EMERGENZA SANGUE NEL LAZIO: MANCA UNA CULTURA DELLA DONAZIONE
Ogni anno a Roma 50mila donazioni meno del necessario. L'appello dell'Avis per andare a donare anche durante l'estate
19 Luglio 2016
Come ogni anno, con l’arrivo dell’estate si torna a parlare di emergenza sangue dovuta al calo delle donazioni. Un problema che colpisce ancor più pesantemente il Lazio, che soffre di una carenza cronica ed è costretta ogni anno a ricorrere a migliaia di “sacche” da fuori regione. Per avere qualche informazione in più abbiamo raggiunto telefonicamente Fulvio Vicerè, Presidente di Avis Lazio.
Arrivata l’estate si torna a parlare di emergenza sangue nel Lazio, ci può dare qualche dato?
«I dati regionali continuano ad essere negativi, soprattutto quelli della capitale, per il cui fabbisogno non bastano nemmeno gli esuberi che arrivano da tutte le altre province e dalla stessa provincia di Roma. Abbiamo una mancanza cronica di circa 50mila unità, di cui 17mila arrivano da tutto il resto della Regione, mentre 25mila occorre prenderle da fuori, con tutti i costi maggiori a carico del bilancio sanitario regionale che ne derivano. Nel 2015 si è anche registrata una flessione di donazioni rispetto al 2014».
Per quale motivo c’è questa carenza strutturale e in che modo si potrebbe intervenire?
«In molti me lo chiedono e io rispondo sempre in modo provocatorio, facendo un’altra domanda: tu hai mai donato? A Roma si dona di meno rispetto alla media nazionale, siamo sulle 34 donazioni ogni mille abitanti, rispetto ai 44 ogni mille. La motivazione principale è la mancanza di una cultura della donazione, dovuta a sua volta alla mancanza di una programmazione a lungo termine della politica su questi temi. Non si è mai investito su progetti a lungo termine, bisogna agire sulla cultura partendo dall’educazione, fin dai 10-12 anni di età, non cercando di sensibilizzare le persone sul tema a 40 anni. Serve uno sforzo maggiore, per fornire una’educazione sanitaria e un’educazione civica in generale, soprattutto nelle scuole, dove invece l’educazione civica è stata tolta e si lascia tutto a singole iniziative. I nostri ragazzi devono arrivare a 18 anni consapevoli di ciò che significa donare e della grande importanza che questo ha per molti, in modo da poter scegliere da subito se donare o no».
Dopo l’incidente ferroviario in Puglia c’è stata una corsa alla donazione con code nei vari ospedali e centri, anche nel Lazio in molti sono andati a donare.
La mobilitazione seguita all’incidente è stata notevole, ma legata all’emotività scatenata da questo fatto specifico, infatti molti erano alla loro prima donazione.
Il sangue però, soprattutto nel Lazio, manca tutti i giorni ed è una necessità reale, non serve soltanto in coincidenza di eventi drammatici di tale portata. Dobbiamo far capire ai cittadini che la donazione periodica e programmata è la miglior modalità per consentire al servizio sanitario di far fronte a tutte le necessità e le emergenze. La nostra lotta deve essere affinché si vada a donare per un senso di solidarietà e responsabilità sociale quotidiana».
Quindi qual è l’appello da rivolgere ai cittadini e ai donatori del Lazio?
«Per chi ancora non è donatore, l’appello è quello di diventare donatori in generale e, viste le maggiori difficoltà del periodo estivo, di andare a donare prima di partire per le vacanze. I malati non vanno in vacanza e gli ospedali non chiudono per ferie. L’Avis nemmeno, quindi invitiamo a recarsi nei nostri centri per aiutare gli altri sempre, perché i malati hanno bisogno di sangue per vivere e per curarsi sempre, anche se non si verificano incidenti drammatici.