GIOVANI E POLITICA: UNA MOSTRA A ROMA RILANCIA IL TEMA

Chiude il 3 novembre la mostra "MORE – Chiamati al più possibile": un'occasione per riscoprire il valore della politica e della partecipazione

di Elpidio Ercolanese

La partecipazione politica come la più alta forma di carità cristiana e come strumento per lasciare una traccia del proprio passaggio in questo mondo: questo il messaggio che i giovani universitari, che partecipano alla scuola di formazione sociale e politica della chiesa di San Tommaso Moro, ubicata a Roma nel quartiere Tiburtino, vogliono trasmettere ai visitatori della mostra MORE – Chiamati al più possibile.

La mostra, che è ispirata alla figura di San Tommaso Moro, patrono dei governanti e dei politici cattolici, è stata realizzata nei locali della parrocchia interamente dai giovani universitari ed è visitabile fino al 3 novembre. Si snoda attraverso 6 stanze, ognuna dedicata a un tema: persona umana, beni comuni, impegno,  responsabilità, coraggio, coscienza.

giovani e politica
Un angolo della mostra aperta nella parrocchia di San Tommaso Moro, a Roma

Parole che, secondo i giovani, ben descrivono la vita di Moro, che non volle rinunciare ai suoi principi (l’indissolubilità del matrimonio, il rispetto del patrimonio giuridico ispirato ai valori cristiani e la libertà della Chiesa di fronte allo Stato) e, rifiutandosi di firmare l’Atto di Supremazia di Enrico VIII sulla Chiesa, fu prima imprigionato nella Torre di Londra e poi, il 6 luglio 1535, condannato alla pena capitale.

Abbiamo incontrato Jlenia Carriero, una delle giovani che frequentano la scuola di formazione sociale e politica, e le abbiamo chiesto di parlarci della mostra, alla luce del concetto di partecipazione, e in particolare, del rapporto giovani e politica.

 

Come nasce la scuola di formazione sociale e politica?
«Alla base della nascita della scuola di formazione e politica c’è un gruppo di ragazzi che frequentava le catechesi e che ha affrontato i temi della dottrina sociale della chiesa. Abbiamo visto questa totale disillusione da parte dei giovani, questo dire che la politica fa schifo e sono tutti corrotti, ma non abbiamo accettato questo modo di pensare. Abbiamo cercato in tutti i modi di creare qualcosa che avvicinasse i giovani alla politica, che facesse guardare alla politica come la più alta forma di carità. Essere cristiani non vuol dire abdicare dalla politica, ma anzi farne parte, perché il bene comune non avviene soltanto in una comunità parrocchiale. Ma anche nel proprio luogo di lavoro, nella propria società e nel proprio condominio. La politica è la forma più alta di partecipazione alla vita cristiana. Quella “chiesa in uscita” di cui parla papa Francesco, ovvero l’andare oltre le mura delle proprie parrocchie».

 

Oggigiorno, spesso, anche chi fa politica non intende questa come “bene comune”. Bensì come professione e modo per avere più privilegi.
«Proprio per questo noi cerchiamo ogni giorno di formarci, perché magari qualcuno di noi possa entrare nelle istituzioni e possa far vedere come un cristiano si relaziona alla politica. Se io cristiano sono in politica, faccio determinate scelte, ho il coraggio e ne sento la responsabilità».

 

Anche se poi ci sono stati partiti di ispirazione cristiana…
«Noi non patteggiamo per nessun partito. Pensiamo oltre, pensiamo a quello che verrà dopo. Lo facciamo ispirandoci a una figura del passato, che è Thomas More».

 

giovani e politica
Il ritratto di Thomas More, fatto da Hans Holbein il Giovane (1527)

Cosa dovrebbe fare un politico cristiano? Quali sono le urgenze della società in cui viviamo?
«Non lo so cosa dovrebbe fare. Ad esempio, non mi sono seduta a pensare a un tipo di riforma per migliorare la scuola, La riforma potrebbe essere anche la stessa di un politico ateo: più posti di lavoro, ipad al posto dei libri, ecc. Quello che cambia è il modus operandi, è l’intento, è la finalità. Se chiedo dei fondi all’Europa per comprare gli ipad, poi non devo rubare quei soldi. Quello che cambia è la morale che c’è dietro».

