CARCERE. LA REALTÀ VIRTUALE PER “EVADERE”
E-vision è il progetto che Semi di Libertà sta sperimentando a Regina Coeli per il benessere e la formazione dei detenuti
03 Gennaio 2022
Il concetto di “evasione”, quando si parla di carcere, ha spesso una connotazione negativa, di illegalità. Ma “evasione” può voler dire anche scappare con la mente per chi si trova in una situazione di reclusione e solitudine. Semi di Libertà Onlus sta sperimentando a Regina Coeli l’utilizzo della Realtà Virtuale per far “evadere” i detenuti da una realtà non virtuale di sbarre e muri ventiquattr’ore su ventiquattro. Il progetto si chiama E-vision ed è stato realizzato insieme a una startup romana, Keiron Interactive.
Grazie a questa idea, i detenuti fanno attività fisica in un contesto di gamification, grazie al software realizzato da Keiron. «In una società dove le distanze vengono annullate dai mezzi di comunicazione e gli stessi spostamenti fisici divengono rapidissimi, in carcere il rapporto spazio-tempo appare completamente rovesciato rispetto alla società esterna: lo spazio è limitato ed è caratterizzato dalla ripetitività dell’esperienza», spiega Paolo Strano, presidente di Semi di Libertà. «Il corpo del recluso e le sue facoltà percettive e relazionali si trovano compresse all’interno di uno spazio che ritualizza comportamenti e possibilità di scelta». La Realtà Virtuale allora ha potenzialità enormi.
E-vision dalle palestre al carcere
L’idea di E-vision parte da molto lontano, e non è nata per il carcere. «Il progetto è nato nel 2019: nascevamo come startup che lavorasse con le palestre», spiega Renzo Cariero, fondatore di Keiron Interactive.
«Tutti sappiamo che l’attività fisica porta benessere, tutti ci iscriviamo in palestra, ma i dati dicono che dopo tre settimane l’accesso alla palestra cala. Volevamo fare un esperimento di gamification, in cui l’attività fisica diventasse un gioco».
«Tramite un nostro contatto siamo entrati nell’Istituto Penitenziario di Benevento, per fare dei test», continua. «Il riscontro è stato positivo, e volevamo donarlo all’istituto, nella sezione femminile. Era uscito un articolo sulle riviste locali, ed essendo Paolo essendo del settore, ha letto l’articolo e ci ha contattato. Il vantaggio di questo strumento per una persona che vive una vita normale è la possibilità di motivarsi. Per una persona che sta ventiquattr’ore su ventiquattro. in un posto chiuso diventa un’evasione mentale».
Considerazioni fatte davanti al Covid
Lo strumento dà una serie di vantaggi e prospettive importanti. «Il suo utilizzo in questo senso nasce da una serie di considerazioni fatte davanti al Covid» ci spiega Paolo Strano. «Il Covid ha inferto ferite dolorose ai penitenziari italiani; ha acuito la chiusura verso il mondo esterno, ha sospeso tutte le attività trattamentali, sono stati sospesi i colloqui e non si potevano ricevere nemmeno i pacchi. Il Covid ha acuito la separazione con il mondo esterno».
E-vision può ovviare anche ad eventuali altri isolamenti che potrebbero tornare in essere. «Una volta che i detenuti si sono allenati e sono stati istruiti all’utilizzo, l’attività può essere svolta senza l’ausilio di operatori esterni», spiega ancora Paolo Strano. «Noi controlliamo l’esattezza dei movimenti e il feedback dell’attività, ma è un sistema che potrebbe assicurare continuità trattamentale anche in condizioni di eventuali chiusure».
I detenuti e le nuove tecnologie
Ma è un discorso che va contestualizzato in un orizzonte più ampio, quello della digitalizzazione. «Il mondo fuori cambia a una velocità esagerata» ragiona il presidente di Semi di Libertà. «Dentro è l’esatto opposto: tutto è fermo, le nuove tecnologie faticano ad entrare, anche se con la pandemia sono aumentare le videochiamate, che prima erano un vero e proprio tabù. Lì dentro il tempo è fermo, espanso, la percezione da parte delle persone è diversa, il fatto che la tecnologia vada così veloce fuori fa sì che, una volta uscito, ti ritrovi in un mondo cambiato, completamente differente, che usa strumenti per te ignoti. Far familiarizzare i detenuti con le nuove tecnologie è fondamentale. In qualche modo la pandemia ha rotto questo tabù della tecnologia che in carcere era sempre stato molto forte».
