PER FARE LA PACE BISOGNA COINVOLGERE I GIOVANI
Un seminario del Centro Studi Difesa Civile rilancia la risoluzione Onu che invita a valorizzare il contributo dei giovani alla pace
11 Aprile 2018
«Rafforzare la sinergia tra chi ha a cuore questi tre temi: giovani, pace e sicurezza». Questo l’intento del seminario che si è tenuto venerdì 6 aprile presso la sede dei Centri di Servizio per il Volontariato del Lazio. A dirlo è stata Luisa Del Turco, direttrice del Centro Studi Difesa Civile. Un’occasione per promuovere una rete di giovani, che sappiano dare concreta attuazione alle politiche internazionali sui temi di pace e sicurezza.
GIOVANI, PACE E SICUREZZA. Ospite d’onore Diego Cimino, rappresentante del Ministero Affari Esteri e Cooperazione Internazionale, che ha presentato le prospettive di sviluppo dell’Agenda internazionale 2030. «Stiamo assistendo a un cambiamento radicale di paradigma», ha esordito Cimino. Non ci può essere pace senza sviluppo e viceversa. I due aspetti vanno affrontati di pari passo. I giovani, come le donne, non possono essere considerati marginali, ma parti integranti della società civile. In particolare i giovani stanno assumendo centralità nel dibattito internazionale».
I principali aspetti della Risoluzione 2250 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, al centro del dibattito, sono stati presentati da Renato Cursi, portavoce dei giovani del CSDC. Giovanni Scotto, dell’Università degli Studi di Firenze, si è soffermato sul ruolo dell’educazione nel processo di costruzione della pace. «L’educazione viene relegata a servizio e questa è la principale causa del mancato raggiungimento dell’obiettivo del Millennio: la scolarizzazione mondiale», ha spiegato il docente. «Gli studenti universitari stessi non si percepiscono come agenti di cambiamento. Al sapere formale occorre inserire progetti di cittadinanza attiva e valutare le giuste modalità per trasformare il conflitto in opportunità: posizioni radicali possono essere espresse attraverso canali non violenti».
LE PROPOSTE. Via Skype è intervenuta Gesa Bent, Board of United Network Of Young Peacebuilders. «La raccomandazione più importante che sento di fare è quella che riguarda l’aspetto economico», ha affermato Bent. «È necessario finanziare i network dei giovani, rendendo sostenibile il loro lavoro con piani più lunghi e con contributi superiori a 5mila euro l’anno e non vincolati al singolo progetto».
Tommaso Murè, della United Nations Youth Delegate Italiy, e Matteo Pugliese, OSCE Chairman in Office Special Representative on Youth & Security, hanno raccontato le loro esperienze sul tema giovani, pace e sicurezza. Murè ha sottolineato quanto sia importante rivolgere l’attenzione ai neet, i ragazzi che non studiano, non lavorano, non si formano e hanno smesso di cercare opportunità per il futuro. Pugliese invece ha spiegato che i giovani non sono tanto il futuro del Paese, quanto il presente.
LA RISOLUZIONE ONU. La Risoluzione 2250 è stata adottata dal Consiglio superiore dell’Onu il 9 dicembre 2015. Nel testo è presente un invito «a migliorare il coordinamento e l’interazione riguardo ai bisogni dei/delle giovani durante le situazioni di conflitto armato e di post-conflitto», attraverso uno «studio sul progresso dei contributi positivi dei/delle giovani nei processi di pace e nella risoluzione dei conflitti, in maniera da raccomandare risposte efficaci a livello locale, nazionale, regionale e internazionale».
La richiesta è quella di «implementare questa risoluzione, comprese le informazioni sui/sulle giovani in situazioni di conflitto armato». In pratica vengono sollecitati gli Stati a incrementare la presenza giovanile nel processo di peacebuilding a tutti i livelli: solo attraverso la partecipazione, la prevenzione, la protezione, le collaborazioni, il disimpegno e la reintegrazione è possibile disinnescare i conflitti. Il pensiero di fondo è che gli under 30 possano risultare decisivi nella presentazione di opportunità pionieristiche. Senza contare che un maggiore coinvolgimento darebbe una risposta seria e costruttiva alla domanda di protagonismo che i giovani oggi sembrano richiedere.
IL CENTRO STUDI. Nato nel 1988 attorno agli ideali della non violenza e dell’obiezione di coscienza, il Centro Studi Difesa Civile si costituisce associazione di promozione sociale nel 2002. La sua mission riguarda la diffusione della cultura e degli strumenti utili alla prevenzione della violenza, alla gestione costruttiva dei conflitti e alla tenuta della pace sociale.
L’ambito di intervento non è solo locale e nazionale, ma anche europeo ed internazionale. Tra le sue attività è possibile annoverare la promozione di ricerche, corsi di formazione professionalizzanti, la promozione e la partecipazione a iniziative e campagne di informazione.