da milioni di persone, in prima serata su Rai Uno: l’associazione Assist ha dato vita l’anno scorso alla campagna #AzzurreSuRai1. C’è ancora molta strada da fare per una parità di trattamento tra uomini e donne nel calcio e nello sport in generale. Noi di Reti Solidali ne abbiamo parlato con Luisa Rizzitelli, Presidente e Fondatrice di Assist, Associazione Nazionale Atlete.
Com’è la situazione, per quanto riguarda le discriminazioni delle donne nello sport italiano?
«La prima e più grave discriminazione è proprio quella che riguarda il mancato accesso al professionismo per le donne. È incostituzionale e assurdo che ad oggi una donna in Italia non abbia accesso ad una legge dello Stato, quella sul professionismo del 23 marzo 1981 numero 91. Poi ci sono una serie di problemi, per cui bisogna ancora battersi: differenza di investimenti, a volte di premi, borse di studio, differenze non giustificabili da logiche di mercato, perché erogate dalle Federazioni che, lo ricordo, gestiscono soldi pubblici e sono quindi realtà gestite dallo Stato. A questo aggiungiamo la scarsissima rappresentanza delle donne nei luoghi apicali dello sport, le battaglie per avere la giusta visibilità e combattere stereotipi e sessismo».
Dilettanti è la categoria nella quale le donne si misurano e competono, visto che in Italia sono solo quattro gli sport contemplati nel professionismo (calcio, ciclismo, golf e pallacanestro), e sono tutti praticati da uomini. Le donne sono sempre un passo indietro, anche se per cambiare le cose basterebbe partire dalla legge 91 del 1981, che disciplina le “norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti”.
«Le donne (tutte) non possono accedere a questa legge e ciò vuol dire non avere tutele elementari, perché per lo sport e per lo Stato sei una persona che fa lo sport “per diletto”. Niente contratti, niente previdenza, ferie, tutela della maternità ecc. Forse se fossimo stati un altro Stato europeo si sarebbe scatenato un bel quarantotto proprio nel mondo politico, prima ancora che nello sport: noi invece combattiamo da sole con Assist da 20 anni per farci ascoltare e ancora troppo poco si è mosso».
Gabriele Gravina, presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio, ha affermato che si voterà un emendamento a tutela del calcio femminile che avvicinerà le ragazze al professionismo, ma non con gli stessi carichi fiscali del maschile, ma anche che il “professionismo danneggerebbe il calcio femminile”.
«Questo alibi è ormai anti storico. Che per evitare un eccesso di costi bisogna aiutare le società sportive noi lo diciamo da sempre. Ma le tutele di lavoratrici e lavoratori non possono passare da un “ci costa troppo” inaccettabile. Peraltro anche quando ci fu la sentenza Bosman (provvedimento adottato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nel 1995, per regolamentare il trasferimento dei calciatori nelle federazioni appartenenti all’UE, ndr), che tra i professionisti eliminò il vincolo a vita, si urlò al disastro, ma in realtà non è successo proprio nulla».
Nel provvedimento del Governo sullo sport discusso di recente, Laura Boldrini è riuscita a far inserire dei principi a cui teneva molto. “Un gran risultato che arriva grazie anche alla collaborazione con associazioni come Assist, con le quali lavoriamo per una società più giusta!”, ha detto. Piccoli passi avanti, i prossimi obiettivi?
«Laura Boldrini è riuscita, ad esempio, ad inserire che bisogna garantire “la parità di genere nell’accesso alla pratica sportiva a tutti i livelli”. Sono stati accolti nel provvedimento anche altri suoi emendamenti: il principio delle pari opportunità anche nell’accesso al professionismo sportivo, la prevenzione di molestie, violenze di genere e condizioni di discriminazione. Io credo che i Sottosegretari Giorgetti e Valente stiano facendo un buon lavoro. Con Laura Boldrini e anche, aggiungo, con Valeria Fedeli abbiamo fatto moltissima pressione perché si parlasse di queste riforme. Ora al Senato arriva la legge che include il professionismo e, anche grazie agli emendamenti di Laura Boldrini, potremo avere speranza che si inizi a parlare non solo di professionismo, ma anche di piaghe che nello sport non possono essere un tabù».
Come nasce Assist?
Assist è nata nel 1999 con 5 amiche coraggiose, di cui alcune grandi campionesse come Manù Benelli. I nostri obiettivi sono il raggiungimento della parità nello sport e la tutela dei diritti collettivi delle atlete e di uomini e donne che operano nello sport femminile. Poi, ovviamente, ci occupiamo anche di sensibilizzazione e formazione: una bella sfida. Portiamo avanti anche operazioni di grande risalto come le campagne Maternità game Over e la campagna #AzzurreSuRai1.
Nella prima abbiamo coinvolto 100 grandissime atlete che hanno manifestato con un pallone sotto la maglia, perché si sostenessero le atlete in maternità. Dall’anno scorso abbiamo ottenuto il Fondo a sostegno della maternità delle atlete erogato dallo Stato con il suo Ufficio Sport. Un traguardo importante che andrà integrato col professionismo.
Con #AzzurreSuRai1 l’anno scorso chiedevamo che il calcio delle Azzurre avesse la giusta visibilità: sapete già come è andata quest’anno e ne siamo orgogliose.
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L’immagine di copertina è tratta dalla pagina FB di Assist