Un mondo fantasy
Ma che cosa vedono le persone che indossano i visori e si immergono in questa nuova realtà? «È un mondo fantasy alieno», spiega il fondatore di Keiron Interactive.
«L’allenamento è studiato per gente che vive una vita normale. Così abbiamo pensato di far vedere loro un mondo fantasy, alieno, con robot che devi sconfiggere». «Si tratta di cinque allenamenti, tra cui lo scatto e i piegamenti delle gambe» continua. «In ogni allenamento hai dei robot che ti fanno comparire davanti delle sfere che contengono degli elementi che possono fare male agli avversari. È un gioco che si basa sul punteggio e sulla velocità. Il punteggio è competitività positiva e come tale lo abbiamo testato tra gli adolescenti»: dopo la sperimentazione a Regina Coeli ne è partita un’altra presso l’Istituto Penale Minorile di Casal Del Marmo, in accordo con UISP, per proporre attività trattamentale sportiva integrata tra ginnastica tradizionale e fitness.
Uno strumento di formazione
Questi visori rappresentano potenzialmente uno strumento straordinario. «Il software ha la funzione di allenare “evadendo”» commenta Paolo Strano. «La nostra ipotesi, che capiremo insieme all’Università La Sapienza, è che l’attività fisica, unita al fatto che con la testa siano da un’altra parte, dovrebbe far calare lo stress. Crediamo che possa anche indurre un effetto indiretto nei confronti del personale che lavora lì, che in questo modo si troverebbe persone meno nervose: un ambiente lavorativo migliore». Ma i visori di VR, una volta sdoganati, possono diventare unno strumento straordinario. «Puoi far visitare musei, siti archeologici, spettacoli teatrali» commenta Strano. «E fare formazione. Dal punto di vista culturale puoi proporre tante cose. In un futuro perfetto, che non è oggi, con i visori si potrebbero fare i colloqui con i familiari».
Un modello per tutti i penitenziari
La Regione Lazio ha cofinanziato il primo progetto E-vision, che ora sta avendo un’evoluzione molto importante. «È diventata partner di questo progetto l’Università La Sapienza», rivela il presidente di Semi di Libertà. «Il dipartimento di Psicologia si è messo a disposizione per eseguire una serie di test sui detenuti: l’idea di misurare l’impatto di questa attività sulla popolazione detenuta, e di ottimizzare l’applicativo sulla base dei feedback che gli stessi detenuti danno per arrivare ad avere un prodotto, un software ottimizzato che possa diventare un modello scalabile in tutti i penitenziari italiani. Può diventare una buona pratica anche all’estero. In tutta la fascia mediterranea i problemi sono simili ai nostri».
Il software, allora, potrà diventare più adatto alla vita e alle esigenze dei detenuti. «Confrontandoci con psicologi ed esperti del settore, faremo una serie di aggiustamenti», anticipa Cariero. «Nel gioco abbiamo oggetti di scena che non sono idonei al contesto, come bombe o pugnali, così andremo a rilavorare sull’ambientazione creandone una meno fantasiosa, più realistica e più neutra. Il cuore del gioco non sarà più una sfida per sconfiggere qualcuno, ma una gratificazione nel conquistare qualcosa. Il nuovo gioco avrà nuove gestualità per allenare più parti del corpo, ad esempio le mani, su device più nuovi e performanti, con l’utilizzo delle mani».
Ci saranno dei costi iniziali per la realizzazione del software da ammortizzare, ma il valore del progetto non ha prezzo. «Se veramente le attività trattamentali concorrono a umanizzare la pena e ad avere un utilizzo culturale e formativo, il ritorno, economico ma non solo, per la società sarà importante» conclude Paolo Strano.
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