GOOGLE LANCIA IN ITALIA L’ACCESSIBILITY DISCOVERY CENTER, ANCHE GRAZIE AL VOLONTARIATO

L’Accessibility Discovery Center lanciato in Italia da Google è uno spazio dedicato alle tecnologie accessibili, per promuovere lo scambio di idee e la consapevolezza sulle esigenze delle persone con disabilità

di Maurizio Ermisino

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Se ci pensate, Google si è sempre occupata di accessibilità. Accessibilità un tempo era far trovare a tutti, nel mare magnum di internet, il contenuto che cercavano. Oggi accessibilità ha un altro significato: far accedere tutti a mezzi e contenuti. È il significato dell’inclusione. Per questo Google ha appena inaugurato a Milano l’Accessibility Discovery Center (ADC), uno spazio dedicato alle tecnologie accessibili che ha l’obiettivo di promuovere lo scambio di idee e la consapevolezza sulle esigenze delle persone con varie forme di disabilità. L’Accessibility Discovery Center è il risultato di anni di lavoro che dimostra l’impegno nel rispondere alle esigenze di chi affronta barriere di vario tipo. Ne abbiamo parlato con Lorenzo Caggioni, Head of Data & AI Architects EMEA di Google Cloud Consulting e Accessibility and Disability Inclusion lead. La storia della nascita dell’ADC è un po’ quella del suo percorso all’interno di Google. «Sono entrato in Google 14 anni fa, quando internet era qualcosa di diverso» ci spiega. «Google era nato da una decina d’anni e la sua missione è sempre stata quella di rendere trovabili e accessibili tutte le informazioni. A quel tempo l’accessibilità era proprio quella “meccanica” delle informazioni: una prima cosa da sbloccare era la possibilità di raggiungerle. Nel tempo trovare informazioni su internet è diventato ovvio. Allora si è potuto costruire sopra tutte queste certezze. Ci siamo detti: rendiamo accessibili le informazioni a tutti, anche alle persone con disabilità. E ci siamo resi conto che mancava la comprensione delle necessità di chi è disabile. Sono nate le ERG, Employee Resource Group, gruppi volontari di dipendenti che si occupano di temi a loro cari. Io, per una storia personale, grazie a mio fratello, mi sono dedicato al tema della disabilità, come caregiver. Da qui abbiamo iniziato a seminare per costruire l’Accessibility Discovery Center». «A un certo punto abbiamo detto: qui serve qualcosa di fisico» continua. «Di questi temi bisogna parlarne. Ma a volte per parlarne in maniera più profonda uno spazio fisico è utile. Perché ci permette di avere lì determinati oggetti che ci ricordano la mancanza di accessibilità. Gli ADC sono nati così, prima in America, poi a Londra».

Accessibility Discovery Center
Caggioni: «Per  rendere accessibili le informazioni anche alle persone con disabilità, mancava la comprensione delle necessità di chi è disabile. Sono nate così le ERG, Employee Resource Group, gruppi volontari di dipendenti che si occupano di temi a loro cari. Io mi sono dedicato al tema della disabilità, come caregiver»

Accessibility Discovery Center: fare rete per imparare e insegnare 

 Ma quanto è stato importante il confronto con associazioni e professionisti che si occupano di disabilità e neurodivergenze, e l’ascolto dei bisogni delle persone con disabilità? «Uno degli scopi principali dell’ADC è quello di creare rete, un network di persone per riuscire a imparare e insegnare a vicenda» ci racconta Caggioni. «L’ADC non è un cento dove vieni e capisci tutto. Ma è uno spazio in cui tutti possono venire e parlare liberamente di questa tematica. Durante il corso degli anni abbiamo organizzato la Accessibility And Disability Inclusion Week, una settimana in cui accorpiamo un po’ più di training legati ai temi, e invitiamo molte realtà esterne. Una di queste è Accessibility Days, con cui abbiamo fatto un lavoro importante. l’accessibilità è una journey che cresce e in cui ci sono sbagli, per cui serve qualcuno che ti dica dove. Abbiamo collaborato con Fondazione Mondo Digitale, Unione Italiana Ciechi, Dynamo Camp. Io sono molto legato alla Lega del Filo d’Oro, perché la frequenta mio fratello, e ora lo faccio anch’io».

