FRANCESCA CAVALLO, FUORISERIE: LA DISABILITÀ È MOVIMENTO

“Fuoriserie” racconta ai bambini le storie di tre campionesse paralimpiche: Bebe Vio, Tatyana McFadden, Zahara Nemati. Cavallo: «La tentazione, nel raccontare ai bambini, è nascondersi nella metafora e nella negazione. E alla fine non si capisce niente»

di Maurizio Ermisino

Una donna sfreccia su una handbike, protesa in avanti. Tutto in quell’immagine, dalle righe oblique dello sfondo al font, evoca velocità, movimento, azione. Come in un quadro futurista. L’immagine di cui vi stiamo parlando è la copertina della raccolta Fuoriserie (Momo edizioni), ideata da Francesca Cavallo (l’autrice di Storie della buona notte per bambine ribelli), scritta insieme a Arianna Giorgia Bonazzi e dedicata alle campionesse delle Paralimpiadi. Il libro racconta le storie di tre campionesse paralimpiche: Bebe Vio, Tatyana McFadden, Zahara Nemati. Francesca Cavallo affronta il tema della disabilità raccontata ai bambini, narrando le storie delle protagoniste nella loro quotidianità, mentre scendono e salgono da una sedia a rotelle, si mettono o tolgono gli arti protesici, nella convinzione che le persone normodotate e le persone disabili abbiano pari dignità e che la disabilità non sia un fatto da nascondere o da temere. «La questione del dinamismo è presente in tutto il libro, sia dal punto di vista della narrazione che da quello del progetto grafico» ci ha spiegato Francesca Cavallo, «È un’antitesi aperta e consapevole rispetto all’idea generale che racconta la disabilità sempre come stasi. Invece questo libro racconta la disabilità, come movimento, come un moto fisico. In copertina c’è questa ragazza in sedia a rotelle che ti passa davanti e quasi non vedi. È quello che ho detto ai bambini a Torino. “Se ci fosse Tatyana McFadden e passasse in questi corridoi, non riuscireste neanche a vedere il colore dei capelli”. È un ribaltamento. Quando sentiamo parlare di persone che usano la carrozzina sentiamo dire “è rimasto in carrozzina”, sono tutti verbi di stasi. In questo libro c’è un progetto che sottolinea in tutti i modi possibili, incluso il font e il progetto grafico, un’idea di movimento».

Non negare, ma accompagnare i bambini

Francesca Cavallo
Francesca Cavallo è autrice anche di Storie della buonanotte per bambine ribelli

Francesca Cavallo è bravissima nel raccontare queste storie, con una semplicità e un’immediatezza che colpiscono. «C’è uno studio molto approfondito dietro ogni sillaba, dietro ogni margine» ci spiega. «Molto spesso le persone si lasciano ingannare dal fatto che nei libri per bambini ci sia poco testo. La scrittura per bambini richiede un enorme studio. Dietro a questa semplicità, a questa immediatezza c’è un lavoro gigantesco. Alla storia di Bebe Vio – alla drammaturgia visiva di quella storia – abbiamo lavorato tantissimo. La prima tentazione, quando si racconta ai bambini, è quella di nascondersi dietro la metafora: la malattia diventa una metafora, la disabilità diventa un superpotere. E alla fine non si capisce niente. E, invece di far sì che sia un’occasione per i bambini di imparare che nella vita le difficoltà capitano e vanno accettate per poter trasformare quel dolore in vita, si si insegna l’arte della negazione, a fare finta che qualcosa non stia accadendo. Purtroppo questo è un messaggio che oggi viene dato spesso in molti libri per l’infanzia. Credo che il mio ruolo di scrittrice per bambini non sia quello di nascondere la verità ai bambini, ma piuttosto quello di tenere loro la mano mentre la rivelo».

