È FACENDO ESPERIENZE CHE I GIOVANI SI COINVOLGONO NEL VOLONTARIATO
I risultati del progetto GIOeVO confermano che "toccando con mano" si approfondisce il rapporto tra giovani e volontariato
30 Settembre 2019
Giovani e volontariato: è la scuola il luogo più adatto per coinvolgere i giovani nelle associazioni (e dunque nel volontariato organizzato)? E le ore dell’alternanza scuola/lavoro possono essere “investite” in questa direzione?
Le possibili risposte a queste domande si possono trovare nei risultati del progetto GIOeVO (Giovani e Volontariati), che sono stati presentati sabato 28 settembre a Roma. Il progetto, promosso dalla Convol e finanziato da Fondazione CON IL SUD, ha sperimentato un percorso per sensibilizzare e coinvolgere gli studenti di 16 istituti superiori di quattro regioni (Campania, Sardegna, Puglia e Sicilia), accompagnandolo con un’indagine per rilevarne e monitorarne i risultati (che sono stati raccolti in una pubblicazione disponibile anche online).
Il progetto era articolato in tre tappe: le associazioni del territorio hanno presentato nelle classi le attività che svolgono; agli studenti è stata offerta la possibilità di vivere direttamente un’esperienza in associazione utilizzando le ore dell’alternanza scuola/lavoro; i ragazzi hanno poi proposto ai propri compagni di classe l’esperienza di volontariato fatta, facendosi “propagatori” dell’esperienza stessa.
La ricerca su giovani e volontariato ha evidenziato che l’esperienza nelle associazioni ha effettivamente avuto effetti importanti e di lunga durata sui ragazzi: la loro civicness (cioè il loro orientamento civico) si è ampliato, e soprattutto hanno sviluppato un atteggiamento positivo verso il volontariato, se ne sono sentiti coinvolti, hanno espresso il desiderio di volerlo fare, in futuro. Meno evidenti sono le ricadute sui loro compagni, che non hanno vissuto in prima persona l’esperienza: anche la loro civicness è cresciuta, e il fatto di avere partecipato a discussioni sul tema ha svegliato la loro curiosità verso questo mondo. Ma non per questo si sentono coinvolti: se è vero che la civicness è il presupposto per poter poi accogliere futuro proposte di impegno, è vero che per il momento la disponibilità non è scattata. L’esperienza diretta si conferma insomma il miglior strumento di conoscenza e coinvolgimento, anche se il racconto dell’esperienza mantiene un valore da non sottovalutare.
I GIOVANI. «Ogni persona ha il suo valore». «Bisogna sapere non cosa c’è da fare, ma come stare con loro». «Se non cambiamo noi stessi, non possiamo cambiare gli altri». «L’esperienza con i ragazzi Down mi ha aperto il cuore, e non è una frase fatta».
Gli studenti che erano presenti al seminario di chiusura del progetto hanno testimoniato quanto è stata ricca di significato per loro l’esperienza fatta. Hanno scoperto un mondo (quello del volontariato), un modo di affrontare i problemi (ascoltando e accogliendo), tante persone di cui hanno apprezzato il valore (dai tutor che li hanno seguiti, ai migranti o ai ragazzi Down o le altre persone con cui hanno lavorato, i volontari). Hanno anche imparato metodi di lavoro, come organizzarsi, come comportarsi. Ma soprattutto sono maturati, acquistano maggiore consapevolezza del mondo che li circonda.
GLI INSEGNANTI. Al seminario gli insegnanti hanno testimoniato l’interesse dei ragazzi e hanno espresso soddisfazione per come li hanno visti maturare. Una docente ha raccontato che, grazie a quell’esperienza, sono migliorati i suoi rapporti con gli studenti.
Il risultato positivo non esclude che ci siano stati e ci siano tuttora alcuni problemi da non trascurare: le scuole spesso ricevono troppe proposte e in più hanno una propria progettazione; i presidi sono caricati di responsabilità, anche penali, e questo li spinge alla prudenza e all’autotutela. Così l’istituzione finisce col fare resistenza alle proposte che vengono dalle associazioni. Ma se davvero il volontariato è la forma privilegiata di impegno civile, ha fatto notare una professoressa, le scuole dovranno imparare a farci i conti.
LE ASSOCIAZIONI. Positivo anche il bilancio dal punto di vista delle associazioni, che però non hanno nascosto la difficoltà di lavorare con le scuole: la fatica di trovare un interlocutore disponibile, le procedure complesse, le lunghe attese. Gli istituti inoltre chiedono che i progetti coinvolgano l’intera classe – in modo da non dover gestire troppi progetti contemporaneamente – ma esperienze di questo tipo presuppongono, secondo le associazioni, la libera scelta da parte degli studenti, altrimenti sono destinate a fallire.
Anche il fatto che il monte ore previsto dall’alternanza scuola/lavoro sia limitato diventa un limite del progetto: più ore a disposizione avrebbero permesso di fare di più.
Ciò nonostante, questo progetto su giovani e volontariato è andato incontro ad una esigenza dei ragazzi, che avevano desiderio di conoscere esperienze significative e, in fondo, cercavano qualcuno che indicasse loro una prospettiva, anche di senso.
Un effetto positivo indiretto sulle associazioni è che hanno avuto modo di presentarsi: in genere sono conosciute dagli adulti, ma non dai giovani, che le hanno incontrate per la prima volta in vita loro. Hanno però dovuto mettersi in gioco – e anche questo è positivo – per avviare una riflessione su cosa significa accogliere nuovi volontari, quando sono giovani. Tanto più che le associazioni spesso sono piccole, hanno poche persone veramente attive, che quindi sono superimpegnate, con poco tempo da dedicare ai ragazzi.
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