Soluzioni che possono cambiare la vita

Il nuovo Accessibility Discovery Center di Milano permette ai visitatori di scoprire alcuni prodotti e soluzioni innovative tra hardware, software e videogiochi adattati alle esigenze delle persone con disabilità. «C’è una parte in cui vengono fatte vedere alcune soluzioni non tecnologiche, per far capire che l’accessibilità e la tecnologia assistiva esistono da sempre. C’è il punteruolo per scrivere in braille, un cucchiaio che si auto-bilancia per chi ha tremore alle mani». C’è ovviamente anche una parte più tecnologica. «Ci sono poi le soluzioni assistive che adattano realtà già esistenti, come Xbox e Playstation, con controller speciali per permettere a persone con disabilità di accedere e usare strumenti che noi usiamo nella vita quotidiana. È stato usato il gaming proprio per creare facilità di comprensione e capire l’impatto che può avere una soluzione accessibile, perché ti abilita a un terreno comune per giocare con le altre persone». Il viaggio virtuale nell’ADC continua nell’altro lato del centro. «Nell’altra parte della stanza ci sono tecnologie assistive più dedicate a persone con disabilità, soluzioni che permettono lo speech to text in tempo reale, una soluzione che si chiama life caption, traduzione istantanea. Sono soluzioni che sono utili a me in primis, che per me sono una cosa comoda, ma che a una persona con disabilità possono cambiare la vita. Altre soluzioni permettono la lettura ad alta voce di quello che si vede, o la barra braille per visualizzare in braille il testo che si appare sulla pagina. Oppure ci sono sistemi per comandare in maniera semplificata il mondo legato all’entertainment: è la home automation, per cui, premendo bottoni preconfigurati, si può attivare una determinata attività». Questo si fa passando da Google Assistant. «Ma non è l’assistente Google la cosa che colpisce di più» precisa. «È il fatto che permette in maniera semplificata di accedere alle cose che tutti usano, come ascoltare la musica su YouTube, di controllare la tv di casa. Oltre a essere una soluzione accessibile è inclusiva, permette alla persona con disabilità di essere inclusa nella modalità con cui tutti usano quel determinato servizi».

Accessibility Discovery Center
«La risposta delle associazioni è stata ottima. Vogliamo consolidare la nostra collaborazione con l’Unione italiana Ciechi, Dynamo Camp e tante altre. La cosa bella è che le associazioni sono molto oneste: ci dicono dove possiamo migliorare. Il lavoro con le associazioni è fondamentale»

I software più innovativi per comunicare

Una volta visitato il centro si possono portare con sé sicuramente delle esperienze. Ma ci sono anche strumenti digitali da utilizzare nel proprio lavoro? «Spesso la parte di awareness, di conoscenza, anche per gente del settore, non è facile: continuano ad esserci nuove soluzioni, per fortuna, e anche solo poterle vedere e parlare è fondamentale» ci risponde Caggioni. «Lo scopo della stanza non è vendere una soluzione, né di vendere uno specifico prodotto. Ma di raccontare qual è l’impatto. Suggeriamo sempre di riferirsi a centri specializzati per individuare la soluzione giusta. Noi non abbiamo questa competenza». Ci sono anche una serie di software Google che sono liberi e quindi possono essere utilizzati. «Ci sono tante soluzioni, come il live transcriber» racconta Caggioni. «Un’applicazione che mi piace molto è il look to speak, una sorta di comunicatore comandato con gli occhi: si lo sguardo per scegliere la parla che vuoi utilizzare. È un po’ come il comunicatore che aveva Stephen Hawking, che funzionava a infrarossi e tracciava il movimento dell’occhio. Google ha realizzato una soluzione che si basa su un telefono cellulare e usa la telecamera del cellulare, che permette di fare un comunicatore binario: tra due gruppi di parole ne scelgo uno, poi divido in due il gruppo e riduco ancora fino a che arrivo alla singola parola. La cosa interessante è che tu stesso puoi configurare le parole che ci sono. E non parli come il comunicatore ha deciso ma come decidi tu. Con lo slang che vuoi tu».

Una persona con disabilità non deve sopravvivere, deve divertirsi

All’ADC possiamo anche vedere come siano stati resi accessibili anche i videogiochi. L’aspetto ludico è particolarmente importante. «Il videogioco facilita il terreno comune e la comprensione dell’impatto» ci spiega Caggioni. «Ma secondo me evidenzia anche l’importanza dell’aspetto ludico, di entertainment. Non è che una persona con disabilità deve sopravvivere. Deve divertirsi. Deve poter fare le cose che desidera fare, se desidera farle: non dobbiamo neanche obbligarlo. A proposito del cucchiaio per il tremore, L’Oreal in Francia ha fatto una versione in cui, grazie a questo, ci si può truccare. Una persona vuole sentirsi bella, come divertirsi e giocare. A me sarebbe piaciuto che tra i giochi ci fosse stato Mario Kart. Ma c’è un gioco di macchine che si può comandare con gli occhi. C’è FIFA. E poi un gioco molto semplice, che ricorda un po’ Pong». Qual è stata la risposta del mondo dell’istruzione e delle associazioni all’apertura dell’ADC? «Ottima. Vogliamo consolidare la nostra collaborazione con l’Unione italiana Ciechi, Dynamo Camp e tante altre» conclude Caggioni. «La cosa bella è che le associazioni sono molto oneste: ci dicono dove possiamo migliorare. Il lavoro con le associazioni è fondamentale»

GOOGLE LANCIA IN ITALIA L’ACCESSIBILITY DISCOVERY CENTER, ANCHE GRAZIE AL VOLONTARIATO

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