Avevo in mente il carattere che volevo tirare fuori da ciascuna storia

Quell’immagine di cui vi abbiamo parlato è di Luis San Vicente, uno dei tre illustratori che, con stili diversi, hanno dato un’immagine potente e semplice alle storie. Ognuno dei tre disegnatori ha un suo stile, ma i tre linguaggi si amalgamano tra loro alla perfezione.  «Ho fatto una specie di master nell’abilità di combinare insieme stili diversi di illustrazione quando ho lavorato a Storie della buona notte per bambine ribelli, con centinaia di illustratrici» ci spiega l’autrice. «Avevo in mente il carattere che volevo tirare fuori da ciascuna storia. Nella storia di Tatyana McFadden volevo far uscire questa forza di esplosione in avanti, e mi sembrava che Luis San Vicente potesse incarnare bene questo segno. Nella storia di Bebe Vio, illustrata da Irma Ruggiero, volevo raccontare di più una dimensione di gioco, che trovavo molto vicina allo spirito di Bebe. E nella storia di Zahara Nemati, con le illustrazioni di Valentina Toro, volevo raccontare un po’ di più l’aspetto meditativo che emerge dalla storia e da lei come persona».

La donna più veloce del mondo: Tatyana McFadden

Francesca Cavallo
Tatyana McFadden ha vinto 17 medaglie alle Paralimpiadi ed è considerata la donna più veloce del mondo. Credits Luis San Vicente. Copy Undercats, Inc. 2022

La donna più veloce del mondo racconta la storia della campionessa paralimpica russo-americana Tatyana McFadden, nata con la spina bifida, e che ha trascorso i primi sei anni della sua vita in un orfanotrofio in Russia, senza neanche una sedia a rotelle per potersi spostare. Dopo l’adozione e il trasferimento negli USA, McFadden scopre lo sport e scopre di essere veloce sulla sedia a rotelle. Ha vinto 17 medaglie alle Paralimpiadi ed è considerata la donna più veloce del mondo. «Quando ho scoperto la storia di Tatyana McFadden, in un documentario, ero certa che fosse una storia che era già in un libro per bambini» ci racconta Francesca Cavallo. «Perché ha tanti elementi che funzionano in una narrazione per l’infanzia: l’orfanotrofio, l’adozione, il momento in cui ricostruisce una famiglia con due mamme in un altro paese. Invece non era mai stata fatto un libro su questa storia. Il fatto che alcune identità vengano sistematicamente marginalizzate dai libri per bambini fa sì che normalmente gli editori cerchino evidentemente da un’altra parte le storie». Uno dei punti di forza del racconto di Francesca Cavallo è quello di evidenziare, con una dimensione e un font diverso, alcune parole chiave della storia. In questo racconto la frase che riassume tutto il senso è “Ma bastava rimanere con Tatyana per un po’ per accorgersi che poteva fare quasi TUTTO”. «Quando ero al salone di Torino ho detto ai bambini: “Qual è una cosa che non sai fare?”» ci racconta l’autrice. «“Non so fare le capriole” mi ha detto una bambina. Le ho risposto: “E se qualcuno ti dicesse che non potrai mai andare in bicicletta perché non sai fare le capriole?”. “Ma io ci so andare in bicicletta” ha obiettato. È quello che succede alle persone disabili: che siccome non possono camminare la gente pensa che non possano fare niente. L’illustratrice della terza storia ha le mani attaccate alle spalle, è disabile. E se qualcuno le avesse detto “Siccome non puoi allacciare le scarpe non puoi disegnare?”. Il fatto è che tutte le volte che si vede un corpo non conforme siamo abituati, dall’abilismo con cui siamo cresciuti, a focalizzarci solo su quello che il corpo non può fare. E invece non vediamo che si possono fare un sacco di cose, anche se in modo diverso. E che se ci sono cose che non si possono fare, se ne possono fare altre. Ma d’altra parte nessuno di noi può fare tutto».