 

Perché per una comunità è importante la partecipazione? Cos’è la partecipazione per voi?
«La partecipazione per noi è innanzitutto l’interesse. Chi è indifferente non partecipa ai beni comuni. Si fa i fatti suoi e ha principi egoistici. La partecipazione è anche il solo esserci, l’esserci come esseri pensanti. La partecipazione, nei nostri incontri della scuola di formazione sociale e politica, non è solo venire alle 21.00 tutti i mercoledì e stare ad ascoltare. Questo vuol dire “stare”. La partecipazione è aprire un dibattito, perché magari non si è d’accordo con quello che uno dice. La partecipazione è “esserci”, non “uno stare”».

 

È vero che i giovani oggi non si interessano alla politica?
«Secondo me sì, la creazione di questa mostra è un obiettivo. Oggigiorno di esempi come More ce ne sono pochi. Se ce ne fossero di più non ci sarebbe questa carenza, non ci sarebbe questo totale disinteresse. Il disinteresse dei giovani alla politica nasce dalla mancanza di esempi concreti. Quello che i media vogliono farci vedere è sempre la parte peggiore:  si contano sempre i morti, si parla sempre di chi ha fatto del male e poco di chi ha fatto del bene. Questa è la ragione per cui i giovani non si avvicinano alla politica. Ci sono tanti giovani che discutono di politica, però c’è rassegnazione. Il titolo dell’iniziativa della scuola di formazione sociale e politica è “Voi non vi rassegnerete!”».

 

Cos’è per voi il più possibile?
«Nasce dal capire innanzitutto quali sono i problemi. Più impegno, più bene comune, più persona: è una somma di fattori che crea un risultato. Per noi il “più” è un “più possibile”, che poi diventa un “per”: qualcosa che scatena una reazione, una reazione che si propaga.»

 

giovani e politica
Una rivista del 1935, esposta nella mostra

Dare sempre il meglio di sé stessi insomma…
«Il “più possibile” è dare il meglio di sé stessi, alla luce per noi sempre di una fede. Non siamo nati dal nulla, siamo la reazione a qualcosa».

 

Che risultati vi aspettate dalla mostra?
«Non ci siamo proposti un numero di visitatori. Il nostro obiettivo è quello di cambiare lo sguardo delle persone, di far nascere in loro un sentimento nuovo».

 

Come fate a capire che in una persona avete lasciato qualcosa?
«Non lo vedremo noi, lo vedranno le persone con cui questo soggetto si relazionerà: la sua famiglia, i suoi colleghi di lavoro, ecc. Questa persona sarà cambiata grazie a questa mostra, avrà capito qualcosa in più e ne avrà beneficiato la società in cui vive, non noi. Quella persona magari la mattina si sveglia e dice “oggi vado ad aiutare un povero”, o si ferma per la strada quando ne incontra uno, mentre magari il giorno prima non si fermava».

 

La mostra verrà rifatta?
«Ci stanno chiedendo di esportarla, vedremo. Forse la faremo anche in altri luoghi».

 

Altre iniziative che avete in programma?
«Mercoledì 8 novembre riparte la scuola di formazione sociale e politica, l’argomento sarà quello dei gender e verranno degli esperti a parlarcene. Il 19 di novembre ci sarà una giornata dedicata al cuore. Un neurochirurgo dell’ospedale Gemelli effettuerà test di screening per persone che non se lo possono permettere: il test è gratuito. Inoltre sono state organizzate delle partite di calcetto e una cena».

 

Per partecipare alla scuola di politica come si fa?
«Basta venire qui mercoledì alle 21, non c’è bisogno di iscrizione. Ci si siede e si partecipa “il più possibile”».

 

 

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