COME VINCERE LA FAME NEL MONDO? ASCOLTANDO LA SOCIETÀ CIVILE
Dialogare, porre al centro i contadini, i poveri, le comunità originarie. La proposta della FOCSIV e degli altri che contestano il pre-vertice del Food System Summit
di Redazione
27 Luglio 2021
È in corso a Roma il pre-vertice che deve preparare il Food System Summit 2021, incontro organizzato dall’Onu per discutere su come contrastare la fame nel mondo (oggi in crescita) e costruire sistemi alimentari sostenibili e sicuri per tutti. Il modo in cui è stato preparato, però, non piace a molte organizzazioni della società civile (ne abbiamo parlato qui). Riportiamo la riflessione della FOCSIV, (la versione integrale si trova sul sito dell’organizzazione).
In un mondo nel quale, anche secondo il recente rapporto SOFI, la fame da anni non cessa di aumentare, e dove la pandemia ha visto un ulteriore aggravamento delle condizioni delle persone e delle comunità più fragili del Pianeta, è senz’altro un’ottima notizia che si rifletta sul modo in cui l’umanità può produrre il cibo necessario alla vita dignitosa di ogni persona.
È necessario però che questa riflessione sia condotta nelle sedi appropriate grazie al dialogo e l’ascolto dei contadini, dei consumatori, delle comunità locali e dei popoli originari. Al centro vanno posti i diritti e la dignità delle persone, nella prospettiva di percorsi democratici, inclusivi e trasparenti che possano portare a soluzioni giuste ed efficaci.
Se il metodo è sostanza, il Food System Summit delle Nazioni Unite sui Sistemi Alimentali (UNWFSS), e il Pre-Summit che ha luogo a Roma fino al 28 luglio, rischia di affidare la soluzione dei problemi della “fame nel mondo” agli stessi attori e agli stessi modelli produttivi che si stanno rivelando i maggiori ostacoli alla sua soluzione.
La prospettiva agro-ecologica
La piccola agricoltura su scala familiare e territoriale produce più del 70% del cibo prodotto e consumato al mondo, come FAO ha più volte sostenuto, e la necessità di salvaguardare la nostra Casa comune rende la prospettiva agro-ecologica rispettosa dell’ambiente l’unico orizzonte possibile per affrontare la questione.
L’ingombrante presenza del World Economic Forum di Davos tra gli sponsor principali del Summit pone, invece, l’agroindustria al centro dell’evento, e con questa un modello globalizzato ipertecnico e iperproduttivista, il fallimento del quale e i suoi rischi sono stati riconosciuti in molte occasioni. L’organizzazione del Forum è stata affidata a figure controverse come quella di Agnes Kalibata, Presidente dell’Alleanza per la Rivoluzione Verde in Africa (AGRA) creata dalla Fondazione Rockefeller e dalla Fondazione Bill & Melinda Gates, da anni fortemente criticata per l’apertura del Continente alle colture transgeniche e all’agricoltura intensiva.
Nonostante la professione pubblica di inclusività, l’organizzazione del vertice e l’identificazione delle sue priorità tematiche ha percorso strade tortuose e poco trasparenti, mettendo da parte le istituzioni dell’ONU, così come le legittime piattaforme delle organizzazioni della società civile organizzata e dei popoli originari. Molte voci autorevoli, tra le quali Vandana Shiva, hanno sottolineato a livello globale, che il vertice propone un modello di governance che non tiene conto di ruoli e responsabilità specifiche dei diversi attori – governi, imprese, altri attori del settore privato, grandi fondazioni filantropiche, scienziati, ONG e movimenti sociali – ignorando le enormi asimmetrie di potere e risorse che esistono tra questi attori e gli evidenti conflitti di interesse.
Tutto questo rappresenta una minaccia molto grave, per un percorso che punti alla costruzione e al rafforzamento di sistemi alimentari democratici, e rispettosi delle persone e dell’ambiente. Indebolendo il ruolo degli stessi Stati membri, facilitando un’indebita influenza degli interessi corporativi, si propone una lettura estremamente limitativa del contributo della scienza al miglioramento dei sistemi alimentari, che non può non richiamare le parole di Papa Francesco sui pericoli del “paradigma tecno-economico”(LS 53) che esclude le voci delle comunità e dei poveri.
Il fallimento delle politiche internazionali
Non sono queste le condizioni per una riflessione e per un dialogo fruttuoso. Anche a fronte di un evento che beneficia di una forte risonanza mediatica e istituzionale, occorre recuperare quella “parresia della denuncia”, che Papa Francesco ha indicato come via maestra per il nostro impegno.
Il dialogo va mantenuto, ma rinforzando e valorizzando quanto già esiste, come il Comitato delle Nazioni Unite per la sicurezza alimentare mondiale (CFS), che è la principale arena intergovernativa inclusiva per la definizione delle politiche internazionali sul cibo, fondata su un approccio basato sui diritti umani, e improntata a criteri di vera inclusività dove tutti possono far sentire la loro voce.
Per questo la larga maggioranza delle organizzazioni della società civile e dei popoli indigeni ha deciso di disertare il vertice che prepara il food system summit.
«Negli ultimi anni, anche ma non solo per effetto della pandemia, nel mondo sono aumentate le sofferenze per le disuguaglianze, per la povertà e per la fame, mentre aumentava lo sfruttamento indiscriminato della natura. Altro che fame zero! Si può parlare di fallimento delle politiche internazionali per la sicurezza alimentare? Possiamo almeno riconoscere che qualcosa non ha funzionato?», ha ribadito Ivana Borsotto, Presidente Focsiv.
L’alternativa è nella società civile
Il motivo è che «nella cura si è dato troppo peso a chi – come gli oligopoli del grano, della frutta, delle sementi, della carne e di ogni altra derrata alimentare o della chimica – è in misura non secondaria responsabile dei mali che si vogliono curare?», chiede ancora Borsotto. «Forse perché non si è contrastato l’accaparramenti della terra – il land grabbing – e non si è regolata la finanza speculativa e si è lasciata mano libera alla devastazione delle foreste a favore delle monocolture agroindustriali? Ora bisogna cambiare rotta, riconoscendo che la soluzione passa necessariamente attraverso la valorizzazione e il protagonismo delle comunità locali, dell’agricoltura familiare, delle organizzazioni di produttori su piccola scala, delle filiere corte, del benessere animale, con il rispetto della biodiversità e delle culture locali, con il confronto e la sintesi di diversi punti di vista. Focsiv richiede alle Istituzioni internazionali di farsi garanti della partecipazione della società civile in ogni sua articolazione alla definizione delle politiche e delle strategie di lotta alla fame. Società civile che spesso è l’unica capace di rappresentare chi non ha voce, perché ne è una concreta e quotidiana espressione.”
FOCSIV e suoi soci invitano, pertanto, all’impegno e all’azione di tutti, anche per promuovere un diverso modo di affrontare le sfide del futuro.