In guardia! Bebe Vio

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«Ci sono tante bambine per le quali quell’aspetto, la ridefinizione di un canone di bellezza, è una cosa con cui confrontarsi. Per cui mettere una posa così eminentemente femminile per loro è importante». Credits Irma Ruggiero. Copy Undercats, Inc. 2022

In guardia! è la storia di Bebe Vio, schermitrice da quando aveva cinque anni, colpita a undici anni dalla meningite, ha subito l’amputazione degli avambracci e delle gambe. Con la sua determinazione, non solo è tornata a fare scherma, ma è diventata campionessa mondiale e icona pop. È il personaggio più famoso dei tre. È stato il più difficile da raccontare? «Non è difficile perché è famosa» ci risponde l’autrice. «La difficoltà sta nel fatto che non è facile da raccontare ai bambini. Il fatto di dire loro che va in ospedale e le vengono tolte le braccia. Sull’uso del verbo togliere ho ragionato tantissimo. Che parola usi? Amputare? Tagliare? Alla fine abbiamo optato per togliere. Le tolgono le braccia perché dopo lei le ha rimesse. L’illustrazione più rappresentativa di tutto il libro è quella in cui si vede il corpo di Bebe Vio senza gambe e senza braccia e lei comincia a immaginare cosa potevano essere i suoi arti prostetici. E si vede un braccio frullatore, una gamba a molla, le gambe a forma di sirena. Si vede che le parti del corpo che sono state tolte in qualche modo possono tornare. È qualcosa che richiede un esercizio di immaginazione di come le cose possano essere nuove, diverse. E questo è un esercizio che tutti noi, non solo le persone disabili, siamo chiamati a fare. La vita ti disarciona: ci sono dei momenti in cui avevi un piano, succede una cosa, e quel piano cambia radicalmente. Come ricostruisci quel senso? Come immagini un’altra realtà?». Tra le parole in evidenza ci sono GIOIA, AVER RAGGIUNTO LA CIMA. Ma anche RIVISTE DI MODA, con la riproposizione della famosa immagine di lei seduta sul divano, con le protesi tolte e messe a lato, come una qualsiasi ragazza farebbe con delle scarpe con il tacco. «È importante» ci spiega l’autrice. «Ci sono tante bambine per le quali quell’aspetto, la ridefinizione di un canone di bellezza, è una cosa con cui confrontarsi. Per cui mettere una posa così eminentemente femminile per loro è importante. È un gioco con una rappresentazione femminile diversa dal solito. Oggi siamo estremamente polarizzati: abbiamo le principesse, le influencer, oppure le ragazzacce. Invece c’è un modo di abitare la propria femminilità, cosa che Bebe Vio ha, con una sensazione di gioco e reinvenzione di quegli schemi, che è importante».

L’arciera: Zahra Nemati

Francesca Cavallo
«Ci sono momenti di smarrimento, da cui ci si può riprendere, ci sono momenti di crescita». Credits Valentina Toro. Copy Undercats, Inc. 2022

L’arciera è la storia Zahra Nemati, cintura nera di Taekwondo, costretta ad abbandonare le arti marziali per un incidente avvenuto nel 2003. Dopo un breve periodo di smarrimento, scopre il tiro con l’arco e diventa la prima donna iraniana a vincere una medaglia d’oro alle Paralimpiadi o alle Olimpiadi. «Questa storia l’ho voluta inserire perché ci ha dato possibilità di un racconto diverso, per il tipo di energia che ha Zahra» ci spiega Francesca Cavallo. «Come dicevo, è molto meditativa. Il momento in cui torna a casa dopo l’incidente, in cui capisce che è stato appena infranto il sogno di diventare una campionessa olimpica di taekwondo, è esemplare: guarda la finestra, si sente sola, triste. Ho voluto raccontare quel momento anche per far capire che non si passa senza soluzione di continuità dalla perdita di un pezzo di vita a diventare campione paralimpica. Ci sono momenti di smarrimento, da cui ci si può riprendere, ci sono momenti di crescita». UN’IDEA, SPERANZA, UN OBIETTIVO NELLA VITA sono le parole chiave di questo racconto. Che, poi, sono parole che appartengono a tutti noi.

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Francesca CavalloFrancesca Cavallo
Fuoriserie
Tre storie di campionesse paralimpiche
Momo edizioni, 2023
pp. 128 , € 20

 

FRANCESCA CAVALLO, FUORISERIE: LA DISABILITÀ È MOVIMENTO

FRANCESCA CAVALLO, FUORISERIE: LA DISABILITÀ È MOVIMENTO