EUROMEDITERRANEO: IL FUTURO È NEL DIALOGO
Culla della civiltà od ombelico dei conflitti del mondo? I popoli che lo abitano devono decidere se fare del Mediterraneo un muro o un ponte
19 Aprile 2016
Del Mediterraneo è stato detto che non è tutto Oriente, ma non è neanche tutto Occidente. Che è muro, ma anche che è ponte. Che è la culla della civiltà e della pace, ma anche che è l’ombelico della barbarie e della guerra.
Il mare che circonda il nostro Paese è tutto e il contrario di tutto. Come ha scritto Pedrac Matvejevic, «l’estensione dello spazio, la peculiarità del paesaggio, la compattezza d’assieme creano l’impressione che il Mediterraneo sia ad un tempo un mondo a sé ed il centro del mondo: un mare circondato da terre, una terra bagnata dal mare».
La citazione è tratta da “Euromediterraneo”, di Aldo Conidi. Un testo di respiro ampio, che compone in un grande mosaico storia, cultura e mitologia, ambiente e cibo, scambi commerciali e migrazioni. Senza dimenticare il terrorismo. Con la consapevolezza che «la storia del Mediterraneo è contenuta nei suoi fondali così ricchi di testimonianze e memorie dei secoli passati da essere veri e propri musei sommersi» e, purtroppo, oggi anche cimiteri. Ma anche con la convinzione che il Mediterraneo ha ancora un interessante futuro, davanti a sé. Purché chi lo abita scelga in che direzione vuole andare.
Un nuovo equilibrio geopolitico per l’Euromediterraneo
Per Conidi, il Mediterraneo è un mare che non divide: in greco il mare è indicato anche con il termine pontos, ponte. Ma non ci si possono negare le difficoltà esistenti e soprattutto la necessità di individuare un nuovo equilibrio geopolitico, che «garantisca stabilità, tuteli la dignità degli uomini, contribuisca a consolidare il dialogo tra le culture e le civiltà e rafforzi la crescita della coesione sociale dell’area».
Ad esempio riscoprendo il linguaggio per riaprire il dialogo con quella civiltà araba da cui abbiamo attinto tanto nel campo della scienza e in quello della giustizia, anche se oggi ci appare incomprensibile, nel migliore dei casi, fonte di paura nel peggiore, a causa della comparsa dell’Isis e di tutte le conseguenze che la reislamizzazione sta portando in questi Paesi.
Non solo causa dell’Isis, ma anche a causa di conflitti ormai cronicizzati, come quello Israelo-palestinese, scrive Conidi, «l’area mediterranea è la più intensamente militarizzata del mondo. A partire dalla fine della Seconda guerra mondiale, si è sviluppata una grande conflittualità, con oltre cento conflitti e colpi di stato che hanno provocato più di mezzo milione di morti».
L’area mediterranea, infatti, è segnata da retaggi storici, divergenze di interessi, ma anche grandi differenze culturali e religiose. Non si può negare che il conflitto più grande è quello tra identità. E «fra avversari politici esiste la possibilità di mediazione, ma tra identità che affondano le proprie radici (vere o presunte) nell’antropologia o nella biologia no».
Che fare, allora pe costruire un Euromediterraneo di pace e di sviluppo? Per prima cosa occorre «consolidare la pace con strutture che affrontino le cause profonde dei conflitti». Ad esempio, occorre dividere la prosperità dei Paesi dell’Unione con quelli che si trovano ai confini dell’Europa allargata. E poi, occorre affrontare e risolvere la questione palestinese. E quella della Turchia con i Curdi. Infine, un’azione culturale fondamentale: estendere a tutti i Paesi del bacino mediterraneo le quattro libertà su cui è basata l’Unione: libera circolazione delle merci; agricoltura; libera circolazione delle persone, servizi e capitali; trasporti.
Le sfide e le vie
Ma non si può creare un Euromediterraneo fondato su un equilibrio geopolitico stabile se non si affrontano alcune sfide. La prima è di prendere coscienza della propria interdipendenza di fronte alle sfide che si pongono. Quella ambientale (che passa attraverso le ecoregioni). Quella delle migrazioni (che passa attraverso processi di integrazione veri e cooperazione internazionale seria, che si avvalga del contributo dei migranti stessi). Quella del dialogo interculturale e interreligioso (che oggi sembra particolarmente difficile tenere aperta).
Proprio «la via del dialogo», secondo Conidi, «è un’esigenza alla quale la società contemporanea non si può sottrarre e, allo stesso tempo, rappresenta un’opportunità utile per far fronte alle differenze e scoprire inaspettati obiettivi etico-valoriali comuni» sui quali basare il rispetto reciproco, ma anche la progettualità.
Qui sta il futuro dell’Euromediterraneo.
Aldo Conidi
Euromediterraneo
Città Nuova Editrice 2015
pp. 374, €26,00